Domenica è stato messo un altro tassello verso la costruzione di quel
muro che segnerà sempre più il confine politico della sinistra. Da una
parte la sinistra dell’euro e della Ue, dall’altra quella che la Ue la
combatte perché espressione di una strategia di dominio neoliberista. Il
popolo greco ieri ha avviato un possibile processo di decolonizzazione. Come il Partito comunista francese negli anni Sessanta rimase afono di
fronte alla lotta rivoluzionaria algerina, legittimando il sistema
coloniale e creando una spaccatura non più ricomposta tra sinistra
comunista e movimenti di classe, così oggi la lotta del popolo greco ha
la forza di rimandare a quella rottura, politica, economica, culturale. Una parte della sinistra peggiore ieri è salita sul carro della lotta alla Ue:
è un bene, è la forza di un’egemonia subita di chi di fronte al bivio
tra Tsipras e Merkel non poteva reiterare una vaghezza che avrebbe
determinato la propria scomparsa. Per dire, anche Toni Negri,
quello che invitava francesi e olandesi a votare la costituzione
europea, quello che lottando contro lo Stato-nazione feticizzato
sponsorizzava tutto il processo di accentramento europeista, anche lui
di fronte alla forza degli eventi si è schierato dalla parte del no. Uno
dei tanti voltagabbana in cerca di notorietà, uno dei tanti “si”
mascherati che oggi compongono lo schieramento dei vincitori. Il voto
greco è la vittoria di un popolo che reagisce di fronte al ricatto
neocoloniale. E’ un popolo che reclama indipendenza politica, autonomia
economica, possibilità di sviluppo, libertà di decisione. Non stiamo
parlando, è evidente, di un percorso linearmente progressista, di
classe. E’ trasversale, proprio come le popolazioni colonizzate si
ribellavano al dominio coloniale occidentale. E’ un varco che si apre,
in cui i movimenti di classe greci ed europei devono giocare la propria
partita. Non è un caso infatti che sul carro dei vincitori prendano
posto i diversi populismi continentali. Non solo Grillo, ma anche le
destre di ogni tipo. Proprio perché è uno scenario trasversale,
liquido, politicamente indeterminato, che accomuna tutti coloro che
dalla colonizzazione europeista hanno qualcosa da perdere. Uno scenario
imposto dalle lotte di classe, da un quinquennio di mobilitazione
costante, rivoluzionaria, che ha demolito il vecchio quadro politico,
costruito le fondamenta del governo Syriza, e infine imposto il
referendum. Tutto ciò oggi non basta. Si è avviato un piano simbolico enorme
che va colto per non lasciare spazio alle destre in questa fase più
chiaramente schierate dalla parte della lotta alla Ue. E invece ieri, in
Grecia, abbiamo tutti appreso una lezione politica. C’è spazio per lottare da sinistra contro questa Unione europea, e questo spazio può giocarsi non solo la partita del conflitto, ma anche quella del consenso. Non perdiamo l’occasione, non lasciamo a Lega e M5S una battaglia che è in primo luogo la nostra battaglia. E facciamo pulizia dei falsi amici, di destra e di “sinistra”, che oggi brindano insieme ai movimenti di classe.
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