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14/06/2017

Truffe tecnologiche

L’epistemologo Telmo Pievani, uno di cui ci si può fidare, mi assicura che stiamo attraversando una fase propizia per le scienze (specie la biologia), mentre il confine tra ricerca pura e applicata va rapidamente assottigliandosi. E un non scientista come il sottoscritto (seppure convinto con il sociologo Pierre Bourdieu che «il lavoro scientifico è essenzialmente un’attività letteraria e interpretativa») si limita a prenderne atto.

Ben diversa la faccenda relativa alla retorica dell’invenzione prodottizzata[1], su cui crescono business spudorati e vagamente truffaldini, promossi da personaggi in bilico tra il tecno-stregone e l’affarista. Figure recentemente tratteggiate dal cyber-critico di Stanford Evgeny Morozov come gemmazione dell’attacco concentrico alla politica e allo Stato sociale da parte dei finanzieri di Wall Street in combutta con gli imprenditori al silicio dell’omonima Valley[2]. Il tutto confezionato nella tesi ricattatoria che opporsi all’innovazione «equivarrebbe a far fallire gli ideali dell’Illuminismo, con Larry Page (Google) e Mark Zuckerberg (Facebook) nei panni di novelli Diderot e Voltaire in versione nerd»[3].

Ma l’età dell’innocenza “tech” è stata lesionata da “l’affare Snowden” (il tecnico NSA che rivelò il piano del governo americano, in collaborazione con le multinazionali dei Big Data, per costruire un apparato di controllo planetario che ci intrappoli tutti). Allo stesso tempo il disincanto investe anche l’enfasi innovativa e il premio Nobel Paul Krugman si chiedeva su Repubblica del 26 maggio 2015 «se la rivoluzione tecnologica non sia stata gonfiata in maniera fuorviante».

Dunque, opera di furbacchioni camuffati da innovatori. Come ha dimostrato l’economista Mariana Mazzucato smascherando il più celebrato tra i Leonardi del XXI secolo; lo Steve Job che ha costruito il suo smartphone facendo incetta di invenzioni provenienti dal settore pubblico (e pure senza pagare le royalties): dal touch-screen sviluppato dall’Università del Delaware al navigatore Gps, progettato dal dipartimento della Difesa USA. Insomma, packaging, restyling, marketing. “Cooptazioni funzionali”, nel lessico di settore. Pure operazioni commerciali, altro che scoperte rivoluzionarie! A conferma dell’attitudine di buona parte del presunto hi-tech a praticare l’affarismo dietro il paravento misterico che affascina e seduce i disinformati, dribbla ogni verifica. Soprattutto quando si tratta di privati lautamente finanziati dalla mano pubblica. Come nel caso nostrano dell’Istituto Italiano di Tecnologia e del suo intoccabile direttore scientifico (nell’ambiente, Kingolani), che nei giorni scorsi ci hanno presentato la meraviglia del robot fisioterapista Humana[4], presto destinato a essere riprodotto in trenta esemplari trenta (mentre le stime 2017 parlano di un mercato mondiale di migliaia di pezzi per 39 miliardi $[5]), che al prezzo di 100mila€ – stando ai professionisti medici – assembla su poltrone basculanti applicazioni arcinote: tipo la pedana Lybra di Fisiomedica2000, quella stabilometrica ACM, i test del Delos Equilibrium Board.

Un giochino appreso dai maestri multinazionali del business tecnologico. E quando il Parlamento voleva vederci più chiaro nei conti da nababbo di Morego (al 90% erogazioni statali) è subito scattata l’azione di una vasta rete protettiva; dove spicca il trio di ex burlandiani embedded Basso-Pastorino-Tullo[6], a difesa del tesoro IIT: milionate di finanziamento pubblico a un privato operante in totale opacità. Mentre la ricerca nazionale muore per anemia finanziaria.

Però guai a dirlo, visto che la vera start-up tecnologica dell’Istituto è la funzione propaganda; pronta a trasformarsi in ufficio voci per silenziare con abili perfidie i critici (dalla senatrice Cattaneo al sottoscritto) ogni richiesta di controllo democratico su quanto deciso in collina. Che neppure sgocciola sul territorio: il partner per gli umanoidi fisioterapisti è il milanese Gruppo Dompé.

*****
[1] Cfr.Mariana Mazzucato, Lo Stato innovatore, Laterza Roma-Bari 2013 – «Il genio e l’avventatezza di Steve Jobs sono riusciti a produrre profitti e successi in grande quantità solo perché la Apple ha potuto cavalcare l’onda di imponenti investimenti pubblici nelle tecnologie rivoluzionarie che sono alla base dell’iPhone e dell’iPad»

[2] E. Morozov, Silicon Valley: i signori del silicio, Codice, Torino 2017 «la vera natura della segreta alleanza tra il neoliberismo e la Silicon Valley emerge in tutta la sua chiarezza nel dibattito in corso sulla Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP)»
[3] Ivi pag. 5

[4] http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2017/05/20/arrivano-sul-mercato-robot-fisioterapisti-dell-iit-movendo-avvia-produzione_lxD7jn3XVC5FzeJWthjZEJ.html

[5] Cfr. Alec Ross, Il nostro futuro, Feltrinelli, Milano2016 pag. 45

[6] I deputati genovesi renziani Lorenzo Basso e Mario Tullo, il civatiano Luca Pastorino: Tutte creature di Claudio Burlando.

Fonte

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