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13/05/2015

Un'alternativa euromediterranea all’Unione Europea. Il 23 maggio forum a Napoli

Sabato 23 maggio a Napoli (all'Asilo Filangeri) la Rete dei Comunisti ha convocato il secondo Forum Euromediterraneo (il primo è stato nel novembre 2013) per discutere insieme a compagni spagnoli e greci la proposta di un'area euromediterranea alternativa e in rottura con l'Unione Europea. La proposta che ha cominciato a muovere i primi passi nel 2011, sta incontrando crescente interesse soprattutto nei paesi Pigs europei, Grecia e Spagna innanzitutto. Al momento hanno confermato la loro partecipazione Alvaro Aguilera (Pce, Spagna); Joaquin Arriola (università Pais Vasco); Dimitris Belantis (Syriza, Grecia); Joan Canelo (Cup-Catalogna); Ramon Franquesa (Frente Civico-Somos Mayoria, Spagna), Pedro Montes (Socialismo XXI, Spagna), Joan Tafalla (Espai Marx), Leonidas Vatikiotis (Antarsya, Grecia). Altre conferme sono attese.

A pochi decenni dalla sua costituzione l’Unione Europea viaggia a tappe forzate verso la costituzione di un polo imperialista in competizione con altri soggetti imperialisti presenti a livello globale e altre potenze che si contendono il pianeta.

Nonostante ritardi e contraddizioni l’Unione Europea svolge già un suo ruolo egemonico aggressivo sia all’interno che all’esterno dei propri confini per imporre gli interessi delle sue classi dominanti ai concorrenti, per impossessarsi delle risorse, per aumentare il suo peso politico e militare.

Per attrezzarsi a questo sconto negli ultimi anni l’UE ha realizzato un processo di gerarchizzazione – creando un centro dominante e una periferia subalterna – e una vera e propria guerra interna contro i lavoratori e le altri classi sociali colpite da una gestione liberista e autoritaria della crisi economica. L’UE ha sfruttato il ricatto del debito per trasformare i paesi del Mediterraneo e i Pigs – Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna – in una ‘periferia interna’ dalla quale attingere manodopera a basso costo e nella quale vendere prodotti e macchine realizzati nel centro produttivo del continente, sempre più concentrato in Germania e nei suoi paesi satellite.

L’imperialismo europeo porta alla guerra

Inoltre l’Ue ha accelerato la costruzione di un proprio complesso militare industriale tendenzialmente indipendente da quello statunitense e il rafforzamento dei primi nuclei dell’esercito europeo, aumentando la propria pressione militare e la propria aggressività nei confronti delle aree ai suoi confini – Medio Oriente, Nord Africa, Africa Centrale, Balcani – tentando di contenderne il controllo a nuove potenze regionali e sottrarli alla tradizionale influenza degli USA.
In particolare la Francia, spesso per conto di tutta l’UE, è stata in prima linea in diverse operazioni militari realizzate direttamente – la Libia, l’Africa francofona – o indirettamente – come in Siria, con l’uso strumentale dei ribelli contro il governo di Damasco.

Partecipando alla destabilizzazione dell’Ucraina e alla destituzione violenta del suo governo che si opponeva alla firma del Trattato di Associazione con Bruxelles, l’imperialismo europeo ha contribuito ad un aumento repentino dello scontro militare con la Russia nel quale sono in prima fila gli Stati Uniti e che rischia seriamente di precipitare il pianeta in una guerra globale dalle conseguenze gravissime. Intanto la guerra commerciale e le sanzioni decise dall’Ue contro Mosca penalizzano enormemente le economie europee già provate da anni di crisi economica mentre l’aumento delle spese militari –l’Italia spende 80 milioni di euro al giorno! – sottrae risorse alla spesa sociale già sotto attacco da parte di Bruxelles e delle sue istituzioni.

Il ricatto del debito, i sacrifici a senso unico

Da anni i paesi del Mediterraneo ed i Pigs in generale sono sottoposti alle politiche di austerità e ai diktat della Troika – Bce, Ue, Fmi – provocando un estremo impoverimento delle popolazioni, in particolare dei lavoratori dipendenti e delle classi medie – violando ripetutamente la sovranità popolare e trasformando i governi e i parlamenti dei singoli stati in meri esecutori delle decisioni assunte a Francoforte e Berlino per conto di una borghesia sempre più vorace e indisponibile alla mediazione.

Anni di sacrifici e di tagli inoltre non hanno affatto ridotto il debito dei paesi commissariati, che è aumentato a dismisura incrementando così il potere di ricatto del nucleo forte dell’Ue sulle periferie interne. In Grecia il 25 gennaio lo scontento popolare e la rabbia sociale hanno portato alla vittoria di un partito di sinistra, Syriza, che legittimato dalle urne ha chiesto all’Ue di allentare l’austerity e permettere alle autorità locali di destinare stanziamenti economici per ridurre la fame e la povertà dilaganti. Ma l’Unione Europea e il FMI hanno finora opposto un secco rifiuto alle richieste fin troppo moderate del nuovo esecutivo greco, facendo appello al ‘rispetto dei patti’, dei vincoli e dei trattati continentali.

