L’insofferenza popolare verso la continuità amministrativa,
politica e culturale rappresentata dalla nuova giunta 5 stelle procede
nel suo percorso organizzativo. Ieri sera, più di trecento persone hanno
affollato l’assemblea promossa dalla Carovana delle Periferie e da
Decide Roma, percorso che punta alla costruzione di una manifestazione
cittadina contro le politiche della giunta Raggi. Un successo
che non vede precedenti recenti, e segna un punto di svolta nel rapporto
tra sinistra e società, almeno a Roma. Se lo scorso 4 ottobre quella
stessa insofferenza, già palpabile, era in qualche modo
“interlocutoria”, quella di ieri ha manifestato il distacco sempre più
netto tra le attese delle periferie popolari e quel programma grillino
quotidianamente smentito dalla giunta. Non a caso, se il 4 ottobre
l’atteggiamento della giunta fu quello di snobbare la mobilitazione,
ieri la partecipazione dei consiglieri era particolarmente interessata
(ma non interessante). Troppo tardi. Il problema non è questa o quell’inchiesta mediatica organizzata dal partito trasversale di Repubblica&L’Espresso; non
è questo o quel discredito fomentato ad arte dalle lobby del potere
cittadino, che insistono nel commissariamento metropolitano per
veicolare meglio i propri interessi palazzinari; e non è neanche la
testimonianza di una posizione ideologica contraria “a prescindere”
verso questa giunta, che indebolirebbe tutto il processo. Niente di
tutto questo ha caratterizzato l’insofferenza che ieri ha preso parola
nella sala della Protomoteca. E’ invece il bilancio approvato dalla
giunta e sbandierato come “risultato” da esibire a dimostrazione della
propria “efficacia”, il problema politico decisivo di questa
insofferenza. Un bilancio che prosegue la cura Tronca
di progressivo rientro del debito, nonostante le promesse di audit che
si sono accumulate in campagna elettorale; un bilancio che insiste nel
tagliare i servizi essenziali, e che rimane nell’alveo del documento
contabile quando dovrebbe rappresentare il principale campo di battaglia
politico del movimento grillino romano.
Ieri hanno preso parola tutte le vertenze cittadine: da Alitalia ad
Almaviva, dai canili ai lavoratori Ama e Atac, dalla vertenza del
Forlanini ai centri sociali, dalla lotta per la casa alla logistica. La
città popolare, proletaria, disoccupata e impoverita ha indicato il suo
percorso di lotta verso la mobilitazione cittadina. Un passaggio
complesso ma necessario. Complesso perché cerca di organizzare quello
stesso corpo sociale che aveva affidato al M5S la sua volontà di rottura
con la politica liberista che aveva governato la città fino allo scorso
giugno; necessario perché dalla crisi della giunta Raggi o ne usciamo
tutti insieme da sinistra, o verremo travolti dal rancore reazionario
aizzato dalle destre che si vanno organizzando sulle macerie del
grillismo. Un percorso che non potrà aggirare il ritorno nelle periferie
come scopo ed essenza stessa della mobilitazione. E’ d’altronde il
motivo per cui abbiamo dato vita alla Carovana delle Periferie, un
motivo che non solo conferma l’intuizione di fondo giorno dopo giorno,
ma che comincia a dare i suoi frutti. Non a caso diversi avvoltoi della
politica avrebbero voluto planare su un percorso che li esclude a
prescindere, perché altro da loro, dai loro giochetti politicisti, più o
meno camuffati. Sono in compenso intervenuti esponenti grillini del
consiglio municipale, attesi al varco e accolti dal silenzio se non dai
fischi: non è platea per applausi facili, quella della periferia.
Nonostante questo, e nonostante il successo delle due assemblee
pubbliche di ottobre e di ieri, mobilitare la periferia contro questa
giunta non sarà cosa semplice. Non si tratta di procedere per ordinaria
amministrazione, quanto costruire un percorso reale in una fase in cui
tutto rema contro la costruzione di un processo progressivo e
antagonista: la mistificazione mediatica, i cedimenti della sinistra di
palazzo, la cultura reazionaria diffusa, eccetera. Si tratta allora di
lavorare controcorrente sottraendosi agli schiacciamenti mediatici
interessati, così come alle facili retoriche democraticiste. Un
equilibrio instabile e precario, ma l’unico possibile nella
ricostruzione di una sinistra sociale e di classe nella città. Da ieri
questo percorso riparte con più forza, con maggiori ambizioni, ma
soprattutto con maggiore credibilità sociale.
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