di Michele Paris
A pochi giorni
dalla decisiva sentenza della Corte Suprema americana che ha salvato i
sussidi federali destinati agli acquirenti di polizze sanitarie private,
come previsto dalla riforma “Obamacare”, moltissime compagnie di
assicurazioni stanno richiedendo pesantissimi aumenti dei premi pagati
dai loro clienti.
La ragione principale della probabile impennata
del costo delle polizze sarebbe l’errore commesso dalle compagnie
private nello stimare l’importo dei rimborsi da erogare per i servizi
sanitari di cui hanno usufruito i sottoscrittori. In Minnesota, la
società Blue Cross and Blue Shield ha ad esempio perso 135 milioni di
dollari nel 2014 sulle proprie polizze individuali, visto che i rimborsi
pagati hanno rappresentato il 115% del totale delle entrate derivanti
dai premi assicurativi.
Molte compagnie si sono trovate in questa
situazione dopo avere accertato che i loro nuovi clienti erano in media
più malati del previsto, mentre troppo bassa è risultata la quota dei
sottoscrittori di polizze generalmente sani. Poiché la riforma prevede
che agli individui con “condizioni pre-esistenti” non possa essere più
negata l’assicurazione sanitaria, ciò ha determinato le proposte spesso
sostanziose di aumento dei premi per il prossimo anno.
Secondo la
riforma Obamacare o, ufficialmente, Affordable Care Act (ACA), aumenti
dei premi superiori al 10% stabiliti dalle compagnie di assicurazioni
devono essere dichiarati pubblicamente e passare attraverso un processo
di revisione del governo federale tramite apposite commissioni.
Tuttavia, non esiste un vero e proprio meccanismo che consenta di
bloccare gli aumenti e le commissioni stesse appaiono spesso fin troppo
ben disposte verso gli assicuratori.
Emblematico è il caso dello
stato dell’Oregon, dove la commissione incaricata ha concesso in alcuni
casi aumenti dei premi molto più alti di quanto richiesto da alcune
compagnie private. Health Net aveva richiesto rialzi pari in media al 9%
e ha ottenuto un 34,8%; Health Co-op, invece, aveva chiesto un 5,3% di
aumento e ha finito col ricevere un’autorizzazione per far salire i
premi fino al 19,9%.
La già citata Blue Cross and Blue Shield,
una delle principali compagnie private americane operanti nel settore
sanitario, ha richiesto aumenti molto più ingenti, tra cui in media del
23% in Illinois, del 25% in North Carolina, del 31% in Oklahoma, del 36%
in Tennessee e addirittura del 51% in New Mexico e del 54% in
Minnesota.
Questa
e altre compagnie di assicurazioni private si sono ritrovate con un
fiume di nuovi clienti grazie alla riforma sanitaria del 2010. L’ACA ha
stabilito tra l’altro che tutti gli americani al di sopra di un certo
reddito sono costretti ad acquistare una polizza sul mercato privato, se
non dispongono di una qualche copertura tramite il loro datore di
lavoro o uno dei programmi federali.
A coloro che non hanno
sottoscritto una polizza, pur essendo obbligati per legge, viene
applicata invece una sanzione, il cui importo aumenta di anno in anno.
Questi ultimi sono in larga misura gli americani più sani che, con la
loro scelta, avrebbero determinato l’aumento dei premi degli assicurati.
La decisione di non acquistare una polizza privata è dettata però
talvolta dalla necessità, visto che, nonostante i sussidi garantiti dal
governo, spesso i rimborsi della copertura sanitaria acquistata
prevedono franchigie che possono ammontare anche a varie migliaia di
dollari.
Per il ministro della Sanità americano, Sylvia Burwell,
l’impatto dell’aumento dei premi potrebbe essere ridotto ricercando
annualmente sui mercati delle polizze private (“exchanges”), creati dai
singoli stati o dal governo di Washington, il prodotto più conveniente o
adatto a ogni acquirente.
