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09/12/2019

Gran Bretagna - La sfida del Manifesto laburista

Il 12 dicembre, cioè giovedì di questa settimana, ci saranno le elezioni politiche in Gran Bretagna.

Abbiamo seguito quest’inedita campagna elettorale sin dalla convocazione delle “snap election”.

Nel contributo precedente, oltre a dare un quadro dello stato dell’arte della competizione elettorale, caratterizzata dalla forte polarizzazione tra Conservatori da un lato e Laburisti dall’altro, abbiamo analizzato dettagliatamente i contenuti dei primi due capitoli del Manifesto del Labour, dopo averne dato una sintetica visione d’insieme.

Torneremo ad occuparci, prima delle elezioni, delle ultimi fasi della campagna elettorale, ora analizziamo la seconda parte del programma laburista.

Affrontare la povertà e le diseguaglianze

I labouring poor sono un fenomeno che caratterizza l’attuale società britannica. Mentre le retribuzioni non hanno ancora raggiunto i livelli pre-crisi, i dividendi degli azionisti sono “schizzati” in cielo.

Così, mentre le classi subalterne sono state coinvolte in una spirale di indebitamento a causa dei bassi salari e dall’aumento complessivo del costo della vita, la parte più ricca ha potuto prosperare indisturbata.

“Delle 14,3 milioni di persone in povertà, nove milioni vivono in famiglie dove almeno un adulto lavora. I salari reali sono ancora più bassi di quelli percepiti prima dell’avvento della crisi, mentre i dividendi pagati agli azionisti sono aumentati dell’85%”

Il Labour vuole introdurre un salario minimo di almeno 10 sterline l’ora, dai 16 anni in su, ed un reddito di base universale.

Oltre a questo costituirà un Inclusive Ownership Funds (IOFs), rendendo i lavoratori proprietari di almeno il 10% delle aziende, con una distribuzione equa dei dividendi; per i quali è previsto un tetto, con una parte che servirà per finanziare il fondo per la transizione climatica Climate Apprenticeship Fund.

Aumentare il potere dei lavoratori attraverso l’organizzazione sindacale e la contrattazione collettiva è uno dei cardini del Manifesto, con una serie articolata di proposte che compongono due pagine del programma. In ambito governativo, per restituire parola ai lavoratori, verrà istituito un Ministero per i diritti dell’occupazione (Ministry for employment Rights).

La filosofia con cui il Labour si approccia alla questione è ben spiegata nel preambolo delle proposte:

“Siamo fieri delle conquiste del movimento sindacale nel dare alle persone una voce nei posti di lavoro attraverso la contrattazione collettiva. Non è solo una parte della nostra storia, ma è parte del nostro futuro. Solo cambiando i rapporti di forza in favore dei lavoratori otterremmo salari decenti, sicurezza e dignità al lavoro.

Il prossimo governo laburista trasformerà la vita delle persone in meglio attraverso la più grande estensione dei diritti dei lavoratori nella storia!”

Il progetto di riduzione dell’orario di lavoro è radicale.

“In un decennio ridurremo la media della settimana lavorativa full-time a 32 ore, senza perdita di salario, basata sull’aumento di produttività”

Sono i sindacati la maggior garanzia per un miglioramento della condizione lavorativa.

“Sindacati forti sono il mezzo migliore e più efficiente per i diritti al lavoro. Il Labour introdurrà un nuova, unificata Agenzia di Protezione dei Lavoratori” (Workers Protection Agency).

Il Labour riscriverà le regole complessive della politica industriale, promuovendo una mentalità che liberi dalle esigenze a breve termine degli azionisti, implementando il potere decisionale effettivo dei lavoratori in azienda, destinando un terzo dei posti nel board a direttori eletti dai lavoratori, “perché quando coloro che dipendono da una azienda hanno voce nella sua gestione, la ditta generalmente fa meglio e dura maggiormente”.

Allo stesso modo verranno introdotti criteri protezionistici per tutelare la base industriale della Gran Bretagna, prevenendo azioni che ne minano la solidità con take-over ostili o il dissanguamento degli asset.

Le politiche dei Conservatori hanno penalizzato la componente femminile della popolazione. “Più dell’85% del peso dei tagli dei Conservatori e dei Lib Dem è ricaduto sulle spalle delle donne”.

