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13/02/2012

La strana crisi del gas

C'è qualcosa che non torna in questa crisi del gas che così come fulmineamente è apparsa altrettanto fulmineamente è scomparsa dall'attenzione dei media. Per capirci qualcosa occorre fare un po' di chiarezza in modo da liberarsi della vischiosa disinformazione elargita dai media.
Primo elemento da tener presente per inquadrare correttamente la strana crisi: nel 2011 l'Italia ha consumato 77,8 miliardi di mc di gas, in gran parte importati. Le potenzialità di produzione/importazione sono però abbondantemente superiori: si parla di circa 120 miliardi di mc. Per capire la situazione bisogna dire che dal 2008 a causa della crisi economica i consumi si sono fortemente contratti: nel 2011 si sono consumati 10 miliardi di mc in meno rispetto al 2003! Quindi abbiamo un primo dato: di gas in Italia ce n'è in abbondanza, tanto che molti hanno accolto con favore la recente crisi libica che aveva stoppato per qualche mese il gas che doveva arrivare da Tripoli. 
Andiamo avanti: secondo elemento. Il gas consumato in Italia viene utilizzato per gli usi domestici e per il terziario (circa 34 miliardi di mc nel 2011), per l'industria (14 miliardi di mc) e per la produzione di energia elettrica (29 miliardi di mc). Questo vuol dire che il 40% del gas viene utilizzato per le centrali termoelettriche tanto che oggi più di metà dell'elettricità italiana deriva da questa fonte fossile che ha soppiantato il petrolio. Le riconversione a metano -turbogas- è stato il principale risultato della grande campagna padronale dei primi anni 2000, quella dei black out, della paura del buio e del freddo.
Terzo elemento da evidenziare: la riconversione di questi ultimi anni, nata dalle emergenze black out, ha fatto si che l'Italia abbia una enorme sovracapacità elettrica visto che a fronte di un picco massimo storico di 55 GW consumati c'è una capacità di produzione quasi doppia, 105 GW (una curiosità: mentre scrivo queste note, sabato 11 febbraio, il sito del GSE riporta un consumo elettrico di 39 GW). Questi tre elementi fondamentali fanno da quadro agli avvenimenti dei giorni scorsi.
Le cause della crisi sono state il freddo eccezionale che ha colpito tutta l'Europa ma anche le prossime elezioni in Russia: il freddo che con due ondate succedutesi a breve distanza l'una dall'altra ha costretto ad un consumo notevole di gas per riscaldamento, e le elezioni perché Putin è in gravi difficoltà e non può permettersi di perdere altro consenso lasciando al freddo i suoi potenziali elettori.
Però c'è da domandarsi come sia possibile che in una situazione di sovrabbondanza di gas si sia arrivati a minacciare gli italiani con la paura del grande gelo. In effetti il sistema energetico italiano, fondato in gran parte sul gas, è rigido e per questa sua rigidità si trova in difficoltà a rispondere a picchi eccezionali di richiesta, come quelli di questi giorni. Anche confermando questa demenziale scelta del "tutto gas" il problema sarebbe comunque risolvibile realizzando nuovi siti di stoccaggio, in cui immettere gas nei periodi estivi per pomparlo nei momenti di necessità. Per questioni di egemonia nel mercato interno l'ENI, che controlla SNAM che controlla STOGIT, cioè il proprietario del 95% degli stoccaggi, è però restia a fare questo potenziamento ed altre società non sembrano avere la convenienza a realizzare nuovi siti.
