Viene a mente l’antichissima canzone di Boris Vian, Le deserteur, che cominciava con la celeberrima strofa “Monsieur le président…”
che ha visto numerose versioni. Nella Francia degli anni ’50 l’idea di
un attacco diretto alla persona del presidente, oltre che alla carica
istituzionale e politica, in effetti funzionò bene. Era un attacco,
oltre che lirico, politico ed esistenziale. Perché toccava, anche, il
presidente come persona. Ma oggi? Chi potrebbe scrivere a Macron senza
avere il dubbio che si tratti di un clone? E chi scriverebbe una lettera
a un clone?
In effetti Macron appare come il primo clone politico della storia istituzionale europea.
Qualcosa di nato per perseguire un obiettivo preciso e, una volta
uscito dalla provetta, presto adattatosi allo scopo per il quale è stato
progettato. Insomma, un rappresentante della Francia metropolitana
giovane, liberista, centrista, attenta alla mobilità sociale (perché
desiderosa di praticarla o perché consapevole di essere dalla parte
giusta dell’ascensore sociale). Questo sul piano della rappresentazione,
più che della rappresentanza, sociale quella che attira i voti
necessari per vincere un’elezione piuttosto che il consenso.
C’è poi il piano della
rappresentanza diretta degli interessi. Macron è un prodotto perfetto:
tiene vivo l’asse bancario franco-tedesco, la vera Europa quella che
esiste fuor di retorica, tiene bene di conto degli interessi dei mercati
finanziari, della riduzione del costo di lavoro. Nell’Europa
delle 3 D (debito, demografia, deflazione), i tre fattori di squilibrio
sistemico di lunga durata, è il prodotto utile per mantenere gli
interessi di un asse bancario, e finanziario, franco-tedesco che ha già
causato enormi problemi all’Europa (con la bolla del 2008 e la dolorosa
ristrutturazione di tutto il sistema nel decennio successivo).
Riuscendo non solo ad uscire dal mirino dell’opinione pubblica ma,
anche, a creare una propria agenda politica con personaggi come Macron.
Un presidente che non aveva mai fatto politica, già dimessosi dal suo
movimento, forse il miglior prodotto pubblicitario della storia della Francia. Macron ricorda “The Manchurian Candidate”
il candidato clonato e telecomandato da rappresentati di interessi
ostili alla democrazia in un film con Denzel Washington, remake di una
pellicola di qualche decennio prima.
Il problema è che il clone, il
programma, la campagna elettorale, i discorsi, la scenografia mostrano
più professionalità che originalità, più capacità di stare nei media, e
nelle compatibilità dei poteri, che strategia di governo. Già,
perché se il presidente, per la carica, è giovane non si capisce quanto
il prodotto sia a scadenza o meno. Già a cominciare dalle prossime
politiche di giugno. Quando il parlamento non dovrebbe rivelarsi, una
volta aperte le urne, facilmente governabile. E le questioni successive,
legate al futuro della Francia, dell’eurozona, dell’asse
bancario-finanziario francese e tedesco saranno di una forza
considerevole. Tale da mettere in discussione la data di scadenza del
clone. Nel frattempo colpi di cannone a salve in segno di giubilo,
piazze traboccanti e ordinate in saluto al nuovo presidente, notizie e
immagini che sciamano felici inneggiando al ritrovato ordine francese ed
europeo.
Redazione, 8 maggio 2017
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