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25/09/2017

Catalogna. Fascisti e giudici scatenati, aggressioni e denunce


Il boom dell’estrema destra tedesca fa giustamente paura. Non altrettanto si può dire delle razzie e delle aggressioni realizzate in questi giorni dai gruppi neofascisti e neonazisti spagnoli con la copertura del dispositivo repressivo messo in campo dal governo di Madrid per impedire che i catalani, il prossimo 1 ottobre, possano partecipare ad un referendum sull’autodeterminazione proibito manu militari dall’esecutivo Rajoy con il sostegno di Ciudadanos e dei socialisti.

Gli stessi socialisti corteggiati da Podemos e da Izquierda Unida, che continuano ad appellarsi al suo segretario Pedro Sanchez affinché abbandoni l’alleanza reazionaria col resto dello schieramento nazionalista spagnolo e si aggreghi alle forze che promettono di riformare la Costituzione e permettere un referendum ‘negoziato e concordato con lo Stato’.

Ma i socialisti non ne vogliono sapere, e le timide (e spesso strumentali) aperture dei mesi scorsi ad un possibile ampliamento dell’autogoverno catalano sono state sostituite da dichiarazioni altisonanti in difesa della patria e dell’indivisibilità dello stato. Come quella di Emiliano García-Page, che governa in Castilla La Mancha grazie ad una maggioranza formata non solo dai socialisti ma anche dai consiglieri regionali di Podemos, o come quelle di alcuni socialisti catalani che a Barcellona sostengono la giunta guidata da Ada Colau.

Il leit motiv dei messaggi lanciati da Iglesias e dagli altri dirigenti di Unidos Podemos all’indirizzo dei socialisti è: cacciamo Rajoy e i popolari, formiamo un’alleanza per il cambiamento. Per la sinistra federalista spagnola e i suoi addentellati catalani, la via d’uscita all’impasse determinato dalla reazione di Rajoy al referendum unilaterale del 1 ottobre è di fatto un “fermate le macchine” rivolto agli indipendentisti e un appello al governo spagnolo affinché consenta la consultazione popolare in quanto ‘mobilitazione democratica’ senza risvolti di carattere legale. “Ma niente dichiarazione unilaterale di indipendenza” ha tuonato il segretario di Podemos. “Lavoriamo affinché il Psoe costruisca insieme a noi un nuovo patto per la democrazia e il dialogo” ha detto Iglesias intervenendo ieri ad un’assemblea organizzata a Zaragoza insieme a IU alla quale hanno partecipato circa 400 eletti della formazione ‘viola’ e dei suoi alleati (Compromis, Equo, Mès, Geroa Bai) oltre che di altre forze come il Partito Nazionalista Basco e il PDeCat del President catalano Puigdemont. Presenti, ma solo in qualità di osservatori, due rappresentanti di Esquerra Republicana de Catalunya, che non hanno voluto sottoscrivere l’appello finale.

Fascisti e polizia a braccetto



Il clima pesante in cui si è svolta ieri la “Assemblea per la Fraternità, la Convivenza e le Libertà” la dice lunga su quella che le forze della sinistra moderata spagnola considerano una ‘involuzione autoritaria’ ma che a ben vedere appare come una manifestazione, finalmente esplicita, di pulsioni a lungo rimaste sottotraccia. Gli organizzatori avevano faticato non poco per trovare una sede per la loro assemblea, vista l’ostilità dell’amministrazione provinciale socialista che aveva proibito l’utilizzo di una sala pubblica. Poi ieri, al loro arrivo al Padiglione ‘Siglo XXI’, i partecipanti alla convention hanno trovato ad accoglierli alcune centinaia di fascisti e ultranazionalisti – “manifestanti per l’unità della Spagna” li ha definiti una speaker del telegiornale di Tve – con tanto di saluti romani e bandiere franchiste, tenuti a bada da un manipolo di agenti di polizia. Non sufficienti o troppo tolleranti, visto che la Presidente delle Cortes de Aragòn – il parlamento regionale aragonese – Violeta Barba è stata colpita al volto da una bottiglietta d’acqua lanciata da un manifestante proprio mentre chiedeva ai poliziotti di garantire la sicurezza dei partecipanti all’assemblea. Stessa sorte avevano subito i manifestanti scesi in piazza a Madrid la scorsa settimana per solidarizzare con la lotta dei catalani contro la repressione: arrivati a Puerta del Sol si erano trovati la strada sbarrata da un aggressivo presidio fascista pronto a difendere ‘l’onorabilità patriottica’ della capitale del Regno.

