Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

20/10/2015

Renzi e i sondaggi motore delle riforme

Ad una trasmissione televisiva, di quelle fatte per intrattenere chi sta cucinando, un giornalista della Stampa ha confessato candidamente: quello di Renzi è il governo che, in assoluto, ha più speso in sondaggi. Certo, il governo Berlusconi aveva i sondaggisti di famiglia, tra l’altro molto bravi, che gli hanno suggerito un paio di rimonte elettorali, e non aveva bisogno di usare le casse di Palazzo Chigi per queste cose. Il governo Renzi invece ha bisogno di pagare direttamente i sondaggisti perché facciano “famiglia”, ma questa è un’altra storia. Come l’ormai mitico monitoraggio dei principali direttori di quotidiani e di telegiornali via Whatsapp da parte dello spin-doctor di Renzi, un tempo esperto di Husserl e oggi eccellente imitatore di Dino Alfieri (storico ministro della propaganda fascista ma anche virtuoso dei cambiamenti di casacca).

Il punto, più comico che drammatico, è che il vero motore delle riforme del governo Renzi sono proprio i sondaggi. Anzi, i sondaggi aggiunti alle proiezioni che vengono fatte sul comportamento degli elettori a medio-lungo termine. In poche parole, una cattedrale di ipotesi che può crollare alla prima ventata di mondo reale. Il problema viene fuori, in modo appunto comico, quando queste ipotesi diventano leggi elettorali. Ovvero norme che hanno effetto sulla realtà ma che sono originate da ipotesi campate in aria. Guardiamo infatti alla legge elettorale recentemente approvata, quella che viene chiamata Italicum. In un tripudio di tweet dove Renzi ha proclamato, al colto e all’inclita, che lui ha dato all’Italia una legge elettorale in un paese che attendeva riforme da anni. Affermazioni, come al solito, non vere, perché se c’è stata una legge che è stata modificata, dai primissimi anni ’90 in poi, è proprio quella elettorale. Oggetto di diversi referendum, tra cui due che hanno modificato l’impianto legislativo perché è passata l’abrograzione di alcuni passaggi di legge, e di due riforme specifiche. La legge Mattarella (ribatezzata dai giornalisti Mattarellum) e la legge Calderoli (prosaicamente definita “porcata” dal suo stesso ideatore e per questo passata ai posteri, e su tutti i giornali, come Porcellum). È anche vero che Renzi è stato costretto a mettere mano alla legge elettorale a causa di specifico intervento della Consulta. Ma andiamo a vedere la sostanza del provvedimento.

Si tratta di una legge elettorale chiaramente avente come modello la fotografia di tre fenomeni: la vittoria elettorale del Pd alle europee del 2014, il rapporto di forza con alcuni alleati di oggi (ai quali è stata assicurata una soglia di eleggibilità bassa come una sorta di polizza di assicurazione), uno studio sulle tendenze dell’elettorato basato sui modelli del passato, sui sondaggi e sulle previsioni basate sui sondaggi. Infatti, se l’Italia del 2014 fosse andata a votare alle politiche, e con l’Italicum, il Pd avrebbe potuto fare veramente banco regio. Quasi due terzi di parlamentari ottenuti con due quinti dei voti. Una trasformazione di argento in oro zecchino garantita anche da un eventuale doppio turno, in caso di mancato raggiungimento del quaranta per cento da parte del Pd, nel quale Renzi avrebbe vinto, sondaggi alla mano, contro qualsiasi avversario. E così l’Italicum è stato approvato. I mesi passano, i sondaggi passano, il mondo esterno fa capolino ed ecco che gli stessi sondaggi cominciano a dire altro. Ovvero che, sempre secondo i trend vigenti, il Pd ha perso da una decina ad una dozzina di punti nei sondaggi, che il secondo turno elettorale sarebbe certo. E anche, peggio ancora, che Renzi rischierebbe di perdere le elezioni. A poche settimane dall’approvazione della legge elettorale, fatto questo mai visto prima d’ora grazie a Renzi, ripartono quindi le trattative per modificarla di nuovo. Magari includendo le coalizioni, che potrebbero favorire di nuovo Renzi mentre i 5 Stelle le rifiutano, e riprendendo un dialogo politico (quello aziendale, vedi vicenda Rai, non è mai stato interrotto) con Berlusconi. Viene da dire che se c’è un potere forte in Italia è quello dei sondaggi. Nonostante che i big data li stiano mettendo in discussione. Ma quello è il domani e si vedrà.

Terry Mc Dermott

Pubblicato sul numero 107 (settembre 2015) dell'edizione cartacea di Senza Soste


Fonte

Nessun commento:

Posta un commento