Secondo una ricerca indipendente,
però, il cambiamento dei piani assicurativi comporta il rischio della
perdita della possibilità di continuare a essere visitati dai propri
medici di fiducia e, prevedibilmente, premi più bassi significano meno
servizi a disposizione e una scelta più limitata di medici e ospedali
dove ricevere assistenza.
Questo aspetto appare cruciale
nell’impianto della riforma voluta da Obama, dal momento che una delle
conseguenze dell’ACA è e sarà quella di giungere a un vero e proprio
razionamento dell’assistenza sanitaria, ovviamente non per coloro che
possono permettersi di pagare di tasca propria i servizi migliori.
Un
altro fattore che sta determinando l’aumento vertiginoso dei premi
delle polizze, secondo alcuni, è poi una disposizione prevista dall’ACA e
propagandata da Obama come un’iniziativa favorevole agli assicurati.
Essa consiste nell’obbligo imposto alle compagnie di spendere almeno
l’80% dei premi incassati in servizi sanitari offerti ai loro clienti.
Se,
tuttavia, i margini di profitto delle compagnie risultano troppo bassi,
questa norma finisce per produrre aumenti dei premi, sui quali, come
già ricordato, il governo svolge solo opera di supervisione. Tutto
quello che il presidente americano ha potuto dire sulla questione è
stato invitare i sottoscrittori di polizze a fare pressioni sulle
commissioni statali chiamate a valutare le richieste di aumenti per
ridurli al minimo possibile.
Gli aumenti annunciati in questi
giorni rivelano così ancora una volta il vero carattere della riforma di
Obama, scritta sostanzialmente per favorire una riduzione dei costi
sanitari e gli interessi economici delle compagnie private. Ciò è stato
riconosciuto in maniera indiretta qualche giorno fa anche dal New York
Times, solitamente strenuo difensore dell’ACA, il quale in seguito
all’impennata dei premi è giunto a interrogarsi apertamente sulla stessa
“efficacia della legge sanitaria”.
Le scosse di assestamento nel
settore sanitario USA determinate dall’avvento dell’ACA si stanno
facendo sentire infine anche ai vertici delle compagnie assicurative
private, sotto forma di fusioni. Una di esse è stata annunciata proprio
la scorsa settimana e, se approvata come previsto dal governo, promette
di essere la più importante di sempre nel settore sanitario.
Aetna
Inc. e Humana Inc., rispettivamente la terza e la quarta più grande
compagnia americana per fatturato in ambito assicurativo sanitario,
dovrebbero diventare nei prossimi mesi un’unica compagnia con più di 33
milioni di clienti e ricavi per circa 115 miliardi di dollari. La
fusione darà vita a una singola entità destinata a diventare il secondo
operatore USA in questo settore, dopo United HealthGroup.
Secondo
l’amministratore delegato di Aetna, Mark Bertolini, a dare l’impulso
alla fusione sarebbe stata l’ACA e i cambiamenti che la riforma ha
determinato in questo settore, a cominciare dal drastico allargamento
del mercato delle polizze individuali, a discapito di quelle garantite
agli americani dalle aziende per cui lavorano.
I giganti del
settore “healthcare”, soprattutto, stanno manovrando per conquistare la
fetta più grande possibile del nuovo mercato ancora fluido aperto dalla
riforma di Obama. In ogni caso, come di consueto, nonostante gli annunci
le fusioni porteranno con ogni probabilità ristrutturazioni delle
compagnie coinvolte con conseguenti tagli dei costi e dei posti di
lavoro.
Quella tra Aetna e Humana è solo la più recente
operazione in un’ondata di fusioni e acquisizioni nel campo delle
assicurazioni sanitarie seguita all’entrata in vigore dell’ACA nel 2010.
Solo nei primi sei mesi del 2015, infatti, sono già state registrate
operazioni di questo genere negli Stati Uniti per un valore stimato di
quasi 300 miliardi di dollari.
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