Il Labour creerà un nuovo Dipartimento per le Donne e le Eguaglianza, con un Segretario full-time ed una nuova Commissione Nazionale per le Donne.

Un attenzione particolare è rivolta a promuovere una parità di salario effettiva, l’abolizione delle discriminazioni attuali, la piaga delle violenze domestiche e degli abusi sessuali sul lavoro...

Razzismo e discriminazioni in genere saranno priorità dell’agenda governativa, promuovendo una cultura inclusiva che valorizzi le differenze e attui una vera realizzazione dei diritti civili.

Un paragrafo consistente è dedicato alla “comunità LGBT”, perché la politica dei Conservatori è stata piuttosto deficitaria nel rimuovere gli elementi di discriminazione.

Sulle politiche migratorie e sulla condizione dei rifugiati il Manifesto è chiaro, eliminando le storture del passato.

“Porremo fine alla detenzione indefinita, passeremo in rassegna le alternative alle condizioni inumane dei centri di detenzione, e chiuderemo Yarl’s Wood e Brook House.”

Con una politica di tutela dei rifugiati.

La sicurezza sociale per ciò che riguarda la presa in cura delle persone è stata minata dalle politiche dei Tories in differenti aspetti, che hanno fatto diventare la povertà un fenomeno endemico, rendendo strutture pubbliche come la DWP più orientate a “perseguitare” le persone che aiutarle ad aiutarle.

Nelle parole delle Nazioni Unite, la rete della sicurezza sociale in Gran Bretagna “è stata deliberatamente rimossa e sostituita con un etica persecutoria e di sostanziale mancanza di cura”.

Una delle piaghe che affligge il Regno Unito è la povertà infantile, che il Labour intende prendere di petto: “metteremo fine al fatto che 300.000 bambini vivono in povertà”.

Tutti i “soggetti deboli” sono stati colpiti, compresi i portatori di handicap.

Sugli anziani le politiche dei Conservatori sono state devastanti: “400.000 pensionati sono stati spinti nella povertà e una generazione di donne nate negli anni '50 ha visto cambiare la propria età pensionabile senza una giusta comunicazione. Questo tradimento ha lasciato milioni di donne senza il tempo necessario per fare piani alternativi, con conseguenze personali talvolta devastanti.”

La questione abitativa è uno dei cardini della politica laburista, visti i connotati di vera emergenza che ha assunto. Le conseguenze della politica abitativa dei Tories negli ultimi 10 anni sono devastanti ed hanno come simbolo del loro fallimento la tragedia di Greenfell Tower.

“Ci sono meno case nuove per l’affitto a canone sociale, un milione di inquilini in più costretti all’affitto dai privati. 900.000 giovani in meno che possiedono una casa, più del doppio costretti a dormire in strada”. Il Labour creerà un nuovo Dipartimento per le Politiche Abitative, rinnoverà Home England, facendola diventare una agenzia in cui gli eletti locali siederanno nei posti di comando.

La soluzione più idonea per l’emergenza abitativa è identificata nella costruzione di case popolari – 150.000 l’anno – con una governance adeguata dei processi di “gentrificazione” e un ribilanciamento dei rapporti di forza inquilino/proprietario.

“Più di 11 milioni di persone affittano da un proprietario privato” e soffrono lo strapotere dei proprietari di casa, per non parlare della piaga dei “tenza-tetto”, tra cui ci sono 125.000 bambini.

Il Labour vuole cambiare la “cornice” istituzionale come prodotto di un processo costituente, e propende per la sostituzione della Camera dei Lords con un Senato che rappresenti i territori.

In generale il processo di de-centralizzazione dei poteri e di maggiore partecipazione delle istituzioni locali nei processi decisionali è auspicata, si coniuga con un maggiore autonomia garantita agli Stati dell’Unione.

L’ultima parola sulla Brexit

Il Labour constata il fallimento dei Conservatori nella conduzione le trattative sulla Brexit, e giudica l’accordo raggiunto da Boris Johnson peggiore di quello raggiunto da Theresa May.

Allo stesso tempo si oppone ad una No-deal Brexit, vista come una minaccia di cui si potrebbe avvantaggiare solo l’amministrazione nord-americana – in specie per la privatizzazione del Sistema Sanitario Nazionale – e propone di dare l’ultima parola ai cittadini, che saranno chiamati ad esprimersi sull’accordo che sarà raggiunto, predisponendo le basi giuridiche per la realizzazione del voto vincolante dei britannici su questa delicata questione.

