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18/06/2015

Contatti indiretti tra Hamas ed Israele per una tregua di lunga durata

di Roberto Prinzi

“Uno scambio di idee” sarebbe in corso tra il movimento islamico palestinese Hamas e Israele per giungere ad una tregua a lungo termine nella Striscia di Gaza. A riferirlo ieri all’Afp sono state fonti di Hamas.

I contatti tra le due parti – precisa uno degli esponenti islamisti raggiunti dall’agenzia di stampa francese – sono “indiretti” e stanno avvenendo attraverso canali arabi ed europei. Secondo la tregua mediata da il Cairo lo scorso agosto che ha posto fine ai 50 giorni dell’offensiva israeliana Margine Protettivo sulla Striscia di Gaza, Hamas e Israele avevano promesso di ridiscutere un definitivo cessate il fuoco un mese dopo l’inizio di quello temporaneo del 26 agosto e di affrontare alcune questioni spinose come la fine del blocco di Gaza e l’apertura di un porto e aeroporto nel piccolo lembo di terra palestinese. Nonostante le promesse, però, queste conversazioni, ritardate in più occasioni, non hanno mai avuto luogo.

E così ora che la situazione economica, sociale e politica nella Striscia si sta aggravando, le due parti sembrerebbero essere disposte a riprovarci. “Siamo pronti ad un accordo. Hamas vuole risolvere i problemi di Gaza” ha dichiarato la fonte palestinese che ha subito precisato, però, che al momento non vi è sul tavolo alcuna proposta concreta. “Hamas ha ricevuto inviati europei a Gaza e a Doha che portavano messaggi da Israele. Ma non ci sono conversazioni ufficiali. Sono [solo] idee indirette”.

Accanto ai contatti indiretti con Israele, la fonte di Hamas ha anche detto che importanti membri del movimento islamico si sono incontrati a Doha lo scorso weekend. Tra gli argomenti discussi tra palestinesi e qatarini: una tregua di 5-10 anni tra Gaza e Israele, la fine dell’assedio sulla Striscia, l’apertura marittima della Striscia al mondo. Non è ancora chiaro se in Qatar fossero presenti altre fazioni palestinesi. In particolare Fatah il partito del presidente palestinese Abbas.

Una qualche forma di avvicinamento tra Hamas e Tel Aviv è confermata anche dagli israeliani. “Ci sono contatti con l’Egitto e con altri intermediari per un alleggerimento del blocco [in vigore dal 2007, ndr] e l’ingresso di materiale a Gaza in cambio della calma [la fine del lancio di razzi, ndr]” ha dichiarato sempre all’Afp una fonte israeliana che ha preferito restare anonima.

I (presunti) contatti starebbero avendo luogo dopo che nelle scorse settimane si erano registrati lanci sporadici di missili da Gaza verso Israele rivendicati da gruppi salafiti che non hanno alcun legame con Hamas. La risposta di Tel Aviv era stata immediata e indirizzata solo contro le infrastrutture del movimento islamico.

Ma in questi 8 mesi di “tregua” si sono registrate anche le ripetute incursioni delle forze israeliane nella Striscia, le schermaglie al confine tra le due parti, gli spari delle motovedette di Tel Aviv sui pescatori palestinesi (3 morti da settembre). Un cessate-il-fuoco, in pratica, solo a parole. Ad aggravare il clima di costante tensione vi è poi l’accresciuta forza dei gruppi salafiti e  degli affiliati allo Stato islamico che sfuggono al controllo di Hamas. Forze al momento formate da poche centinaia di militanti, ma che rappresentano un problema di non facile gestione per il governo islamista.

“Hamas sta avendo difficoltà a controllare la Jihad Islamica e altre formazioni simili” ha dichiarato la fonte israeliana all’Afp. Una posizione condivisa anche dal capo di stato maggiore israeliano, Gad Eisenkot che ieri, intervenendo alla commissione difesa e degli affari esteri della Knesset [il parlamento israeliano, ndr], ha detto che le “organizzazioni terroristiche legate allo Stato Islamico [Is] stanno prendendo piede a Gaza”. Eisenkot ha aggiunto che i gruppi jihadisti affiliati all’Is stanno crescendo nel Sinai e stanno cooperando con le “organizzazioni terroristiche” presenti a Gaza.

Per prevenire il rafforzamento di questi gruppi, il capo di stato maggiore ha affermato che l’esercito israeliano sta cercando di migliorare la situazione economica di Gaza permettendo l’ingresso di camion contenenti materiale umanitario. Ma ha anche avvertito che Tel Aviv chiude il confine quando sono lanciati i razzi dalla Striscia.

Un possibile riavvicinamento tra Gaza e Tel Aviv ha mandato su tutte le furie l’ex ministro degli esteri israeliano – nonché leader del partito di destra Yisrael Beitenu - Avigdor Lieberman. Lieberman, intervistato oggi dalla radio militare israeliana, ha dichiarato che una tregua di cinque anni con il movimento islamico vorrebbe dire capitolare di fronte al terrorismo. Da qui l’invito al premier Netanyahu a non arrivare ad alcuna intesa con il movimento islamista. “Se il governo israeliano giungerà ad un accordo con Hamas, questi continueranno ad armarsi e a ricostruire la loro infrastruttura terroristica. Ciò vorrebbe dire cedere al terrorismo. Spero che queste siano solo notizie [diffuse] dai media e non riflettano la realtà”.

Su un possibile cessate-il-fuoco a lungo termine nella Striscia ha detto la sua anche l’Autorità palestinese. Secondo quanto ha dichiarato ieri il portavoce del presidente Abbas, Nabil Abu Rdeina, una tregua è importante finché però non venga compromessa né sia intaccata l’unità del popolo palestinese.

Per Abu Rdeina l’interruzione delle ostilità tra Gaza e Israele non deve essere una premessa per uno stato palestinese con confini temporanei. Questa mossa avrebbe “ripercussioni distruttive” per il popolo palestinese. “Qualunque tregua – ha detto il portavoce all’agenzia Wafa – deve porre fine alla sofferenza del nostro popolo senza violare il consenso nazionale”.

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