Il ridicolo di tutta la vicenda è che la soluzione che viene proposta da una assordante campagna disinformativa è quella di costruire nuovi gasdotti ma soprattutto nuovi rigassificatori che dovrebbero garantire la diversificazione delle fonti e la possibilità di ricorrere nei momenti di scarsità di offerta al mercato spot, quello non vincolato ai contratti a lunga scadenza. Si tratta di una evidente stupidaggine che però viene ripetuta con incredibile insistenza perché attorno ai rigassificatori girano tantissimi soldi, specie quelli pubblici che alla faccia della crisi economica globale non mancano mai quando c'è da finanziare le grandi multinazionali dell'energia. Meraviglia, ma fino ad un certo punto, che i rigassificatori siano chiesti con forza anche da certo ambientalismo moderato, come il direttore del Kyoto Club Silvestrini (ed ex consigliere di Bersani quando era ministro dello sviluppo economico), o il capo degli Ecodem (ecologisti del PD) Vigni.
Ma perché è una stupidaggine sostenere che la realizzazione di nuovi rigassificatori potrà risolvere le crisi da picco di richiesta? Per almeno due motivi. Innanzitutto perché anche Rovigo e Panigaglia, i due rigassificatori attualmente in funzione, nel momento della crisi erano costretti dal maltempo a funzionare al 20% delle loro potenzialità. È facile capire che in una situazione eccezionale come quella dei giorni scorsi anche altri rigassificatori avrebbero avuto gli stessi problemi.
Ma si tratta di una stupidaggine soprattutto perché è inconcepibile che una società possa avventurarsi in un progetto che richiede un investimento di almeno 500 milioni di euro senza avere alle spalle un contratto sicuro con i paesi che hanno capacità di liquefazione. Rovigo, tanto per saperlo, non si rivolge al mercato spot bensì ha concluso un accordo pluriennale con il Qatar. Lo stesso discorso vale per Panigaglia, di proprietà ENI, che lavora con Algeria e Francia.  Ancora più stupido è sostenere che i rigassificatori potrebbero comunque rivolgersi al mercato spot nel momento del picco. Infatti proprio gli avvenimenti di questi giorni hanno dimostrato che quando c'è maggiore richiesta il mercato spot è sottoposto a vertiginosi aumenti di prezzo ma anche a carenze di offerta.
Questi furbacchioni al servizio delle multinazionali, o utili idioti fate voi, non si pongono il problema di cosa se ne farebbe il paese di altri 4 o 5 rigassificatori con 25/30 miliardi di mc di gas che si andrebbe ad aggiungere all'attuale sovracapacità che rimarrebbe tale anche in caso di ipotetica ripresa economica e quindi dei consumi. A meno che la risposta non sia quella che ci dà il Corriere della Sera del 7 febbraio: costruire i rigassificatori e addebitare i loro costi sulle bollette "una spesa che in consumatori accetterebbero di sostenere". In realtà nuovi rigassificatori e nuovi gasdotti servirebbero a fare dell'Italia l'hub -il centro di raccolta e smistamento- del gas destinato al centro-nord Europa.
Ecco, forse siamo arrivati alla vera ragione che sta dietro la strana crisi del gas dei giorni scorsi. L’enfasi, davvero eccessiva, che governo, Confindustria e media hanno dato alla crisi del gas si spiega con la scelta di fare ancora una volta dell’emergenza il volano delle loro “svolte” energetiche. Come ai tempi del black out si volevano imporre una valanga di nuovi impianti a gas ora si cerca di creare l'emergenza che terrorizzi la gente per riuscire a vincere le resistenze e costruire nuove infrastrutture, devastare il territorio e il mare con cemento e tubi.
Dobbiamo contrastare i progetti delle multinazionali ribadendo che il gas è un combustibile fossile inquinante e che i rigassificatori sono inutili, inquinanti e pericolosi. Dobbiamo soprattutto ribadire che la transizione alle fonti rinnovabili non si fa con il gas (come dicono gli ambientalisti del PD), che ci lega come il petrolio, come il carbone, come il nucleare a scelte centralizzate e autoritarie ma con scelte chiare per il solare nelle sue varie applicazioni, per l'eolico, per lo sfruttamento delle maree, della geotermia e dell'idroelettrico rispettosi dell'ambiente e capaci di favorire lo sviluppo di una società autogestita a misura di uomo e dell'ambiente.  Rinnovabili e efficienza energetica, ecco i due grandi giacimenti che dobbiamo sfruttare a fondo.

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