Costituzione e burocrazia. Sono questi i due pilastri del programma
di governo del presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, 77 anni, che
corre per il quarto mandato alle presidenziali del 17 aprile. Una candidatura controversa,
ma anche una vittoria quasi scontata, che lo porterebbe a guidare il
Paese per altri cinque anni (è al potere dal 1999), nonostante i noti
problemi di salute che lo hanno tenuto lontano dalle telecamere e
dall’Algeria nell’ultimo anno.
La campagna elettorale, che si apre il 23 marzo, è già entrata nel
vivo, ma a condurla, come già accaduto con l’annuncio della candidatura,
non è Bouteflika in prima persona, ma il primo ministro e responsabile
della campagna elettorale Abdelmalek Sellal. In un incontro con gli
imprenditori algerini, il premier ha spiegato che “la Costituzione va emendata per consolidare il sistema e garantire più democrazia e rispetto a tutte le istituzioni”.
Pochi i dettagli forniti sul programma di riforme, ma da tempo i
sostenitori della candidatura di Bouteflika, in prima fila il Fronte di
liberazione nazionale (FLN) che domina la vita politica del Paese sin
dall’indipendenza dalla Francia nel 1962, auspicano l’istituzione della
carica di vicepresidente. Oltre a voler mettere mano alla Costituzione, c’è la questione della “dittatura della burocrazia”,
che va eliminata per attrarre maggiori investimenti stranieri e
rilanciare l’economia di un Paese che dipende dalla produzione
petrolifera.
Un programma che Bouteflika potrà realizzare apparentemente senza
problemi, considerato che la sua vittoria è data per scontata e che gode
del sostegno dell’FLN, delle Forze armate e dei sindacati. Ma restano i
dubbi legati alla sua salute: nonostante le dichiarazioni dei
suoi, le descrizioni trapelate sulle sue condizioni parlano di un uomo
anziano e provato dalla malattia, che parla e cammina a fatica, che ha
perso l’uso di un braccio, che soffre di vuoti di memoria e che non si
allontana dal palazzo presidenziale di Sidi-Ferruch, 30 chilometri a
ovest della capitale Algeri. La sua ultima apparizione pubblica risale a quasi due anni fa.
La stampa algerina ha parlato di una candidatura “per procura”,
decisa dal primo ministro e dal fratello minore del presidente e suo
consigliere Said Bouteflika, “forse a sua stessa insaputa”, ha insinuato
il quotidiano in lingua araba El Khabar. D’altronde il
presidente è l’uomo alleato di Washington, veterano della guerra
d’indipendenza, guidò l’Algeria fuori dal suo “decennio nero”, tra il
1992 e il 2002, ed è dunque il simbolo della continuità in un momento
delicato nella regione, con la vicina Libia in subbuglio, l’Egitto che
attraversa una complessa e poco pacifica fase di transizione e i gruppi
legati ad al Qaeda nel Magrheb attivi nel Paese.
La su candidatura ha però scatenato l’indignazione delle opposizioni,
sempre marginalizzate nella vita pubblica algerina, che parlano di
elezioni che potrebbero rappresentare un “danno alla stabilità e alle
generazioni future” e hanno scelto la strada dell’astensionismo, come
unica via per esprimere il proprio dissenso. I liberali del
Movimento per la democrazia e la cultura, gli islamici di Ennahda e il
Movimento della società per la pace in un insolito appello congiunto
hanno esortato gli algerini a non recarsi alle urne il prossimo 17
aprile. E sabato scorso Algeri è stata teatro di manifestazioni opposte, pro e contro Bouteflika.
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