Il Referendum proposto non sarà una messa in discussione di quello effettuato nel 2016, ma una sua implementazione.

I perni dell’accordo sulla Brexit, in caso di vittoria laburista, sarebbero l’unità commerciale della Gran Bretagna per “proteggere” il settore manifatturiero britannico e permettere al paese di beneficiare degli accordi commerciali GB-UE, prospettando uno stretto allineamento con il Mercato Unico.

Promuovere gli standard adottati dalla GB sui diritti dei lavoratori, i consumatori e la protezione dell’ambiente come soglia minima sulla quale non giocare al ribasso, continuare la cooperazione in aree vitali con le agenzie e programmi finanziati della UE, una chiara vocazione a continuare la cooperazione in materia di sicurezza poliziesca.

Il Labour assicura in ogni caso di tutelare le garanzie per i tre milioni di cittadini UE che vivono in GB per lavorare e vivere nel Regno Unito, così come vuole garantire il milione e più di britannici che vivono nel Vecchio Continente.

In caso di permanenza nella UE, la Gran Bretagna non accetterà lo status quo, a cominciare dalle politiche di austerity che sono state portate avanti fin qui, propugnando un “riformismo radicale” imperniato su gangli vitali su cui si basa la politica del Labour.

“Se le persone decideranno di lasciare l’UE, un governo laburista lavorerà in maniera costruttiva con la UE su interessi vitali di mutuo interesse e il per beneficio reciproco della Gran Bretagna e dell’Unione Europea. Ma lasceremo la UE. La cosa più importante, con un governo laburista, avrete l’ultima parola sulla Brexit.”

Un nuovo internazionalismo

Il Labour vuole promulgare un War Powers Act “per garantire che nessun primo ministro possa bypassare il Parlamento per attuare una azione militare convenzionale”. Condurre un audit “sull’impatto dell’eredità coloniale britannica”, incrementare gli sforzi diplomatici britannici per la pace e la tutela del clima. Il riconoscimento di alcuni crimini dell’Impero britannico.

Intende promuovere una politica attiva dei diritti umani, invertendo il corso della vendita di armi a regimi repressivi, considerando che dal giugno 2017 i ministri Conservatori hanno firmato con loro più di “2 miliardi di vendita di armi”.

Propende per la sospensione immediata della vendita delle armi all’Arabia Saudita, utilizzate nel conflitto yemenita, e ad Israele, che le usa contro i palestinesi. “Condurre una riforma root-and branch del nostro regime di export di armi, affinché i ministri non possano più chiudere un occhio rispetto alle armi fabbricate in Gran Bretagna usate per colpire civili innocenti”.

Una politica internazionale attiva nei confronti delle popolazioni discriminate ed una diplomazia climatica attiva, insieme alla prevenzione dei conflitti e la promozione della pace sono tra gli obiettivi del “nuovo internazionalismo” del Labour, a cominciare dalla risoluzione del conflitto israeliano-palestinese.

Questo dovrebbe verificarsi all’interno di una risoluzione che propenda per i “due Stati”, rimuova il blocco sui Territori, l’occupazione e le colonie.

“Un governo laburista riconoscerà immediatamente lo stato della Palestina”, viene detto espressamente, suscitando le ire della lobby sionista.

Una riforma dell’ONU e l’incremento dei fondi per le operazioni di Peacekeeping dell’ONU, rispettando gli impegni nella NATO sono alcuni assunti programmatici contraddittori.

Il rinnovo del Trident nuclear deterrent e la promozione di un mondo libero da armi nucleari.

Il Labour vuole comunque confermare la spesa del 2% del PIL per le forze armate, tutelando il settore dell’industria militare, a partire dal navale e dall’aerospazio.

Una politica di sostegno attivo di tipo “non caritatevole” né imperiale nei confronti del Sud Globale, tesa a porre al centro i bisogni dei più, rispetto ai privilegi dei pochi, in particolare in sostegno delle organizzazioni sindacali, dei movimenti di donne ed in direzione della giustizia climatica, l’accesso al cibo e ai farmaci concludono gli obiettivi dichiarati delle 107 pagine del programma.

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