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06/03/2014

Golfo Persico - Arabia Saudita, Bahrain e Emirati schierati contro il Qatar

Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrain contro il Qatar. Oggi le tre petromonarchie, membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno annunciato il ritiro dei propri ambasciatori da Doha, atto senza precedenti che intacca seriamente l’alleanza dei sei Paesi del Golfo.

A monte, la decisione del Qatar di non implementare un accordo sulla sicurezza comune, firmato tre mesi fa a Riyadh e volto in particolare a legare le mani ai gruppi vicini ai Fratelli Musulmani, a cui Doha è al contrario aperta simpatizzante. “Proteggere la sicurezza e la stabilità”, questo l’obiettivo dichiarato da Bahrain, Arabia Saudita e Emirati Arabi in un comunicato comune presentato per spiegare la ragione di un simile atto di rottura.

“I tre Stati hanno deciso di prendere misure volte a proteggere la loro sicurezza e la loro stabilità – si legge nel comunicato – Stanno salvaguardando gli interessi degli Stati membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, compreso il vicino Qatar”. “Il Qatar non ha aderito ai principi di non-intervento negli affari interni degli altri Stati – continua – e non ha interrotto il sostegno a chi minaccia la sicurezza degli Stati del Consiglio”. Dietro, sta l’accusa mossa al Qatar di finanziare segretamente gruppi islamisti legati alla Fratellanza Musulmana all’interno dei Paesi confinanti.

Le prime crepe nel muro dell’alleanza del Golfo erano apparse già in passato e si erano ripresentate all’inizio di febbraio quando gli Emirati Arabi avevano convocato l’ambasciatore qatariora e inviato una lettera di protesta in risposta al sostegno espresso dal religioso Yusuf al-Qaradawi al movimento della Fratellanza Musulmana, bandita da Arabia Saudita e Emirati Arabi. Al contrario Doha non ha mai fatto mistero del sostegno finanziario garantito ai Fratelli Musulmani, a partire dai milioni di dollari donati al regime di Hamas a Gaza e quelli girati al deposto regime Morsi in Egitto. Pioggia di denaro a cui l’Arabia Saudita aveva risposto con un’ingente contro-donazione a favore del governo ad interim nato dopo il colpo di Stato militare al Cairo.

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