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15/05/2017

Piigs, il film. Intervista con gli autori

Non si uccidono così anche i maiali!... Parafrasando impropriamente un gran bel film degli anni ’70 (in quel caso la frase terminava con un punto interrogativo ed al posto dei maiali c’erano i cavalli) direi che è arrivato il momento che i paesi – compreso il nostro – che portano l’acronimo inventato dall’Economist nel 2009 si sveglino, evitando di rassegnarsi ad una lenta morte per inedia. Abbiamo scovato un ottimo strumento per poter capire più a fondo, e quel che più importa narrato in termini semplici, e quindi facilmente fruibile, cosa sta succedendo nella Eurozona e cosa c’è dietro i programmi dell’Unione Europea: il film girato a sei mani da Adriano Cutraro, Federico Greco e Mirko Melchiorre dal titolo “PIIGS – Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity”.

Il film, dopo un avvio sofferto, ora sta sbancando nelle principali sale della penisola. Prende naturalmente spunto da diverse pubblicazioni specialistiche o divulgative, comprese nel largo ventaglio che va dal libro di Paolo Barnard “Il più grande crimine” (teso a propagandare la MMT, ossia la Teoria della Moneta Moderna, sostenuta dall’economista Warren Mosler) fino a testi dichiaratamente marxisti come “Il risveglio dei maiali” di Luciano Vasapollo.

Una produzione molto variegata stimolata dalla necessità di far comprendere al pubblico dei non specialisti che le politiche dell’Unione Europea non sono sostenibili, e che la sola soluzione possibile risiede nella rottura con la UE, e la fuoriuscita dall’Eurozona.

Noi abbiamo visto il film, che intreccia interviste ad economisti ed intellettuali con la storia di una cooperativa per disabili – “Il Pungiglione” di Monterotondo, a rischio chiusura per mancanza di fondi – e lo abbiamo trovato molto interessante, sia nella scelta dei momenti che documentano i passi salienti compiuti dall’Unione Europea dagli anni ’90 in poi, sia nella narrazione – mai indulgente alla retorica lacrimosa – di quello che sono poi gli effetti di scelte e politiche scellerate da cui i paesi più deboli dovrebbero affrancarsi.

Abbiamo quindi deciso di intervistare i registi per porre alcune domande su come ci si può opporre ad un moloch di questa portata che sta strangolando letteralmente le nostre vite.

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Contropiano intervista Adriano Cutraro, Federico Greco e Mirko Melchiorre autori del film “PIIGS – Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity”.

Francesco Spataro. Siamo felici, visto il successo che sta avendo il vostro film nelle sale nazionali, di avere a disposizione un po’ del vostro tempo prezioso, per una chiacchierata sulla vostra opera prima prodotta collettivamente... Voi due avete infatti già lavorato insieme, dirigendo uno strano intreccio di storie ambientate alle pendici dell’ Etna, “All’ ombra del gigante”, mentre tu Federico hai già diretto diversi anni fa un interessantissimo documentario sulla lotta armata in Italia dal titolo “Fuori fuoco”... Da quale riflessione parte l’idea di PIIGS? Come siete riusciti a trovare i fondi per finanziare la vostra opera, visto che il tema del film è proprio le politiche di austerity dell’Unione Europea?

FEDERICO: Parte dalla rabbia, dallo studio che ne consegue (che ne dovrebbe conseguire, spesso la rabbia e l’indignazione sono sufficienti a se stesse purtroppo), e dalla voglia di condividere col mondo quello che ci sembrava di aver capito. Nel dettaglio, tutto parte dalla lettura de “Il più grande crimine”, un saggio di Paolo Barnard di diversi anni fa, che ribaltava l’analisi delle politiche economiche dominanti come in un romanzo di Philip K. Dick. Ma lo faceva con l’autorevolezza di fonti inattaccabili.

Qualcuno specula sul fatto che, per fare uscire nelle sale il vostro film, avete scelto un momento in cui la critica al governo transnazionale dell’Unione è molto forte... Certo viene usata molta malizia da parte dei vostri detrattori, ma vedendo il film si capisce che trasmette, soprattutto nella parte narrativa, delle emozioni veramente forti, e che perciò la vostra non è stata una scelta “di tendenza”, ma una vera e propria presa di coscienza. Partendo proprio da qui, pensate che un’ uscita dall’eurozona, che voi indubbiamente prospettate, possa prevedere anche una conseguente “Italexit” e una qualche ridiscussione della presenza dell‘Italia nella NATO, vista anche la dichiarazione di Milton Friedman (consulente economico di Pinochet e padre del neoliberismo e del libero mercato N.d.R.) citata nel film? La citazione è la seguente “Si può tagliare la spesa pubblica in tutti i settori eccetto che in quello della difesa militare”... Ci sono dei movimenti come “Eurostop” che stanno lavorando per la cancellazione dei Trattati e stanno andando in questa direzione...

FEDERICO: “PIIGS” non è una “tendenza del momento” e lo dimostra il fatto che sono cinque anni che lavoriamo al film e più di sette che facciamo ricerche. Su una cosa però possiamo dire di essere in ritardo. Ci siamo accorti troppo tardi che l’analisi delle politiche europee ci veniva offerta rovesciata. Il 2011 era già troppo tardi perché è dal 1992, dalla firma del trattato di Maastricht, che avrebbe dovuto essere evidente che questa eurozona e questa UE non avrebbero funzionato nel senso che ci hanno promesso e cioè portare prosperità e benessere e maggiori diritti al popolo europeo. Vorrei però sottolineare un aspetto importante che riguarda il film, noi e le ragioni per cui lo abbiamo fatto: noi tre non siamo economisti né giornalisti. Siamo registi, seppur con istanze etiche molto precise e una precisa idea (inevitabilmente politica) di mondo. Ma il film è completamente a-partitico perché riteniamo che sia l’unico modo per parlare a tutti, “nemici” compresi.

