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22/06/2017

Gaza, Mohammed Dahlan corre in aiuto degli ex nemici di Hamas

di Michele Giorgio – Il Manifesto

Le pressioni dell’Autorità nazionale palestinese, di Israele e dell’Arabia Saudita non sono riuscite a bloccare le autobotti cariche di gasolio, dirette alla centrale elettrica di Gaza, che il Cairo ha inviato per alleviare la mancanza di energia nella Striscia. L’Egitto alla fine ha deciso di rispettare i termini preliminari del clamoroso accordo, ancora in via di definizione, tra quelli che sino a qualche tempo fa erano nemici implacabili: l’ex “uomo forte” del partito Fatah, Mohammed Dahlan, e il movimento islamico Hamas.

L’iniziale blocco del carburante aveva gettato nello sconforto i due milioni di palestinesi di Gaza che affrontano un’altra estate, con temperature elevate, avendo ogni giorno appena 3-4 ore di energia elettrica a disposizione e servizi pubblici ridotti al minimo. A ciò si aggiunge la condizione di decine di migliaia di famiglie senza alcun reddito che sopravvivono solo grazie agli aiuti alimentari che forniscono le agenzie umanitarie e le associazioni religiose.

Lunedì Israele aveva ridotto l’erogazione della sua quota di corrente elettrica alla Striscia da 120 a 100 Megawatt: una decisione presa dopo l’annuncio che l’Anp del presidente palestinese Abu Mazen non pagherà più l’intera bolletta energetica di Gaza. Una misura che – assieme alla riduzione del 30% degli stipendi e delle pensioni per gli ex dipendenti dell’Anp e alle pressioni saudite e americane sul Qatar affinché cessi il sostegno ad Hamas e ai Fratelli musulmani – vuole costringere il movimento islamico a rinunciare al controllo di Gaza che mantiene da dieci anni.

L’accordo tra Dahlan e il leader di Hamas Yahya Sinwar rischia di mandare in fumo i piani di Abu Mazen, convinto che i due milioni di abitanti di Gaza, con il peggioramento delle condizioni di vita, si ribelleranno contro gli islamisti al potere. «Un piano che non ha possibilità di successo» spiega l’analista e docente dell’università al Azhar di Gaza, Mkhaimar Abusada, «la popolazione è molto provata ma non si rivolterà contro Hamas. Il malcontento è forte ma allo stesso tempo la gente non ha fiducia nell’Anp di Abu Mazen. E poi il movimento islamico nei mesi scorsi ha reagito con il pugno di ferro alle manifestazioni di protesta per la mancanza di energia elettrica».

Comunque si svilupperà questa vicenda, Mohammed Dahlan ne uscirà vincitore. Il presidente dell’Anp gli ha fatto terra bruciata intorno dopo averlo buttato fuori da Fatah con l’accusa di corruzione. Ma colui che era considerato il più probabile successore di Abu Mazen prima di essere allontanato, ha confermato che le strette relazioni che mantiene con l’Egitto, i Paesi del Golfo e gli Stati Uniti lo rendono ancora oggi il candidato favorito dell’Occidente, di una parte del mondo arabo e di Israele per la presidenza dell’Anp, malgrado la profonda avversione dei vertici di Fatah. I palestinesi non lo amano, anzi, e vedrebbero con favore (lo dicono i sondaggi) Marwan Barghouti alla presidenza. Ma il più noto dei prigionieri politici palestinesi sconta cinque ergostoli in Israele. E sino a quando tra i possibili successori di Abu Mazen ci saranno personaggi come Mohammed Dahlan, il governo Netanyahu non avrà alcun interesse a liberare (in un eventuale scambio di prigionieri) un “resistente” come Marwan Barghouti.

Dahlan grazie alle donazioni che da tempo garantisce ai poveri di Gaza e al sostegno politico dell’Egitto – che ha rapporti difficili con Abu Mazen e il suo entourage – è riuscito a portare dalla sua parte gli antichi nemici di Hamas interessati ad instaurare buone relazioni con il Cairo. E dopo aver ottenuto dagli egiziani il gasolio per Gaza, ora appare come il “salvatore” di due milioni di palestinesi alle prese con la mancanza di elettricità.

Abu Mazen al contrario agli occhi di una buona parte della sua gente è il “carnefice” che, pur di raggiungere i suoi obiettivi politici, non esita ad aggravare la condizione dei civili di Gaza. Da alcuni giorni Hamas e Dahlan, con la mediazione del capo dell’intelligence egiziana Khaled Fawzy, hanno avviato una trattativa molto complessa. Fonti locali anticipano che, se si arriverà ad un accordo definitivo, l’Egitto aprirà per più giorni al mese il valico di Rafah e darà più elettricità a Gaza. In cambio Hamas agirà con forza contro i jihadisti dell’Isis che dal Sinai cercano rifugio nella Striscia. L’obiettivo politico delle intese è mettere in forte difficoltà Abu Mazen e dargli una spallata.

Dahlan di fatto è diventato il “ministro degli esteri” di Hamas. E potrebbe diventare presidente dell’Anp proprio con l’appoggio degli islamisti, forti anche in Cisgiordania.

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