di Michele Giorgio – il Manifesto
Si può essere “leali”
ad uno Stato che occupa illegalmente il territorio in cui vivi?
L’interrogativo è riemerso due giorni fa quando la Knesset ha
approvato una legge che consente al ministro degli interni israeliano di
revocare lo status di residente ai palestinesi di Gerusalemme Est
responsabili o complici di «attività terroristiche o anti-israeliane».
Revoca che equivale all’espulsione poiché già ora una disposizione
ministeriale prevede la deportazione quasi immediata di coloro ai quali è
stata ritirata la residenza. Israele considera Gerusalemme la sua
capitale e applica le sue leggi anche sulla zona Est, palestinese, che
ha occupato nel 1967. L’approvazione della legge è coincisa con
il viaggio di Benyamin Netanyahu negli Usa dove il premier israeliano ha
strappato la presenza, quasi certa, di Donald Trump alla cerimonia di
apertura dell’ambasciata Usa a Gerusalemme il prossimo 14
maggio, un passo conseguente al riconoscimento della città come capitale
di Israele fatto dal presidente americano tre mesi fa. Il New York
Times ha rivelato che il terreno sul quale sorgerà la rappresentanza
diplomatica americana ricade nella zona occupata. «È un territorio
occupato – ha protestato Ashraf Khatib a nome dell’Organizzazione per la
liberazione della Palestina – lo status di quel territorio sarà deciso
dal negoziato finale».
La legge appena approvata prevede la revoca della residenza
al palestinese che «mette in pericolo la sicurezza pubblica o tradisce
lo Stato» e si applica a tutti i residenti a Gerusalemme Est,
quelli giunti da poco o quelli vi abitano da lungo tempo. Ed è stata
redatta dopo che l’Alta Corte di Giustizia l’anno scorso annullò il
ritiro, più di dieci anni fa, della residenza a quattro abitanti di
Gerusalemme est: tre parlamentari del movimento islamico Hamas Mohammed
Abu Tier, Ahmad Attoun e Muhammad Totah e l’ex ministro per Gerusalemme
Khaled Abu Arafeh. Tutti furono accusati di «slealtà» nei confronti
dello Stato di Israele. Ora sarà istituito un comitato consultivo al
ministero dell’interno che valuterà la «fedeltà» dei palestinesi,
tenendo conto della loro partecipazione ad attività “terroristiche”. In
Israele è considerato terrorismo anche il lancio di pietre.
Il governo e l’opinione pubblica applaudono alla nuova legge.
Al contrario il deputato comunista Dov Khenin, della Lista unita araba,
la descrive come «pericolosa». I palestinesi di Gerusalemme Est, spiega
Khenin, «vivono lì non perché hanno scelto di essere israeliani ma
perché è la loro casa. Questa legge vuole imporre un obbligo di fedeltà
tra loro e lo Stato di Israele che non ha alcuna logica».
Intanto proseguono le proteste palestinesi per il raid
compiuto due giorni fa nel campus dell’università di Bir Zeit da una
unità sotto copertura dell’esercito israeliano.
Fingendosi dei manovali, gli agenti israeliani hanno bloccato Omar al
Kiswani, un leader del consiglio studentesco. Poi si sono allontanati
puntando le loro pistole contro i presenti, tra scene di panico e le
urla degli studenti. Un’azione in stile Fauda (caos), la serie tv
israeliana sulle unità speciali dei servizi di sicurezza che operano in
Cisgiordania e che riscuote un enorme successo nel Paese. Nella fiction e
come nella realtà le vittime sono sempre i palestinesi.
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