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04/06/2017

Attentato a Londra. Vostre le guerre, nostri i morti

Un duplice attacco è stato condotto nella notte nel cuore della capitale del Regno Unito: dapprima su London Bridge, ponte simbolo della città, dove un pulmino ha investito diversi pedoni e ne sono poi usciti tre aggressori che hanno accoltellato altri passanti; quindi nella zona di Borough Market, dove lo stesso commando ha continuato la sua azione di morte prima di cadere sotto i colpi della polizia.
Sette le vittime mentre i feriti sono 48 diversi dei quali in condizioni critiche. Tories e Labour hanno comunque temporaneamente sospeso la campagna elettorale.

Morti anche i tre terroristi che avrebbero indossato finte cinture esplosive, armati soltanto di coltelli. Attentatori “poveri”, insomma, senza disponibilità di armi o esplosivi. Non risultano altri assalitori e sospetti in fuga. Ma le indagini proseguono senza escludere eventuali fiancheggiatori esterni.

La sequenza si è consumata in pochi minuti (ne sono passati 8 fra la prima telefonata di allarme e la sparatoria finale), a neppure due settimane di distanza dell’attentato suicida commesso alla Manchester Arena il 22 maggio: dove Salman Abedi, giovane britannico figlio di un ex rifugiato politico libico anti-Gheddafi (diventato collaboratore dei servizi segreti inglesi e addestratore di mujaeddin), si era fatto esplodere fra la folla che usciva dal concerto di Ariana Grande – fra cui molti giovanissimi – causando 22 morti e circa 120 feriti.

Fin qui i lanci di agenzia.

E’ difficile dire qualcosa di nuovo, che sia anche utile, dopo fatti del genere. Da parte nostra, come giudizio politico complessivo, non possiamo che rimandare a quanto detto in occasione dell’attentato di Manchester, due settimane fa. In particolare:
L’Isis è un vostro prodotto, una metastasi del tumore che voi “classe dirigente occidentale” avete fatto crescere altrove.
I ragazzi di Manchester sono invece i nostri figli, fratelli, sorelle. Siamo noi che giriamo per le nostre strade, cercando di sopravvivere all’impoverimento crescente che voi ci avete imposto, che ci intruppiamo in uno stadio o in una metropolitana o una via della movida per una serata diversa, per una pausa in una vita senza futuro migliore. […]

Voi avete iniziato questa guerra che ci uccide. Non siete voi che potete farla finire. Non siete voi che potete vincerla. Non vi interessa, anzi vi torna persino utile. I popoli spaventati si affidano inermi alla bestia che finge di proteggerli.

Finché voi resterete ai vostri posti noi continueremo a morire, a piangere i nostri ragazzi, a chiederci stupidamente “perché ci odiano?”
In aggiunta, le polizie di tutto il mondo chiedono alle popolazioni di affidarsi silenzioso alle autorità, di obbedire senza fare domande. E i media mainstream rilanciano all’infinto questo stesso messaggio: “dovete rinunciare alle vostre libertà, ve le togliamo per la vostra sicurezza”. Il fascistissimo “decreto Minniti” è tutto in questo solco, con un occhio di riguardo per il dissenso interno.

E’ una truffa criminale. Totale.

Le parti in guerra sono infatti più che chiare: sono i “nostri alleati” sunniti, a cominciare dall’Arabia Saudita, a muovere le fila di questa sequenza. Gli stessi alleati che Trump è andato ad omaggiare nel corso della sua prima visita all’estero, firmando contratti di fornitura per 350 miliardi di armi in dieci anni, 110 immediatamente. Armi che in qualche misura – specie per quanto riguarda armamento leggero ed esplosivi – finirà nelle mani dell’Isis, di Al Qaeda, Al Nusra e cento altre sigle del jihadismo sunnita.

In proposito, se proprio non volete credere a noi, potete informarvi benissimo con l’editoriale di Alberto Negri, pubblicato oggi – come sempre – sul quotidiano di Confindustria, IlSole24Ore.

*****

Lotta al terrorismo, se colpiamo il bersaglio sbagliato

Alberto Negri

Abbassato il livello di allarme dopo l’attentato di Manchester, gli apparati di sicurezza britannici hanno fatto un altro calcolo sbagliato: dagli errori si dovrebbe imparare, soprattutto quando si avvicinano le elezioni non solo in Gran Bretagna ma anche in Germania e forse pure in Italia. In pieno Ramadan, i jihadisti intendono trasferire lo stato di guerra mediorientale in Europa mentre si va al voto.

Ma qual è il vero pericolo per gli americani, gli inglesi e loro alleati arabi del Golfo? L’Iran. E questo dice tutto sul livello di irresponsabilità delle leadership occidentali. E’ il messaggio sbagliato venuto dalla visita del presidente americano Donald Trump in Medio Oriente e che poi è passato anche al G-7: rifornire di armi l’Arabia Saudita con 110 miliardi di commesse ed essere acquiescenti con i piani delle monarchie arabe del Golfo e di Israele, non per abbattere il Califfato ma soprattutto per bloccare l’influenza dell’Iran sciita nella regione.

La “Mezzaluna sciita” diventa così un pericolo maggiore dell’Isis e del jihadismo sunnita che proprio l’Iran insieme alla Russia e al loro alleato Assad e all’Iraq hanno combattuto in questi anni colpendo l’insieme dell’opposizione siriana. Il fatto che gli alauiti di Damasco restino al potere può certamente non piacere ma quali sono le alternative che sono state proposte in questi anni ai regimi autocratici del Medio Oriente? L’abbattimento prima di Saddam in Iraq nel 2003 e poi di Gheddafi in Libia nel 2011 hanno sprofondato nel caos intere nazioni e una delle eredità lasciate dal fallimentare governo dei Fratelli Musulmani in Egitto, poi abbattuto dal colpo di stato del generale Al Sisi nel 2013, è stato che il Sinai diventasse un santuario dei jihadisti.

Ma che cosa hanno pensato le potenze occidentali, tra cui la stessa Gran Bretagna? Hanno fatto credere ai sunniti che avrebbero avuto una rivincita in Siria e in Iraq con la caduta di regimi alleati della repubblica islamica iraniana e lo smembramento di questi ex stati arabi. Il suo primo viaggio importante all’estero la signora May lo ha fatto a Riad. E ora quali sono i piani di americani, inglesi e giordani? Tagliare il “corridoio” iraniano che attraverso l’Iraq e la Siria rifornisce Damasco e gli Hezbollah libanesi. Prima ancora di combattere un Califfato assediato a Mosul e nella capitale Raqqa, si pensa a contrastare Teheran e magari a usare i jihadisti in funzione anti-sciita.

Se questi sono i presupposti della guerra al terrorismo, motivati dai grandi interessi economici e finanziari intrattenuti con le monarchie del Golfo, è evidente che si tenta di spostare il bersaglio della guerra al terrorismo a un altro piano. C’è poco da stupirsi quindi che continuino a rafforzarsi le cellule jihadiste, le quali probabilmente verranno ulteriormente alimentate dal ritorno dei foreign fighters dal Medio Oriente.

Eppure quando si parla di “stati terroristi” viene sempre nominato l’Iran e mai sono citate quelle monarchie petrolifere che per decenni hanno incoraggiato il jihadismo e l’Islam più radicale con le loro ideologie retrograde che custodiscono non la parola del Corano, come vorrebbero fa credere con i loro comportamenti ipocriti, ma gli intessi ristretti di élite contrarie a tutti i valori occidentali.

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