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25/11/2016

Bombe carta contro l’ex Moi a Torino, la denuncia dei migranti


Dopo la notte di tensione all’ex Moi a Torino, dove vivono oltre 1200 migranti, abbiamo sentito Patrick Kondé dell'Usb Migranti per avere una ricostruzione dell’accaduto e un punto della situazione in generale dei migranti e dell’occupazione abitativa.

Ciao Patrick, che cosa è successo al Moi?

Alcuni giorni fa, alcuni ragazzi del Moi sono stati minacciati da un gruppo di individui che ancora non siamo riusciti a identificare, ma è successo davanti al bar all’angolo tra via Filadelfia e via Giordano Bruno, frequentato da tifosi del Toro ma soprattutto da estremisti di destra e fascisti. L'altro ieri sera, intorno alle 22, alcuni migranti sono stati aggrediti in piazza Galimberti, c’è stato un leggero tafferuglio ma è finita lì. Poi, verso l’una di notte c’è stato un attacco pianificato da parte di quattro individui incappucciati che hanno lanciato bombe carta contro il Moi e poi sono scappati. I ragazzi, sentendo il rumore e vedendo il fumo, si sono spaventati; alcuni sono scesi in strada cercando di capire cosa fosse successo, alcuni temevano uno sgombero. C’è stato un vai e vieni dei ragazzi, hanno capito che erano stati attaccati. Alcuni hanno preso questo fatto come una provocazione, si sono arrabbiati, sono usciti nella strada, come azione di difesa. Poi la gente del quartiere ha chiamato la polizia vedendo che i ragazzi in strada erano tanti (più o meno 7-800 persone, su un totale di circa 1200 abitanti del Moi), è arrivata tantissima polizia e la cosa non poteva più essere sotto controllo. Poi, la situazione verso le tre-quattro è tornata tranquilla.

Ieri mattina, la polizia ha iniziato a fare controlli ai ragazzi che uscivano dal Moi, e questo ha innervosito gli occupanti. Noi siamo arrivati e li abbiamo calmati, dicendogli di non cogliere la provocazione: siamo stati noi a subire il danno, non dobbiamo passare dalla parte del torto. Queste cose le abbiamo già viste, siamo stati provocati varie volte, dobbiamo sempre cercare di non perdere il controllo e non cadere nella trappola. Il capo della polizia mi ha detto che i controlli saranno raddoppiati per prevenire questi attacchi ai danni dei migranti. Io sono stato al Moi fino alle 4 del pomeriggio e la situazione era tranquilla, ma ora vedremo se ci saranno altri attacchi di questo tipo. In zona ci sono fascisti, gente che non scherza, gente pronta a tutto, pericolosa. I ragazzi raccontano che tutte le volte che passano davanti a quel bar vengono puntualmente minacciati e insultati. Abbiamo suggerito ai ragazzi di evitare di girare e di passare davanti a quel bar. I movimenti di destra aspettano solo questa situazione per strumentalizzare.

Quali risposte state avendo dalla amministrazione Appendino?

Noi abbiamo fatto vari incontri con la sindaca, ma finora non ci è stata proposta una soluzione alternativa. La sindaca aveva proposto di svuotare palazzo per palazzo anche con l’aiuto della compagnia San Paolo, ma noi non sappiamo come la compagnia intenda procedere. Ci devono spiegare che idea hanno, cosa vogliono fare. Se vogliono mettere i soldi per trovare altre sistemazioni ai ragazzi, la cosa va anche bene; il problema non è lo sgombero in sé, ma la soluzione alternativa che si prospetta. Devono fare delle proposte concrete e i ragazzi le valuteranno e sono disposti ad accettarle se dignitose. Negli ultimi incontri, la sindaca ha parlato di un censimento; ma il problema è capire a cosa servono questi dati. Se servono solo a schedare le persone, senza che ci sia una soluzione concreta, allora non va bene. Noi siamo stati chiari con la sindaca: quest’operazione di raccolta dei dati ha senso solo se sappiamo che fine faranno. Se la proposta alternativa c’è, le persone saranno felici di spostarsi in case dignitose, dove poter vivere una vita normale. Fateci le proposte, e loro le accetteranno. Finora queste proposte non ci sono. Ricordiamo che si parla di persone, che hanno dei diritti. Si parlava di uno sgombero a dicembre, ma buttare 1200 persone in mezzo alla strada a dicembre sarebbe una soluzione estrema.

Come stanno vivendo questa situazione i migranti?

Lo stato d’animo dei ragazzi è quello di tutti questi anni, la disperazione. Non sanno domani dove saranno, sono senza prospettive, senza lavoro. Sono proprio disperati. Noi cerchiamo di calmarli e tranquillizzarli, ma non so quanto può durare. Ci vogliono urgentemente soluzioni. Sicuramente noi non cadremo nelle provocazioni, questo è il messaggio che dobbiamo dare a chi ci attacca.

In una occupazione di queste dimensioni ovviamente ci sono dei problemi, 1200 persone insieme senza un lavoro, senza niente, è chiaro che emergono dei problemi. Il pericolo è che questa situazione di tensione sfugga di mano e diventi ingestibile. Si può trovare una soluzione, ma ci vuole uno sforzo politico. Si potrebbe anche dare in gestione l’ex Moi alle associazioni o responsabilizzare gli stessi occupanti a un gestione interna. La cosa che ci importa ora di più è la sopravvivenza delle persone, la loro incolumità, la loro sicurezza. Se succede qualcosa in quei palazzi siamo tutti responsabili in qualche modo anche le persone che ci attaccano. E’ veramente il momento di cercare una soluzione dignitosa per queste persone.

Come valuti la questione migranti a livello europeo?

In generale, la questione migranti in Europa è sempre più grave, vediamo quello che è successo a Calais, in Ungheria, in Grecia. Ogni giorno arrivano 200-300 persone. Nel 2016 siamo a 175.000 arrivi, l’anno scorso eravamo a 155.000 arrivi. Ricordiamoci che stiamo parlando di esseri umani, costretti a fuggire da situazioni disperate; non ci dimentichiamo che l’immigrazione è frutto di certe politiche che fino ad ora sono state portate avanti in Africa. Di queste noi stiamo pagando le conseguenze. La situazione in Africa è davvero disastrosa, da anni. Ci sono tantissime guerre in corso nel continente africano: Ciad, Sudan, Congo, Uganda, Mali, Nigeria con bokoharam, dappertutto. I ragazzi vengono da lì, arrivano da Etiopia, Eritrea, Gambia, Mali, Senegal, Costa d’Avorio. Sono tutti paesi con una grande instabilità. In Congo ci sono guerre in corso per il coltan, il materiale che si usa per i computer, ci sono tante multinazionali francesi, britanniche in quella zona. Abbiamo anche una situazione terribile in Eritrea e in Etiopia. In Gambia c’è una dittatura militare. Guerre economiche e militari, sfruttamento, fame: servirebbero soluzioni strutturali per risolvere alla radice il problema delle migrazioni forzate, ma manca la volontà politica a livello mondiale.

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