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13/02/2017

Sottrarci all’opposizione liberal, con ogni mezzo necessario

Il Corriere della Sera dello scorso 7 febbraio svela, con un semplice quanto immediato titolo, il senso della vicenda Trump, con buona pace di chi, in buona fede, porta acqua al mulino di quello stesso populismo che vorrebbe combattere. “97 giganti sfidano Trump”, per poi specificare poche righe più in basso: “è nato un imponente fronte economico, politico e giuridico contro di lui destinato a creargli grossi problemi. Mettendo insieme rivalità e interessi divergenti, 97 aziende tecnologiche sono scese in campo compatte contro una misura che ostacola l’assunzione di “cervelli” stranieri, linfa vitale della loro attività. Tutti i big – da Apple a Facebook, da Google a Microsoft – hanno firmato la petizione a supporto della causa all’esame dei giudici di San Francisco [contro il cosiddetto “Muslim Ban”, N.d.A.]: il decreto Trump danneggia loro e tutta l’economia americana”.

Questa vicenda chiarisce alcuni caratteri dello scontro politico di questi anni:
1) i flussi migratori sono funzionali al capitale, e non contro di esso, e quando questi vengono limitati i primi a preoccuparsene sono quegli agenti economici che prosperano sui migranti stessi. Questo è un fatto centrale della nostra epoca, e implica il fatto che “esaltare” i suddetti flussi, come se corrispondessero a libere scelte di vita, significa supportare ideologicamente gli obiettivi del capitalismo, che si basa proprio su quei flussi. Il razzismo inerente al fenomeno migratorio non serve a stroncarlo, ma a ridurre i diritti sociali dei migranti, così da garantire condizioni di produttività migliore.

2) L’opposizione al populismo trumpista mette oggi immediatamente contro gli interessi del grande capitale (rappresentato politicamente dalle forze “democratiche”) a quelli delle popolazioni impoverite da tali interessi (rappresentate politicamente dalle varie sfumature del populismo). In questo scontro ogni soggetto minimamente antagonista o rivoluzionario non può in alcun modo assecondare gli interessi del grande capitale, pena, da un lato, l’avversione di quei settori popolari che pure si vorrebbero rappresentare, e dall’altro assumere il ruolo di servo sciocco di un sistema che sfrutta la santa alleanza democratica in funzione della pervasività dei processi liberistici.

3) Oggi questa santa alleanza è un dato di fatto, come rilevato persino dal Corriere (“è nato un imponente fronte economico, politico e giuridico...), e non saranno cavillosi distinguo, d’altronde comprensibili solo a ristrettissime cerchie di addetti ai lavori, a metterla in crisi o a cambiarla di segno. E’ una santa alleanza che veicola gli interessi capitalistici attraverso retoriche cosmopolitiche tipiche della sinistra europeista post-moderna. Facciamocene una ragione.

4) Non esiste sinistra che non proceda attraverso la demolizione di questa alleanza, e che nel concreto affermi che Trump è un pericolo evidente, ma le élite liberiste sono peggiori del populismo incarnato da Trump, perché dello stesso segno economico ma molto più pervasive culturalmente. Ogni critica a Trump, per essere credibile e “di sinistra”, deve partire dall’individuazione del liberalismo capitalistico come principale problema per il progresso dell’umanità. Non ci sono piazze insieme, minimi comun denominatori, appelli condivisi o sinergie tattiche possibili col nemico principale, proprio perché principale.

Oggi in cui, invece, regna una confusione interessata, che agita la bandiera dell’antirazzismo in maniera deviata e mistificata, abbiamo una sinistra unita ai centri del potere capitalistico contrapposta al rancore popolare tradotto nella sua forma reazionaria. Due sventure, ma la seconda rimane in ogni caso il luogo dove la sinistra potrà risorgere, sottraendo la bandiera dell’antirazzismo dalle mani dei ceti liberal che la impugnano oggi. La prima descrive solo la traiettoria della sinistra post-moderna da un trentennio a questa parte. I risultati di questo trentennio sono sotto gli occhi di tutti. Non sono i concetti di “sinistra” e “destra” ad essere entrati in crisi, ma i traduttori politico-parlamentari di questi concetti: la “sinistra” parlamentare, nella sua forma liberal-democratica o dirittocivilista, è diventata la destra liberista. E con la destra liberista non è possibile nessuna alleanza.

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