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03/03/2014

Paura della guerra e crollo in borsa

Non tutte le guerre portano soldi a chi ce li ha. In generale, è vero che il capitale usa la guerra per risolvere le sue crisi. Ma solo in generale, perché nel tempo necessario a "risolverle" un sacco di capitali e capitalisti ci rimettono la ghirba. Insieme a lavoratori e popolazioni collegate ai "perdenti".

Al contrario delle guerre precedenti (Iraq, Libia, Jugoslavia, ecc.), stavolta le borse l'hanno presa molto male. Nei casi precedenti, al massimo, schizzava verso l'alto il prezzo del petrolio (perché quasi sempre la guerra investiva un produttore, per di più membro dell'Opec). Questa volta calano tutte insieme e in misura "inquietante".

Il problema non appare troppo complicato da capire: Libia, Iraq ecc. non rappresentavano nessun rischio militare e quindi economico di lungo periodo, per il capitale che si impegnava in questa impresa. La Russia è invece un avversario di tutt'altro livello. E un conto è fare la faccia incazzata, come Obama e Hollande mostrano in queste ore, un altro è passare dalle parole ai fatti.

Certo, si può minacciare di annullare il prossimo G8 previsto a Sochi, e minacciare di mettere Mosca fuori dall'istituzione stessa. Ma non molto di più. Di "sanzioni economiche" non è neppure il caso di parlare, visto che dalla Russia arrivano quantitativi di gas e petrolio assolutamente non sostituibili. Gli Stati Uniti non hanno questo problema, per ora, visto che stanno distruggendo il proprio territorio e quello canadese per cavare fuori cinque o dieci anni di produzione di shale gas; ma per l'Unione Europea non ci sono alternative. I paesi produttori stanno estraendo quasi tutti al limite delle proprie capacità, e solo l'Arabia Saudita ha un piccolo margine di riserva, ma assolutamente insufficiente a coprire i consumi energetici dell'Unione.

Il pericolo di una riduzione delle forniture dalla Russia, dunque, è più che sufficiente a far tremare gli operatori di borsa. A cominciare da quelli moscoviti: quel che viene visto come problema di scarsità di approvvigionamenti, lì viene visto come riduzione delle vendite e quindi dei profitti.

Nel dettaglio, a quest'ora: crolla la Borsa di Mosca. L'indice Micex perde oltre il 10%, segnando il calo più pesante da novembre 2008.

Inchioda Piazza Affari, con il Ftse Mib che cede il 2,24%. Il settore che perde di più è quello bancario.

Idem per la Borsa di Francoforte, con il Dax che cede il 2,53%.

Appena meglio Londra, con il Ftse-100 che perde l'1,53%.

Sulle stesse quote  Parigi (Cac 40 a -1,67%) e Madrid (Ibex 35 a -2%).

Profondo rosso anche per le Borse asiatiche, dollaro e yen che si rivalutano rispetto alle altre monete,  mentre salgono le quotazioni di oro, petrolio e grano. Giù Tokyo (-1,27%) ed Hong Kong (-1,48%), ancora aperta insieme a Shanghai (+0,92%) e Mumbai (-0,48%).

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