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09/06/2018

Gaza. Venerdì del “milione per Gerusalemme”, gli israeliani sparano e uccidono

Tensione molto alta al confine tra Israele e la Striscia di Gaza: intervistato dal The Times of Israel, un ufficiale israeliano del Comando meridionale ha detto che oggi pomeriggio l’esercito di Tel Aviv dovrà fronteggiare proteste palestinesi violente simili a quelle del 14 maggio scorso quando sono stati uccisi 60 gazawi. L’esercito, ha spiegato la fonte anonima, sta lavorando in queste ore per limitare il numero delle vittime palestinesi, ma ha accusato il movimento islamico Hamas per aver alzato i toni dello scontro. “Non sarei sorpreso se domani [oggi, ndr] ci saranno 40 morti, ma io ne voglio zero a differenza di Hamas che ne vuole di più".

Tel Aviv si aspettava già proteste massicce di gazawi tre giorni fa in occasione del 51esimo anniversario della Naksa (“ricaduta” in arabo”), ovvero della sconfitta patita dai palestinesi durante la Guerra israeliana dei sei giorni del 1967. Tuttavia alla fine Hamas, sostiene l’esercito, ha preferito rimandare le manifestazioni ad oggi in occasione dell’ultimo venerdì di Ramadan e in concomitanza con il “Giorno di Gerusalemme” in Iran.

Tel Aviv, a detta dei suoi comandanti militari, vuole evitare qualunque bagno di sangue. Ieri l’aviazione ha lanciato diversi volantini nella Striscia “avvertendo” la popolazione a non avvicinarsi alla “recinzione di sicurezza” posta al confine tra lo stretto lembo di terra palestinese e Israele. Una recinzione “anti-infiltrazione” che è stata rafforzata in questi giorni da altri chilometri di filo spinato e dall’invio di ulteriori soldati.

La fonte intervistata dal Times of Israel ha detto che l’esercito considera la giornata di oggi particolarmente carica di tensione per diversi fattori: “l’istigazione alla violenza promossa sui social media palestinesi, i discorsi fatti nelle moschee, i preparativi sul terreno e le comunicazioni interne ad Hamas”. L’ufficiale ha poi aggiunto che le truppe al confine sono pronte “ad usare mezzi meno letali e ad un minor uso di pallottole” precisando, però, che, in caso di infiltrazioni palestinesi in territorio israeliano, l’esercito farà ricorso ad una “forza più letale” perché il suo obiettivo è quello di proteggere i cittadini israeliani. L’ufficiale non ha usato giri di parole: “Se 500 persone sfondano la recinzione, dovrò uccidere molte persone per tutelare [i residenti del kibbutz di] Nahal Oz”.

Il clima è infuocato da tempo nella stretta e assediata enclave palestinese. Precisamente dal 30 marzo scorso quando i gazawi hanno iniziato le “marce del ritorno” lungo il confine con lo stato israeliano. Proteste duramente represse dall’esercito israeliano: finora sono stati uccisi 120 palestinesi e feriti più di 13.000. 

Tel Aviv, ha spiegato l’ufficiale, ritiene che 30 o 40 dei gazawi morti erano combattenti che Israele ha voluto deliberatamente uccidere perché rappresentavano un pericolo per la sicurezza dello “stato ebraico”, mentre i restanti due terzi o tre quarti erano persone che l’esercito ha provato solo a ferire o che non era affatto intenzionato a colpire (tra le vittime e i feriti si sono registrati numerosi giovani, personale medico e giornalisti). Secondo Tel Aviv la presenza di combattenti tra le vittime – in parte rivendicata anche da Hamas e Jihad Islamica, soprattutto dopo la mattanza israeliana dello scorso 14 maggio – mostra come le manifestazioni non siano affatto pacifiche e siano nate non per iniziativa della società gazawi disperata per le condizioni di vita, ma dagli sporchi calcoli politici dei “gruppi terroristici” palestinesi, specificatamente di Hamas che governa l’enclave.

La scorsa settimana la tensione è stata altissima quando, dopo l’uccisione da parte israeliana di 3 membri della Jihad islamica, sono stati lanciati da Gaza in circa 22 ore numerosi razzi verso le cittadine israeliane al confine (non hanno provocato alcun ferito). La risposta dell’aviazione israeliana è stata immediata: secondo fonti di Tel Aviv, sono stati colpiti 65 obiettivi di Hamas e Jihad islamica.

Israele ritiene che il principale gruppo islamista della Striscia non sia interessato alla guerra. Tuttavia, un nuovo conflitto, ha spiegato l’ufficiale israeliano al Times of Israel, potrebbe divampare nel caso in cui un attacco palestinese compiuto lungo il confine portasse all’uccisione di alcuni soldati israeliani, o in seguito ad un nuovo massiccio lancio di razzi verso Israele. Una terza ipotesi potrebbe essere un attacco israeliano sanguinoso contro civili palestinesi che porterebbe Hamas e altri “gruppi terroristici” a reagire attaccando.

In un articolo pubblicato sul portale Middle East Eye, il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, ha detto che i palestinesi continueranno “a bussare sulle porte di questa enorme prigione [la Striscia di Gaza, ndr] finché non riusciremo ad abbattere le sue mura”. Haniyeh ha poi spiegato che se i palestinesi non possono ottenere con mezzi pacifici il loro “diritto all’indipendenza e ad una vita onorevole”, allora “è nostro diritto resistere all’occupazione [israeliana] attraverso tutti gli altri strumenti possibili, anche con la resistenza armata”. Il leader islamista ha poi osservato che se nessun israeliano è rimasto ferito nel corso delle “proteste del ritorno”, questo vuole dire che le manifestazioni sono state non violente a differenza di quanto afferma Tel Aviv.

Israele, chiaramente, è di tutt’altro avviso. Anzi, ha denunciato questa settimana l’uso degli aquiloni incendiari inviati dai palestinesi verso il territorio israeliano e che avrebbero bruciato almeno 18.000 dunam di terra (per lo più parchi naturali e riserve). Proprio sul tema degli aquiloni incendiari, questa settimana il ministro israeliano della Pubblica sicurezza, Gilad Erdan aveva detto che i palestinesi che li lanciano dovrebbero essere assassinati. Erdan, del partito Likud come il premier Netanyahu, è stato esplicito: “il terrore degli aquiloni è molto serio e chiunque li manda [verso di noi] dovrebbe temere per la sua vita. Dobbiamo ritornare [a compiere] assassini preventivi. I comandanti di Hamas ne devono essere obiettivo”.

Ieri, intanto, momenti di tensione si sono registrati a Gerusalemme quando la polizia israeliana ha lanciato granate stordenti sulla Spianata delle Moschee contro alcuni fedeli palestinesi. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, 87 coloni israeliani di estrema destra avrebbero fatto “irruzione” (“visita” è il termine che invece utilizza la stampa israeliana, soprattutto di destra) nella Spianata protetti dai soldati. Una provocazione inaccettabile per i palestinesi che avrebbero quindi protestato contro la presenza sgradita. Da lì i momenti di tensioni con le forze di sicurezza israeliane che hanno portato all’arresto di due palestinesi. 

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