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04/06/2018

La strana hit parade dei governi reazionari...

Non avevamo fatto in tempo ad anticiparla che, puntualmente, è arrivata la dichiarazione del segretario del Prc che definisce il neonato governo pentaleghista come quello più a destra della storia. Se quello presieduto da Conte è il peggiore di sempre, ci chiediamo allora dove vadano collocati, in questa speciale hit parade, i governi anticomunisti di Scelba e Tambroni e degli operai ammazzati nelle piazze. Oppure quelli che preparavano i golpe e commissionavano le stragi ai servizi e ai fascisti. O ancora i governi delle leggi speciali, degli arresti di massa e dei compagni giustiziati a sangue freddo dai carabinieri di Dalla Chiesa. Oppure quelli della macelleria sociale e della distruzione del welfare, dell’attacco al salario, della precarizzazione del lavoro e delle guerre umanitarie in Iraq e Jugoslavia. O, per finire, quello che ha introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione sterilizzandone così tutti gli articoli che tutelavano l’equità sociale. E’ davvero difficile riuscire a fare una classifica nella lunga scia di sangue e sacrifici che ha scadenzato la lotta di classe in questo paese nel dopoguerra, ma almeno per adesso il governo nato ieri non si è ancora conquistato il primo posto.

Quello che più ci preme, però, non è fare sterili polemiche storiografiche, quanto piuttosto rimarcare come questo approccio, non solo sia inutile, ma, alla lunga, possa rivelarsi addirittura controproducente. Strillare “al lupo al lupo” può rincuorare i nostri, convincerli che restiamo dalla parte giusta della storia, ma non sposta di una virgola un quadro politico in cui il vento del senso comune soffia da tempo in direzione opposta alla nostra rotta. Occorre prenderne atto ed elaborare una linea di condotta adeguata alla situazione. Non è dunque questo il piano su cui va costruita l’opposizione al governo di Di Maio e Salvini, anche perché, sia detto per inciso, rischieremmo di trovarci dei compagni di strada ancora peggiori dei due, come il Pd di Renzi e Martina che proprio ieri è sceso in piazza per “difendere la Costituzione” che solo un anno fa voleva affossare. Occorre invece incalzarli sugli elementi apparentemente “progressivi” che pure sono contenuti nel cosiddetto contratto di governo, far esplodere le contraddizioni della loro impraticabilità all’interno dell’architettura economica sancita dai trattati europei, non permettendogli di cavarsela a buon mercato con la xenofobia, il giustizialismo e il ricorso alla guerra tra poveri. Probabilmente non ci vorrà molto perchè questi nodi vengano al pettine: in autunno il passaggio della Legge di Stabilità ed il suo vaglio da parte della Ue saranno un primo banco di prova. Allo stesso tempo occorrerà ingaggiare finalmente una battaglia (che, non illudiamoci, sarà lunga e faticosa) per l’egemonia su quei settori di classe che oggi ripongono nel populismo le loro aspirazioni. Fare di ogni erba un “fascioleghista”, ammassare tutto in un indistinto magma razzistoide tendente al nero, significa invece regalare ai populisti interi pezzi di società ed alienarsi la possibilità di ricostruire con questi ultimi ogni canale di comunicazione.

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