La corte penale di Giza ha condannato ieri all’ergastolo la guida suprema dei Fratelli Musulmani Mohammed Badie per aver “pianificato attacchi violenti” in Egitto. Badie, insieme ad altre 37 persone, è stato ritenuto colpevole di aver provocato i disordini dopo la deposizione con un golpe militare del presidente islamista Mohammed Morsi.
Ergastolo anche per Mahmoud Ghozlan (un portavoce della Fratellanza) e
Hossam Abu Bakr (un membro dell’ufficio orientamento). Pene più leggere
per il cittadino egiziano-americano Mohammed Soltan (deportato negli Usa
nel maggio 2015), per suo padre Salah e per Ahmed Aref (altro portavoce
del movimento islamista) che, insieme ad altri 13 imputati, hanno
ricevuto cinque anni di carcere. Sono state invece prosciolte 23 persone. Tra queste vi è Gehad Haddad, un portavoce internazionale della Fratellanza.
Le sentenze pronunciate ieri dal tribunale egiziano sono parte di un
nuovo processo nato all’indomani della decisione della Corte di
Cassazione egiziana di rigettare le sentenze del 2015 che avevano
condannato a morte Badie e altri 13 imputati e all’ergastolo 34
militanti islamisti. Nonostante le pene emesse ieri siano più miti, l’avvocato della difesa Abdel Maksoud ha già detto che ricorrerà in appello:
sarà poi la Cassazione a emettere una sentenza definitiva. Badie è
imputato in più di 35 processi. Ha già ricevuto 3 sentenze di morte che
però, come già accaduto in molti altri casi, la corte di Cassazione ha
respinto. Tra i “graziati” c’è anche l’ex presidente Morsi.
La lotta delle autorità egiziane contro la Fratellanza non avviene però solo nelle aule dei tribunali. Ieri, infatti, il ministero degli interni ha fatto sapere che le forze di sicurezza hanno ucciso otto membri del gruppo islamista prima che questi “compissero atti terroristici”.
Secondo la versione ufficiale, le vittime avrebbero attaccato i
poliziotti con armi da fuoco. Questi, quindi, avrebbero risposto uccidendoli.
Tra le vittime ci sarebbe anche Helmy Muhareb, in passato condannato a
morte in contumacia con accuse di terrorismo. La nota del ministero non
offre però ulteriori dettagli: non dice a che ora sarebbe avvenuto il
conflitto a fuoco e parla di un’imprecisata località nel deserto.
Le sentenze e il comunicato del ministero giungevano nelle ore in cui
il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi veniva accolto con tutti
gli onori a Manama dal re bahrenita Hamad bin Isa al-Khalifa.
Secondo fonti locali, nell’ultima tappa del suo tour nel Golfo, al-Sisi
discuterà con il monarca sunnita di affari commerciali e dei problemi
della ragione. I legami tra i due paesi sono del resto ottimi: lo scorso
mese, al-Sisi e re Hamad si erano incontrati al Cairo dove, tra le
varie cose, avevano discusso della necessità di porre fine alla frattura
tra l’Egitto e l’Arabia Saudita.
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