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20/02/2017

La narrazione tossica sullo Stadio occulta disgregazione sociale e tracollo delle periferie

La giunta Raggi dice sì all’urbanistica del mattone finanziario. Non costruisce solo uno stadio. Di fatto mette in pulito, facendole diventare regole e norme, quello che i padroni della città hanno deciso di compiere. Non è una questione di assessori e di assessori dimissionari. A Roma si gioca intorno quell’ansa del Tevere la grande partita della rendita. Dovremo davvero accettare queste norme? Andiamo a vederle.

Da ieri Roma ha nuove regole urbanistiche. Da ieri sappiamo che scelte di piano e norme non servono a nulla. L’occasione è, naturalmente, rappresentata dallo stadio di Tor Pallotta (copyright affettuoso di uno speaker di Radiosport, la radio dei tifosi giallorossi).

A comunicare l’avvenuto “Ok. Si costruisca” è stato il vicesindaco Luca Bergamo che, per ribadire come si stesse facendo sul serio, ha ringraziato “la Roma per aver risposto alle sollecitazioni dell’Amministrazione capitolina”. Il direttore generale della società, a sua volta, si è detto sicuro dell’apprezzamento del lavoro fatto da parte della Roma. Fin qui cortesie fra ospiti. Seguiranno tavoli tecnici per mettere a posto le carte. Come si è sempre fatto una volta raggiunto l’accordo politico.

Ancora una volta attraverso riunioni rigidamente blindate che allontanano per sempre il feticcio dello streaming. Senza nessuna spiegazione da parte di chi, solo pochi mesi prima, aveva detto no a quest’avventura edilizia, sul nuovo corso urbanistico.

Tutto nascosto a tagliare un po’ di cubature, a togliere (poco), levare (nulla), a ridurre piani, a stringere tribune, stando ben attenti a non superare la percentuale di sconto che applica Amazon nelle sue vendite. Con un’aggiunta: ora quegli edifici avranno una certificazione “green” facendo immediatamente pensare che la versione precedente ne fosse del tutto priva.

Quelle che accompagnano i disegni dei Piani Regolatori si chiamano Norme Tecniche di Attuazione.

Queste quelle riscritte approvando il progetto dello stadio.

1) Il Piano Regolatore Generale del Comune di Roma disciplina le attività di trasformazione fisica e funzionale del proprio territorio, purché siano esclusivamente promosse da imprenditori con l’intento di perseguire il risanamento economico dei propri bilanci “decotti” facendone pagare il peso alla comunità.

2) Le modalità d’intervento prevedono che, preliminarmente, il proponente l’intervento proceda ad un’attività di scouting per la raccolta di possibili aree dove localizzare quello che vuole realizzare. È necessario che i risultati della consultazione siano ignorati, segretati i partecipanti alla selezione e le aree da loro proposte mai comunicati alla città. È fatto obbligo che, a scegliere il sito finale, sia il proponente esclusivamente secondo le proprie convenienze economiche.

3) L’area prescelta deve essere stata opzionata in precedenza alla notizia dell’insediamento. Questo al fine di strappare il prezzo di acquisto più conveniente e farla poi coincidere con quella della scelta finale, che deve essere compiuta senza nessun riferimento alla città, alla sua storia, alla sua condizione ambientale, ma esclusivamente alla possibilità di produrre la maggiore rendita fondiaria possibile.

4) Non si deve rispettare la zonizzazione esistente e i pesi insediativi previsti. Questi devono essere gonfiati fino a concorrere alla sostenibilità economica (rendita) che il proponente decide, da solo, che dovrà avere.

5) Il Permesso di costruire è subordinato all’approvazione di un piano finanziario in cui il sistema bancario possa rientrare dei crediti in sofferenza, purché essi siano stati prodotti da chi si è impegnato nel tempo, e attraverso continui passaggi di generazioni familiari, a distruggere l’abitare e intenda continuare a farlo.

6) È necessario che al progetto sia assicurata una campagna promozionale che veda coinvolti personaggi dello spettacolo, comprensivi di allenatori di calcio, che giurino, anche promuovendo hashtag, rigidamente in dialetto locale, sulla necessità dell’iniziativa.

7) L’autorizzazione finale per intervenire, dovrà essere concordata esclusivamente in incontri politici e non tecnici. Questi ultimi saranno chiamati a ratificare, disegnando sulle carte, quanto deciso.

8) I costi dell’operazione dovranno essere valutati esclusivamente raccontando della futura ricaduta occupazionale e tralasciando la conta di quelli a carico dell’Amministrazione.

9) La narrazione tossica sullo stadio ed opere similari dovrà essere continuamente alimentata, al fine di non affrontare il tema complessivo dell’abitare, della disgregazione urbana della città, del tracollo delle periferie.

10) L’urbanistica intesa come disciplina è dichiarata ufficialmente morta. Dovrà essere sostituita dalla Rigenerazione Urbana. Una parola che sembra fatta apposta per assicurare di poter continuare a fare quello che si vuole. A condannare chi la città abita ad essere legato al debito perenne, a vedersi rubare il futuro, a esser espropriato della propria vita.

Fin qui le nuove regole che, come tutti i piani, hanno una “Norma Transitoria”

1) A noi che odiamo chi costruisce muri, ovunque siano eretti, chi trascina giù il cielo in quelle gabbie di cemento in cui si illudono di poterci tenere rinchiusi, ad alimentare la loro voracità economica, spetta il compito di abbattere quei recinti. Davvero troppo esili a contenere la nostra ribellione.

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