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20/01/2014

L'opposizione siriana: "Se c'è l'Iran, niente Ginevra"

Ahmad Jarba, Presidente della Coalizione nazionale siriana
A due giorni dall'inizio delle trattative di pace note come Ginevra 2 non è chiaro se la Coalizione siriana nazionale (SCN), il principale gruppo di opposizione al regime di Damasco sostenuto dall'Occidente e dai Paesi del Golfo, vi prenderà parte. Eppure tutto sembrava essersi risolto definitivamente sabato scorso ad Istanbul. Nonostante il boicottaggio di un terzo dei suoi membri, la Coalizione, infatti, aveva votato a maggioranza per una sua partecipazione.

Una decisione che era stata subito salutata con soddisfazione da molte cancellerie europee. Londra, con il Ministro degli Esteri William Hague, aveva parlato di una scelta che "deve essere sostenuta da tutti quelli che vogliono un futuro democratico e pluralista per il paese". Il Segretario di Stato statunitense Kerry si era spinto oltre parlando di "voto coraggioso negli interessi di tutto il popolo siriano che soffre terribilmente per la brutalità del regime di Assad e della guerra civile che non ha fine".

Tuttavia la doccia fredda è arrivata stamane. "La Coalizione nazionale siriana annuncia che non si presenterà a Ginevra 2 a meno che Ban Ki-moon non ritirerà l'invito all'Iran [principale alleato di Damasco, ndr] a partecipare" ha twittato il portavoce del SCN, Louay Safi. Non sono bastate, pertanto, le rassicurazioni del Segretario Generale dell'Onu secondo il quale Teheran aveva promesso di giocare "un ruolo costruttivo e positivo" qualora fosse stato invitato. Un invito, quello di Ban Ki-Moon, che aveva destato stupore a Washington perché l'Iran non ha mai pubblicamente sostenuto l'accordo del 2012 per la nascita di un governo transitorio in Siria che "dovrebbe" essere alla base dei negoziati di Ginevra (che in realtà avverranno nella cittadina svizzera di Montreaux).

"Dovrebbe" perché anche su questo punto Damasco e parte dei ribelli parlano lingue diverse. Mentre questi ultimi ritengono un governo transitorio senza Assad condizione imprescindibile prima che qualunque trattativa tra le parti possa avere inizio, il Presidente siriano continua a ripetere che alla base di Ginevra 2 c'è la volontà di combattere il "terrorismo". È questo il motivo ufficiale che porta Damasco nella città svizzera come ha ribadito anche ieri Assad in un intervista che ha concesso all'AFP. Una battaglia contro i "terroristi" come priorità di tutti perché, ha avvertito il Presidente siriano, una sconfitta del suo governo significherebbe "caos nell'intero Medio Oriente".

"La conferenza di Ginevra dovrebbe fornire risultati chiari rispetto alla lotta contro il terrorismo. Questa è la decisione più importante che Ginevra potrebbe produrre. Ogni soluzione politica che è raggiunta senza combattere il terrorismo non ha valore". Per "terroristi" al-Asad intende sia i ribelli "moderati" (Coalizione Nazionale) che i jihadisti (al-Nusra e Isil in particolare). "Questa non è, come la propaganda occidentale la dipinge, una rivolta popolare contro un regime che opprime il suo popolo, non è una rivoluzione per la democrazia e la libertà - ha aggiunto - perché una rivoluzione nazionale non può avere una agenda politica straniera".

Sulle sue dimissioni come passo necessario per un governo transitorio, come vorrebbero i ribelli sponsorizzati dall'Occidente e dai Paesi del Golfo, Assad è stato chiaro: "non vedo alcun motivo per farlo". Anzi, riferendosi alle elezioni presidenziali di giugno, ha dichiarato: "se l'opinione pubblica è favorevole alla mia candidatura, non esiterò un secondo per presentarmi alle elezioni". "In breve - ha concluso fugando ogni dubbio - possiamo sostenere che le probabilità per una mia candidatura sono tante".

Ieri, intanto, è stato postato online un messaggio audio che sarebbe attribuibile ad Abu Bakr al-Baghdadi, leader del Fronte Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) il principale gruppo qaedista presente in Siria. Nel messaggio, la cui autenticità è ancora da dimostrare, al-Baghdadi invita i ribelli ad unirsi per combattere i "nusairi",termine dispregiativo per indicare gli alawiti la comunità a cui appartiene il Presidente al-Asad.

Se il messaggio fosse vero, sarebbe una ottima notizia per i ribelli "moderati" impegnati da quasi un mese su due fronti di guerra: contro il regime e contro i qaedisti dell'ISIL. Proprio quest'ultimi hanno dichiarato recentemente che i membri in esilio della Coalizione Nazionale e il comando militare dell'Esercito Libero Siriano sono "target legittimi". La feroce guerra interna all'Opposizione a Bashar al-Assad ha causato finora più di mille morti e rafforza indiscutibilmente il Presidente siriano.

In questo clima di confusione e di incertezza, la morte è l'unica tragica costante. Secondo i dati dell'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, ONG che ha sede a Londra ed è vicina all'Opposizione, solo sabato sono morte 194 persone di cui circa 108 combattenti. Ma a pagare un prezzo altissimo in questo conflitto sono anche i civili. Lo sanno bene gli abitanti del quartiere Maysar di Aleppo dove, secondo l'Osservatorio, le "bombe a barile" dell'esercito avrebbero causato la morte di 15 persone. Tra le vittime ci sarebbero 6 bambini.

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