I poliziotti, ha ironizzato qualcuno, sono stati mandati tutti in Catalogna, per questo non erano a Zaragoza a tenere a bada i fascisti. E, comunque, negli ultimi giorni agli agenti della Guardia Civil e della Policia Nacional mobilitati per impedire il referendum in Catalogna a suon di arresti, perquisizioni, sequestri e cariche, non è mai mancata l’entusiastica solidarietà dei membri delle organizzazioni di estrema destra. Mentre sui muri di molte città spagnole si moltiplicano le scritte che augurano la morte o lo stupro ad Anna Gabriel e ad altre dirigenti della sinistra indipendentista catalana, a Barcellona venerdì sera un ragazzo è stato pestato dagli estremisti di destra reduci da una violenta manifestazione contro la sede dell’Assemblea Nazionale Catalana.

In rete circolano decine di foto, scattate in questi giorni, che ritraggono senza bisogno di commenti vari episodi di cameratismo tra i fascisti in divisa e quelli in borghese, a suon reciproci applausi e saluti romani. Gruppi ultrà come Generación Identitaria, Somatemps, Dolça Cataluña o Democracia Nacional, sostenuti e coperti da cordate interne/esterne al Partito Popolare di Rajoy coordinate da Vox, da Intereconomia e da fondazioni nostalgiche, fanno a gara a esprimere solidarietà e apprezzamento per l’instancabile opera delle forze dell’ordine. L’episodio che più inorgoglisce i franchisti è il supporto gastronomico prontamente garantito dai camerati ai circa seimila tra militari e poliziotti spagnoli acquartierati in due navi da crociera ancorate nel porto industriale di Barcellona. Il boicottaggio deciso dai lavoratori portuali nei confronti di quelle che vengono considerate truppe d’occupazione rischiava di costringerli al digiuno ma in loro soccorso si sono mobilitate le organizzazioni fasciste che, grazie alla “Operazione Soccorso Azzurro”, hanno preparato quantità industriali di deliziosi e patriottici manicaretti.

A sollevare il morale della truppa stanziata in Catalogna è arrivata anche la decisione del governo Rajoy di ricompensare gli instancabili difensori dello ‘stato di diritto’ con una diaria aggiuntiva di 80 euro.

Madrid commissaria la polizia autonoma catalana

In perfetta sincronia, dopo che il governo spagnolo ha imposto lo stato d’emergenza di fatto e sospeso l’autogoverno catalano, il Procuratore Capo della Catalogna José María Romero de Tejada ha deciso di commissariare la polizia autonoma catalana, che pure nei giorni scorsi si era prodigata contro alcune manifestazioni indipendentiste, ordinando che il controllo dei Mossos d’Esquadra passi direttamente al Ministero degli Interni di Madrid. A dirigere gli agenti catalani – suscitando il malcontento tanto del loro sindacato maggioritario quanto del loro comandante Josep-Lluís Trapero che pure ha garantito obbedienza alla nuova catena di comando – sarà il colonnello della Guardia Civil Diego Pérez de los Cobos, già a capo dell’imponente meccanismo poliziesco approntato per impedire il voto del 1 ottobre.

Neanche a dirlo, il 53enne fratello dell’ex presidente del Tribunale Costituzionale Francisco, si è fatto le ossa nei Paesi Baschi. Nel suo curriculum, a mo’ di medaglia, spicca un processo – ma non una condanna – per le torture inflitte sotto il suo comando al prigioniero politico basco Kepa Urra, arrestato nel 1992. Al termine del procedimento giudiziario dal quale de los Cobos fu esonerato, tre Guardia Civil furono condannati a pene dai sei mesi ai 12 anni, prima che il primo governo di Josè Maria Aznar concedesse loro l’indulto.


Una pioggia di denunce

Dove non arrivano i fascisti arrivano giudici e polizia, e viceversa. Ieri l’Unione degli Ufficiali della Guardia Civil ha denunciato Mònica Terribas, direttrice del programma ‘El Matì’ della radio pubblica catalana, per aver incitato i suoi ascoltatori a segnalare i posti di blocco e i presidi realizzati dalle forze di polizia. Da parte sua la Procura ha già presentato una denuncia per ‘incitamento al terrorismo’ nei confronti di quattro militanti di Poble Lliure, una delle organizzazioni della sinistra indipendentista catalana che fa parte della Cup. I quattro – tra i quali c’è il parlamentare regionale Albert Botran – sono accusati di aver ricordato, in un atto celebrativo tenutosi a febbraio a Castelló de Farfanya (Lleida), la figura del militante indipendentista e presunto dirigente dell’organizzazione armata Terra Lliure, morto in un incidente d’auto trenta anni fa.