Per quanto riguarda l’altro discorso, le due cose (NATO ed eurozona) non mi paiono legate, seppure qualcuno le lega nel suo programma politico. Una è una questione di politiche economiche che stanno distruggendo lo stato sociale e impoverendo decine di milioni di persone a vantaggio di pochi, l’altra è questione geopolitica. Importantissima ma frutto di altre riflessioni.

Lobbisti d’oltreoceano “consigliano” politici europei di rivedere le proprie Costituzioni, in favore del libero mercato... Quanto si lede invece la sovranità di un Paese in questo caso? E perché una certa sinistra ha paura di questa parola?

MIRKO: La forma di sovranità che ci sta più a cuore è quella popolare. Il principio di sovranità popolare è stato più volte messo in discussione negli ultimi anni. E’ strettamente legato al suffragio universale e quindi alla democrazia. E questa, sia nel caso della Brexit che nel referendum in Grecia, ha subìto un vero colpo. Il nostro obiettivo è, e il film stesso mira a questo, ridare dignità alle persone e rimettere al centro del sistema economico-politico il cittadino. Ci piacerebbe che il film arrivasse a più persone possibile, in modo da dar loro quelle informazioni e quegli strumenti per capire meglio la realtà che viviamo, e iniziare cosi a ragionare su un modello di società diverso e alternativo da quello che ci è stato imposto.

Alla fine del film, sui titoli di coda, avete inserito una vecchia, per così dire, “lezioncina” di Giuliano Amato, da voi definito “architetto dell’attuale Unione Europea”... Una sorta di “istruzioni per l’uso”... Ci sembra quindi di capire che questo progetto sia venuto da molto lontano... Quanto, secondo la vostra opinione?

ADRIANO: Si tratta di dichiarazioni rilasciate nel 2012 all’interno di una trasmissione dal titolo “Lezioni dalla crisi”, in onda sulla RAI e condotta dallo stesso Amato. Quello che più ci ha sconvolto è che dichiarazioni di tale portata erano fruibili da chiunque e su una rete pubblica, e che nonostante ciò, tutto sia passato in sordina.

Il film intreccia interventi di autorevoli opinionisti ed economisti come Federico Rampini, Vladimiro Giacchè e l’ex-ministro greco Yanis Varoufakis, con quelli a personalità del mondo intellettuale, come Noam Chomski ed Erri De Luca. Proprio di quest’ultimo ci ha colpito una frase... ”lo dovete sapere voi che periodo storico state vivendo, se non lo sapete voi... Voi siete diventati pochi, quindi insignificanti, siete una generazione di minoranza, io ho fatto parte di una generazione di maggioranza, la generazione del dopoguerra, quando ancora si facevano i figli...” Una vostra personale riflessione, visto che proprio in questa intervista si stanno incontrando due generazioni... e che in questo momento molti giovani sembra non riescano ad organizzarsi, solo perché credono che su tutto questo aleggi un’immanenza di fondo che finisce per scoraggiarli...

ADRIANO: I media cosiddetti mainstream hanno delle enormi responsabilità; da decenni e con troppa disinvoltura hanno fatto da megafono al pensiero unico dominante, il pensiero neoliberista. Purtroppo grazie a questa massiccia “propaganda” sono riusciti a far credere che davvero il neoliberismo fosse l’unico modello sociale possibile, un modello che tende a distruggere la presenza dello Stato, eliminare le protezioni sociali favorendo il mercato selvaggio e l’individualismo più feroce. Credo che questa convinzione diffusa, abbia contribuito a fare in modo che accettassimo troppo passivamente la distruzione progressiva di tutti quei diritti fondamentali conquistati in anni di lotte.

La parte narrativa del film racconta la storia della drammatica crisi di una cooperativa per disabili che, per mancanza di fondi, causata dagli obblighi contenuti nei Trattati Europei, rischia di chiudere. Si nota che a mancare, in questa fase, è proprio lo Stato, quello che venne denominato “welfare state”, lo Stato sociale. Nel film qualcuno nota che la gente, ora, è così male informata dai media mainstream, che non sa neanche più a cosa ci si riferisce, quando se ne parla... Friedman affermava che “quando lo Stato cerca di sostituirsi alle scelte delle persone libere, i risultati sono spesso disastrosi”, e sentenziava che “le popolazioni tendono a fare meglio nelle società capitalistiche”... Dovremmo rivedere una qualsivoglia “forma stato”, o semplicemente ribellarci e combattere questo moloch?

FEDERICO: Conosco questi ragionamenti per averli ascoltati da centinaia di persone, anche in buona fede. In nome di una presunta “libertà” di azione imprenditoriale si presume che l’attività privata sia più giusta e legittima. Ma l’intervento dello Stato nell’economia è a favore del cosiddetto settore privato, cioè i cittadini, le famiglie e le aziende private, oltre che dei lavoratori del settore pubblico e della cosa pubblica nella sua interezza. Quando anche i piccoli e medi imprenditori capiranno questo, forse si muoverà una fogliolina.

Grazie ragazzi, per aver accettato il nostro invito, e soprattutto per la vostra opera prima, e arrivederci alla prossima produzione.

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