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10/05/2015

Yemen - Riyad: "Tregua di cinque giorni se gli Houthi non combattono"

Un cessate-il-fuoco in Yemen di 5 giorni a partire dal prossimo martedì. Ad annunciarlo è stata ieri l’Arabia Saudita che ha detto che uno stop (temporaneo) delle ostilità avrà luogo solo se le milizie sciite houthi smetteranno di combattere. I bombardamenti aerei della coalizione sunnita guidata da Riyad – giustificati ufficialmente per restaurare il governo del deposto presidente ‘Abd Rabbu Mansour Hadi – vanno avanti dallo scorso 26 marzo.

“C’è una possibilità per gli houthi di dimostrare se tengono o meno al loro popolo. Speriamo che accettino questa offerta per il bene dello Yemen” ha dichiarato ieri il ministro degli esteri saudita, Adel al-Jubair nel corso di una conferenza congiunta con il Segretario di stato Usa John Kerry. Al-Jubeir ha poi aggiunto che la data dell’eventuale cessate-il-fuoco è stata pensata per permettere ai donatori di coordinare gli aiuti umanitari. “E’ di assoluta importanza che tutti i paesi inviino quanto più sostegno possibile al maggior numero di yemeniti” ha aggiunto il ministro saudita.

Quello che non ha ricordato, però, è che la grave situazione umanitaria è stata creata principalmente dai raid aerei del suo paese. Secondo un rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento delle Questioni Umanitarie (OCHA), più di 1.400 persone sono state uccise nelle 6 settimane di guerra in Yemen (6.000 i feriti). Accanto a questo numero si deve poi tenere presente l’alto numero di sfollati. “300.000 persone hanno lasciato le loro case nei quasi due mesi di conflitto” ha dichiarato ieri Johannes van der Klaauw, il coordinatore umanitario dell’Onu in Yemen.

Van der Klaauw ha espresso “seria preoccupazione” per le notizie che giungono dalla città meridionale di Aden dove “decine” di civili sono stati uccisi e feriti. “I civili sono stati ripetutamente presi di mira mentre provavano a scappare in aree più sicure essendo intrappolati per settimane in città dove non hanno accesso o hanno limitato accesso all’acqua, al cibo e alle cure sanitarie” ha aggiunto il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite. Van der Klaauw ha quindi lanciato un invito: “la violenza verso i civili e gli operatori umanitari, gli attacchi sugli ospedali e su altre infrastrutture civili devono finire immediatamente”. Da qui l’esortazione a tutte le parti del conflitto ad operare “affinché venga assicurato un corridorio umanitario sicuro per i civili che risiedono nelle aree maggiormente interessate dai combattimenti”.

Della necessità di una tregua, almeno temporanea, n’è convinto anche Kerry. Il segretario di Stato Usa – arrivato mercoledì in Arabia Saudita dove ha incontrato il presente deposto Abd Rabbu Mansour Hadi – ha affermato che “siamo di fronte ad una catastrofe umanitaria e che questo è di sicuro un momento importante [per fermare i combattimenti]”. Senza nominare l’Iran, il segretario di stato statunitense ha incoraggiato i leader houthi a “cogliere questa opportunità” e concordare una tregua. “Gli Stati Uniti – ha aggiunto Kerry – stanno lavorando insieme alla comunità internazionale per organizzare l’assistenza umanitaria nel caso in cui il cessate-il-fuoco dovesse essere effettivamente implementato attraverso le Nazioni Unite”. L’alto esponente americano ha inoltre sottolineato come una cessazione delle ostilità potrebbe costituire la base per futuri colloqui di pace fra le parti in lotta. Passo necessario perché “persino il più durevole cessate-il-fuoco non potrà essere il sostituto della pace”.

Nonostante gli inviti alla tregua, però, il linguaggio della coalizione sunnita non è affatto cambiato. Se da un lato, infatti, propone una “tregua”, dall’altro continua a minacciare una ulteriore escalation. A contribuire a questa ambiguità politica sono gli houthi che hanno esteso le loro operazioni belliche anche nelle regioni meridionali saudite regionalizzando ancora di più il caos yemenita. Proprio in queste aree, secondo la stampa saudita, i ribelli sciiti avrebbero ucciso diversi civili e soldati del regno wahhabita mandando su tutte le furie la coalizione sunnita che ha prontamente denunciato la “linea rossa oltrepassata”. La reazione della monarchia saudita non si è fatta attendere: Riyad ha ordinato agli abitanti della provincia di Saada (nord Yemen) di scappare perché “tutta Sa’ada sarà un target militare”. Obiettivo militare, in realtà, Saada lo è già da tempo. Anche ieri i raid aerei sunniti hanno colpito i centri del potere houthi presenti nell’area.

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