L’Unione Europea è irriformabile

L’ennesima dimostrazione che l’Unione Europea è una costruzione antidemocratica e nemica degli interessi dei popoli e dei lavoratori. Un polo imperialista che non è possibile riformare, democratizzare e trasformare sull’onda delle giuste richieste dei lavoratori e degli strati popolari schiacciati dalla crisi.

Le banche, le multinazionali, i poteri forti che hanno imposto la costruzione autoritaria dell’Unione Europea stanno distruggendo le economie e i diritti sociali dei paesi più deboli per concentrare la ricchezza, le tecnologie, i centri di comando e le risorse in pochi grandi monopoli europei.

L’UE si dimostra sempre più per quella che è realmente: non un’alleanza democratica tra paesi con pari dignità e pari diritti, non un’opportunità di uguaglianza e progresso, ma un polo imperialista che si fonda sul ferreo controllo esercitato su tutto il continente principalmente dalla Germania e dalla Francia e da frazioni delle oligarchie dei differenti paesi, con l’esclusione non solo dei cosiddetti ‘Pigs’ ma anche d’importanti paesi come l’Italia, esclusa dai momenti decisionali più importanti nonostante la propaganda di Matteo Renzi tenti di dimostrare il contrario.

Rompere l’Unione Europea, costruire l’Alba Euro-Mediterranea

Di fronte all’irriformabilità di una costruzione che serve gli interessi delle classi dominanti i lavoratori e i settori popolari scelgano una via alternativa a quella inefficace e illusoria finora perseguita dai partiti maggioritari della sinistra nei vari paesi.

L’unica soluzione di fronte a questa vera e propria gabbia è costituita dalla rottura dell’Unione Europea e dell’Eurozona, con la costruzione di una nuova alleanza dei paesi e dei popoli dell’area euromediterranea che adotti nuove politiche sociali indipendenti dai diktat della Banca Centrale e dell’asse franco-tedesco, che vari una nuova moneta e che sull’esempio dell’Alba costruita in America Latina dai paesi sottoposti per decenni alla dominazione statunitense costruisca nuove relazioni interne e internazionali basate su giustizia, solidarietà e complementarietà.

La parola d’ordine della rottura dell’Unione Europea e della costruzione di un’area alternativa che riunisca i paesi del fronte mediterraneo costituisce uno strumento fondamentale di lotta politica su due fronti.

Da un lato possiede la capacità di rianimare la battaglia internazionalista per i diritti dei popoli di fronte ai diktat delle oligarchie europee e di quelle che nei diversi paesi impongono i diktat di Bruxelles e di Berlino senza opporre resistenza, oltre che la lotta contro il pericolo di guerra che irresponsabilmente l’establishment europeo alimenta per difendere gli interessi delle classi privilegiate.

Inoltre la parola d’ordine della rottura progressista dell’Ue può costituire la base programmatica, il collante e l’identità sulla quale basare la costruzione di un movimento popolare di massa che contro i tatticismi e le giravolte elettoraliste dei partiti della sinistra responsabili di anni di fallimenti e sconfitte sia in grado di invertire la tendenza lavorando ad una prospettiva credibile di carattere internazionale per strappare alle destre populiste e ai movimenti neofascisti il monopolio della protesta – sempre parziale e strumentale – contro il sistema di dominazione rappresentato dall’Ue e dal sistema dell’Euro. Per costruire un blocco politico-sociale indipendente e alternativo a quello dominante occorre lavorare alla formazione di un movimento popolare che dovrà vedere il protagonismo dei settori popolari, dei lavoratori, dei giovani, ma che dovrà necessariamente allargarsi a settori delle classi medie colpite frontalmente da un processo di concentrazione del potere e delle ricchezze che ha investito le società dei nostri paesi nel loro complesso.

La proposta politica della Rete dei Comunisti per una alternativa euromediterranea:

1) Uscire dall’Eurozona e dall’Ue e costruire una nuova Area Euromediterranea insieme ai cosiddetti Pigs;
2) Creare una nuova moneta comune ai paesi dell’area mediterranea con valori di cambio più adeguati alle proprie possibilità;
3) Rifiutare il pagamento del debito, nazionalizzare le banche e i settori strategici dell’economia (energia, telecomunicazioni, trasporti, industrie);
4) Determinare rapporti di cooperazione e non di conflitto e rapina coloniale con i paesi del Mediterraneo Sud;
5) Uscire dalla Nato e dalle alleanze militari europee e sviluppare relazioni di cooperazione con il resto dei paesi del Mediterraneo.

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