Anche il ragazzo che ha aperto il sito internet marianorajoy.cat, che prima di essere chiuso dalla polizia rimandava a quello della Generalitat catalana e quindi ai materiali informativi fuorilegge sul referendum del 1 ottobre, è stato denunciato per un reato di ‘disobbedienza’. Come se non bastasse la Procura dell’Audiencia Nacional di Madrid, il tribunale antiterrorismo ereditato dall’epoca franchista, ha denunciato per ‘sedizione’ alcuni dei manifestanti che a Barcellona e in altre città, nei giorni scorsi, hanno manifestato in maniera più determinata contro gli arresti di 14 tra funzionari della Generalitat e imprenditori privati, nel frattempo rilasciati ma sui quali pendono gravi accuse. Nel mirino della Procura antiterrorismo ci sono i manifestanti che hanno realizzato blocchi stradali, danneggiato le auto di servizio della polizia, bloccato l’accesso della Guardia Civil ad alcuni edifici pubblici o sedi di partito (nella fattispecie la Cup). Il Codice Penale spagnolo riserva, all’articolo 544, ben 15 anni di carcere a coloro che vengano ritenuti responsabili del reato di ‘sedizione’.

La repressione sembra mirare anche alle sfere alte. Oggi il Procuratore Generale dello Stato, José Manuel Maza, ha dichiarato nel corso di un’intervista radiofonica che “per il momento non ci è sembrato opportuno” chiedere l’arresto del Presidente della Generalitat Carles Puigdemont, nonostante la denuncia spiccata nei suoi confronti per i reati di disobbedienza, abuso di potere e malversazione. La non troppo velata minaccia di arresto del capo del governo catalano non è passata inosservata proprio mentre la Corte dei Conti di Madrid ha imposto una cauzione di ben 5.25 milioni di euro all’ex governatore Artur Mas e a tre suoi consiglieri accusati di aver usato fondi pubblici per organizzare la consultazione indipendentista del 9 novembre del 2014.

La mobilitazione popolare continua



Intanto, mentre il governo catalano continua a pubblicare siti in cui appare la lista dei seggi dove il 1 ottobre i cittadini e le cittadine potranno recarsi a votare – che ci riescano o meno è tutto da vedere visto il capillare e determinato schieramento di polizia – ieri le associazioni indipendentiste Assemblea Nazionale Catalana e Omnium Cultural hanno organizzato manifestazioni in circa 500 tra città e centri minori, distribuendo alla popolazione circa un milione di schede elettorali dopo che durante il blitz della scorsa settimana la polizia spagnola ne ha sequestrate circa 10 milioni.
Mentre continua il boicottaggio, nei confronti della macchina repressiva, deciso dalle assemblee dei portuali di Barcellona e Tarragona – si parla di alcune migliaia di lavoratori – rimangono confermati per il prossimo 3 ottobre gli scioperi generali convocati dai sindacati di sinistra Cgt e Cnt e da alcune sigle indipendentiste, mentre i sindacati ufficiali Comisiones Obreras e Ugt hanno deciso di non partecipare ufficialmente alla giornata di mobilitazione (nella foto un poliziotto fa il saluto romano sulla caserma galleggiante).

Nelle università catalane gli studenti hanno dato vita nei giorni scorsi ad occupazioni simboliche, e per i giorni 28 e 29 settembre il coordinamento “Universitats per la República” ha convocato due giornate di sciopero e manifestazione. Mobilitati sono anche i contadini e gli allevatori catalani aderenti alle maggiori organizzazioni del settore, che nel fine settimana hanno dato vita ad una imponente marcia a favore del diritto di autodeterminazione e contro la repressione che ha visto sfilare un migliaio di trattori da Lleida a Vic. “Ci vogliono sotterrare ma non sanno che siamo semi” ha dichiarato il presidente dell’organizzazione contadina JARC il quale ha denunciato gli arresti e le prevaricazioni, schierandosi a favore della celebrazione del referendum, in difesa della democrazia e della libertà di scelta.

Solidarietà internazionale

Anche sul fronte internazionale qualcosa comincia a muoversi. Mentre a Barcellona sono già attivi alcuni noti osservatori internazionali arrivati per monitorare la celebrazione del referendum, un appello intitolato “Lasciate che i catalani votino” è stato firmato dalla filosofa statunitense Susan George, dalla premio Nobel per la Pace Jody Williams (1997), da Ahmed Galai, Rigoberta Menchú, Desmond Tutu, Noam Chomsky, Adolfo Pérez Esquivel, Ken Loach, Tariq Ali, Paul Preston, Ignacio Ramonet e Angela Davis, solo per citare i nomi più noti.

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