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01/11/2019

Ucraina: scontri interni su come non far finire la guerra in Donbass

Le forze ucraine continuano a bombardare il Donbass. A un mese esatto dall’accordo raggiunto a Minsk dai rappresentanti di DNR, LNR, Ucraina, Russia e OSCE, sulla “formula Steinmeier”, come condizione per il proseguimento del “formato Normandia” e che prevedeva, come primo passo, la separazione di mezzi e forze militari nelle aree pilota di Petrovskoe e Zolotoe, mortai e artiglierie pesanti continuano a martellare i villaggi più a ridosso della linea del fronte.

Ancora ieri Leninskoe, Belaja Kamenka, Kulikovo, Petrovskoe, Sakhanka, Zajtsevo, Staromikhajlovka, Spartak, Avdeevka, Jasinovataja, l’area dell’aeroporto di Donetsk, sono stati bersagliati da mortai, lanciagranate, mitragliatrici pesanti.

Solo il 29 ottobre, le forze ucraine hanno infine esploso i razzi di segnalazione convenuti, per l’inizio dell’arretramento delle forze nell’area di Zolotoe, che la “formula Steinmeier” prevedeva per il 7 ottobre. Il Ministro degli esteri ucraino Vadim Pristajko aveva dichiarato che, dopo Zolotoe, sarà la volta di Petrovskoe; ieri, Vladimir Zelenskij, nel corso dell’incontro a Kiev con il Segretario generale NATO, Jens Stoltenberg, ha detto che ciò avverrà il 4 novembre.

Intanto, però, già il 30 ottobre, reparti della 14° Brigata meccanizzata ucraina avevano intensificato i tiri nell’area di Želobok, dove un miliziano della LNR è rimasto ucciso. Lo stesso giorno, le forze di Kiev hanno abbattuto un drone da osservazione del OSCE; lo hanno fatto, ha dichiarato l’addetto stampa delle milizie della LNR, Ivan Filiponenko, per impedire agli osservatori di rilevare i mezzi militari dislocati in violazione degli accordi di Minsk.

Durante l’incontro a Budapest con Viktor Orban, Vladimir Putin ha detto che la questione fondamentale è vedere se Zelenskij riuscirà a concretizzare quanto annunciato, vale a dire l’arretramento delle forze lungo la linea di contatto”. Al momento, l’ostacolo diretto sembra costituito dalle forze nazionaliste e dai reparti neonazisti, che possono influire sulle mosse delle truppe. I “nazionalisti non vogliono andarsene dal Donbass” ha detto Putin, “e non vogliono che le truppe ucraine lascino l’area. Non so se le autorità ucraine possano giungere a una soluzione, ma molte cose dipendono davvero da ciò”.

In effetti, si infittiscono le segnalazioni da parte delle milizie popolari, su scontri armati tra truppe regolari ucraine e reparti nazisti, proprio nelle aree in cui sono previsti gli arretramenti di mezzi e uomini. Il “führer” del “Corpo nazionale”, Andrej Biletskij, ha apertamente dichiarato che i veterani di “Azov” non lasceranno Zolotoe e non obbediranno agli ordini dei Comandi militari ucraini.

Una situazione che, a parere di alcuni osservatori sentiti da news-front.info, sarebbe ulteriormente alimentata dai giochi di potere del ministro degli interni Arsen Avakov (sponsor del “Corpo nazionale”), a braccetto con quello che, alle presidenziali dello scorso aprile, era stato il “padrino politico” di Zelenskij, cioè il magnate Igor Kolomojskij, che in quel voto cercava sicuramente la sconfitta del rivale politico-affaristico Petro Porošenko.

Secondo il politologo Andrej Zolotarëv, Avakov, rimasto in carica anche con la nuova presidenza, starebbe conducendo un gioco per niente originale: si servirebbe dei gruppi nazionalisti e nazisti per creare un grosso problema a Zelenskij e venderne poi cara la “soluzione”. Avakov ha bisogno di avere, come vari vice, uomini propri, e che la Guardia nazionale (il corpo in cui sono stati “istituzionalizzati” molti ex di “Pravyj Sektor”) rimanga alle dipendenze del suo Ministero, che protegge anche i nazisti di “Azov”. Ministero della difesa a parte, infatti, il dicastero di Avakov controlla praticamente tutte le strutture “di forza” e costituisce per questo un perno di cui la nuova presidenza deve tener conto.

È in questo quadro, che ieri Zelenskij si è incontrato a Kiev con Jens Stoltenberg; lo ha fatto, con il cappello in mano, sperando, secondo quanto scrive rusvesna.su, sulla “accelerazione del processo di integrazione delle forze ucraine con quelle dell’Alleanza” e su una correzione “dell’adesione ucraina al programma di allargamento della NATO” avrebbe detto Zelenskij, aggiungendo che Kiev è “interessata a rafforzare la cooperazione per il ripristino di stabilità e sicurezza nella regione del mar Nero”.

Proprio quello per cui Stoltenberg era venuto a Kiev. Già alla vigilia, infatti, al vertice NATO a Odessa, il Segretario NATO aveva annunciato una “nuova iniziativa”, per “coordinare e combinare i formati di lavoro”. Più che di ingresso formale nell’Alleanza atlantica – l’Ucraina ne è già membro di fatto – Stoltenberg aveva parlato di “una partnership a lungo termine con l’Ucraina, che aggiorniamo regolarmente; abbiamo programmi annuali, abbiamo un pacchetto complessivo di assistenza e abbiamo una Commissione Ucraina-NATO, che è uno strumento importante”.

Tant’è che in questi giorni, proprio nel porto di Odessa, sono attraccati quattro cacciamine NATO, tra cui anche uno italico della classe “Lerici”; un segnale, questo, ha detto Stoltenberg, di “sostegno all’Ucraina”: “La presenza di quattro vascelli NATO è un’altra conferma dell’importanza di questa regione per l’alleanza e dimostra anche il nostro appoggio all’Ucraina”.

L’unico soggetto della cui opinione Stoltenberg ha assicurato di fregarsene, a proposito dell’ingresso dell’Ucraina nella NATO, è Mosca. “È questa una decisione” ha dichiarato Stoltenberg, “che deve esser presa dall’Ucraina e dai 29 membri dell’alleanza. Nessun altro ha diritto a intromettervisi. La Russia non ha diritto di voto. Essi non hanno basi giuridiche o reali per godere di una qualche influenza in tale decisione”.

Stoltenberg ha anche assicurato che, prima o poi, – sembra, più poi che prima: esperti parlano di molti anni – “l’Ucraina diverrà membro dell’Alleanza”, dato che “rimane valida” la decisione assunta nel 2008 a Bucarest e per cui i golpisti di Kiev nel 2016 avevano apportato le relative correzioni alla Costituzione, buttando a mare lo status di paese “fuori dei blocchi”.

Fintanto che Zelenskij garantirà tale linea di Kiev, “consiglieri” e istruttori militari NATO potranno assicurargli anche il sostegno nelle lotte interne contro gli “eccessi” dei nazisti, divenuti, a quanto pare, abbastanza ingombranti anche per Washington.

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