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26/04/2017

Operazione Macron

Ogni essere umano ha i suoi lati positivi ed anche Macron ne ha: avete notato l’eleganza delle scarpe? E che si muove con la grazia di un ballerino? Ecco, questi sono i suoi lati positivi. 

Una delle cose più esilaranti che capita di sentire è che Macron è un antisistema, che ha scalzato i partiti tradizionali ed è il nuovo che avanza.

Sul piano personale Macron è uno che ha fatto il banchiere presso la Rotschild & Cie Banque, è stato un grand commis di Stato, è stato ministro dell’economia con il governo Valls e voi mi dite che è l’uomo anti sistema? Cose da rotolarsi a terra dalle risate. L’irresistibile effetto comico sta nella serietà con cui viene detta questa che a Roma chiamano “cazzata col botto”!

Ma soprattutto, diciamoci come è nata la sua folgorante candidatura. Hollande aveva ridotto al lumicino le speranze di vittoria socialista mentre i gollisti avevano scelto Fillon che è stato immediatamente azzoppato dagli scandali e che aveva anche una fronda interna.

Contemporaneamente la Le Pen andava con il vento in poppa e cresceva la candidatura Melenchon. Il rischio di essere battuti dalla Le Pen era consistente ed occorreva una trovata. E la trovata è stata quella del “partito della nazione” alla francese: un candidato né di destra né di sinistra, che portasse il grosso dei residui voti socialisti , recuperasse tutto il centro di Bairou e simili e mordesse un po’ di voti in casa gollista. Per questo serviva una faccia nuova, possibilmente abbastanza di tolla da presentarsi come il “nuovo” e l’antisistema, pur essendo il candidato dell’establishment. Ed ecco Macron: bel giovanotto, con piglio manageriale, ministro con i socialisti, ma uomo ponte fra loro e Bairou già dal 2012 ed abbastanza privo di idee sue per essere agevolmente manovrato. Insomma una operazione alla Renzi che ha tentato di salvare la seconda repubblica con le sue trovate populiste ed il piglio del rottamatore, che per tre anni ci è riuscito, salvo prendere il mortale scivolone del referendum. E non a caso è stato Renzi l’inventore del partito della Nazione.

La differenza fra Renzi e Macron è che Renzi è più furbo e tre idee (beninteso sbagliate) in testa le ha e Macron no.

Ma allora perché non presentare direttamente Macron come candidato socialista? E no: in primo luogo perché sarebbe stato complicato farlo digerire alla base, poi sarebbe partito subito zavorrato dall’eredità di quel solenne imbecille di Hollande, poi perché forse non sarebbe stato accettato da Bairou presentandosi direttamente con il Ps e poi, meglio così il “candidato senza partito” va molto di questi tempi. Ed ecco l’operazione “nuovo che avanza”. I socialisti in gran parte hanno fatto campagna per Macron, ma allora perché presentare quel pesce bollito di Hamon? Perché bisognava tenere un antemurale che contenesse Melenchon e se non ci fosse stato un candidato del partito una fetta sarebbe quasi certamente andata a Melenchon con il rischio di mandarlo al ballottaggio. Calcolo giusto, dato che Hamon ha avuto 2.300.000 voti e Melechon ha mancato il ballottaggio per 700.000 voti. Dunque, Hamon serviva a coprire la ritirata, era la retroguardia dell’operazione Macron, solo che non credo lo abbia capito: ha lo sguardo troppo poco intelligente per essere sospettabile di mala fede.

L’operazione è riuscita alla grande: azzoppato Fillon, piazzato Macron al primo posto, evitato lo sfondamento di Melenchon, posto le premesse per una comoda vittoria al primo turno. Perfetto.

Solo che c’è un punto debole e questo punto debole si chiama Macron: va bene che ha recitato bene la parte del bambolotto in campagna elettorale, ma quando si fa il Presidente, occorre avere un minimo di intelligenza come esecutore di ordini altri, perché ci sono momenti in cui devi essere capace di orientarti autonomamente. Ma questa copia contraffatta di Renzi non mi pare all’altezza del compito.

Sbaglierò, ma ho l’impressione che questo bluff mediatico si sgonfierà prima ancora di quel bulletto da discoteca di Sarkozy e di quella caricatura di ispettore Cluseau di Hollande. Vedremo.


Quanto a qualità della classe dirigente, se Roma piange, certo Parigi non ride... 

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