Aleppo, Siria |
La tregua inseguita da de Mistura - sei settimane senza sparare per aprire un corridoio umanitario - al momento resta un’ipotesi. Tutto è ancora da definire, soprattutto l’adesione alla sospensione delle ostilità dei gruppi dell’opposizione, che non hanno gradito il dialogo aperto dall’inviato dell’Onu con Assad. E hanno gradito ancor meno le affermazioni del diplomatico sul coinvolgimento del presidente siriano nella pacificazione del Paese precipitato in una guerra civile che in quattro anni ha fatto oltre 220.000 morti e milioni di sfollati e profughi.
Per de Mistura “Assad è parte della soluzione” e dallo scorso ottobre lavora al raggiungimento di “sospensioni locali” dei combattimenti, partendo proprio da Aleppo. Se il piano funziona in questa città, che prima della guerra era un fiorente centro industriale, potrebbe essere esteso a tutta la Siria. Ma è stato lo stesso de Mistura a non farsi “illusioni”. L’obiettivo è “difficile da raggiungere”, ha detto, “Ogni volta che c’è una proposta di cessate il fuoco, assistiamo a un’accelerazione (degli scontri) per guadagnare posizioni”.
La capitale del Nord da quasi tre anni è il terreno di un aspro scontro tra le truppe fedeli ad Assad e i gruppi di opposizione, tra cui si contano i qaedisti del Fronte al Nusra, fazione islamiste e i ribelli sostenuti dall’Occidente. La popolazione è in fuga e chi resta vive sotto assedio e sotto attacco, con acqua, elettricità e carburante che scarseggiano. Qui la tregua servirebbe a dare sollievo agli abitanti e a testare la possibilità di estendere il modello delle “sospensioni locali” dei combattimenti a tutta la Siria. Il modello ha funzionato a Homs e in diverse zone vicino a Damasco, ma non ha ottenuto il plauso del Dipartimento di Stato Usa, che ha giudicato queste tregue locali una sorta di “accordi di resa” in favore di Assad.
Il governo siriano, ha riferito de Mistura all’Onu, ha espresso la sua disponibilità a fermare i raid dell’aviazione e il fuoco d’artiglieria per sei settimane, a partire dalla data che dovrebbe annunciare Damasco. Ma resta l’incognita dell’opposizione che non nasconde il timore che Assad approfitti della tregua per riorganizzare le forze e prepararle a un attacco massiccio. Il Consiglio del Comando rivoluzionario, sigla nata alla fine dell’anno scorso per unificare i combattenti stranieri ritenuti laici, ha accusato l’inviato dell’Onu di “faziosità” per le dichiarazioni su Assad, mentre l’inviato della coalizione dell’opposizione all’Onu, Najib Ghadbian, ha chiarito che le tregue vanno provate “con i fatti, non con le parole”, aggiungendo che “sinora le azioni sono state soltanto brutalità e terrore”. Anche le altre sigle dell’opposizione temono che la tregua giochi solo a favore di Damasco, il cui obiettivo nella zona di Aleppo è duplice: tagliare fuori i combattenti dalla via di rifornimento che collega Aleppo al confine con la Turchia e aprirsi una via verso le cittadine di Nubl e al Zahraa, sotto l’assedio delle milizie dell’opposizione.
Al Watan, quotidiano vicino al governo siriano, sostiene che le forze governative puntano a circondare Aleppo nei prossimi giorni, per scacciare gli insorti che controllano gran parte dei sobborghi occidentali della città. Con l’ultima offensiva, il governo ha preso il controllo dei villaggi di Ratyan, Bashkoy e Hardetneed. A questo punto molti analisti si chiedono perché Assad, in un momento di vantaggio militare sui gruppi armati dell’opposizione nella zona di Aleppo, dovrebbe fermare i combattimenti. Inoltre, alla diffidenza dell’opposizione rispetto al piano si aggiunge la presenza nell’area dell’Isis che certo non deporrà le armi per aderire a tregue sponsorizzate dall’Onu.
Al momento non si sa se e quando entrerà in vigore la sospensione dei combattimenti. De Mistura tornerà a Damasco e proporrà il piano alle opposizioni. Per Aleppo, ha detto, adesso c’è un “barlume di speranza”.
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