Abbiamo posto all’autore alcune domande.
Nel
tuo libro hai denunciato la mistificazione dei fatti successi in Libia.
La propaganda dei mezzi di informazione, a partire da Al Jazeera
–televisione controllata dall’emiro del Qatar – riuscì a capovolgere la
verità, presentando la reazione del governo legittimo di Gheddafi contro
gli attacchi armati dei gruppi di Bengasi come una aggressione al
popolo libico e inventando di sana pianta “fosse comuni con 10.000
morti” rivelatesi poi completamente false. Per uno scrittore come te, ma
anche per la gente normale che guarda la tv ma che ama la verità, che
insegnamenti possiamo trarre da questa vicenda?
L’insegnamento
è che a livello mediatico si può costruire qualsiasi tipo di percezione
della realtà, in particolare la “costruzione” delle vicende belliche.
Nel caso libico come in tante altre occasioni precedenti e anche
presenti – ad esempio la Siria – si può capovolgere la realtà dei fatti e
costruirne una per gli interessi geostrategici, politici, economici
della grande potenza USA e dei suoi vassalli, quelli europei come quelli
del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Arabia saudita, Qatar, Kuwait,
Bahrein, Emirati arabi uniti, Oman). Ciò è avvenuto prima contro la
Libia, oggi contro la Siria e un’operazione analoga è in vista contro
l’Iran.
Si tratta di spaccare la
Siria come la Libia sulla base di linee etnico-religiose. In altre
parole, si cerca di disarticolare un grande stato unitario per creare
frammenti in guerra gli uni contro gli altri.
Quella
in Siria è una operazione molto simile a quella fatta contro la Libia.
Ci sono sul campo molti uomini che hanno installato l’attuale potere in
Libia, come Abdel Akim Belhadi, comandante militare di Tripoli, con
alcune migliaia di miliziani libici attualmente operanti tra il nord
della Turchia e la Siria che lanciano attacchi contro l’esercito
siriano. Ma di ciò , purtroppo , l’opinione pubblica è tenuta
completamente all’oscuro .
Lo
scenario apocalittico viene inscenato ora per la Siria dalle stesse TV,
Al Jazeera e Al Arabiya in prima linea, poi dalla CNN e via via da tutti
i mezzi d’informazione occidentali . Insomma , tutti i grandi media
ripetono più o meno la stessa filastrocca sui ribelli che vogliono la
democrazia e il regime cattivo che bombarda tutti….
Qualche
giornalista si dissociò dall’operazione di mistificazione intuendo che
questa era funzionale all’aggressione alla Libia. Cosa è rimasto di
questo dissenso? Sono state prese misure nei confronti dei mezzi di
informazione che divulgarono notizie false, o tutto è andato nel
dimenticatoio? Qualcuno, nel mondo dell’informazione e tra le forze
democratiche che pure esistono nel cosiddetto Occidente, ha pensato a un
qualche strumento che ci permetta in futuro di non trovarci disarmati
di fronte a nuove campagne di falsificazione che poi favoriscano nuove
guerre?
Purtroppo si è fatto
molto poco in questo senso . Nei media ufficiali, che informano la
maggioranza della popolazione, la linea è sempre la stessa, non c’è
nessuna inversione di tendenza.
Le
uniche informazioni che , al momento , garantiscono un maggiore livello
di affidabilità , si trovano soprattutto in rete . Esistono una serie di
siti e blog , in inglese ma anche in italiano, dove circolano
informazioni ben documentate , serie e affidabili , ma i grandi media
continuano sulla stessa linea – ed è molto poco probabile che
nell’immediato futuro si comportino diversamente – perché sanno che il
cittadino medio tende a prendere per buone le notizie che gli vengono
continuamente scodellate lungo tutto l’arco della giornata .
L’Italia
, che è un paese a sovranità molto limitata e alla mercé delle grandi
potenze – soprattutto gli USA, ma anche di Francia e Gran Bretagna – , è
una foglia al vento che non riesce più a tutelare minimamente i propri
interessi strategici . In Libia , a causa della guerra , è venuto a
mancare un rapporto molto importante per quanto riguarda
l’approvvigionamento energetico, ma nonostante questo il ministro degli
esteri Giulio Terzi ha varato in questi giorni un embargo contro l’Iran,
voluto in primo luogo da USA e Israele , che riduce ulteriormente le
risorse del nostro fabbisogno petrolifero . Tutto questo dopo che la
quota di partecipazione dell’ENI nella costruzione del gasdotto
Southstream – insieme a Gazprom – è scesa dal 50 al 20% e il progetto
rallenta. E’ una situazione che pone problemi molto seri che attiene la
fornitura energetica del paese e che in ultima istanza incide e inciderà
in misura sempre crescente su tutto il sistema della produzione
nazionale.
Un fatto che
lasciò sconcertati fu che paesi con diritto di veto nel Consiglio di
Sicurezza all’ONU, Russia e Cina – gli altri tre, USA Francia e Gran
Bretagna, sostenevano l’intervento militare – non usarono questo diritto
in modo da inviare sul campo una commissione che verificasse i fatti.
In particolare il governo di Putin, che aveva avviato vari piani di
collaborazione anche in campo petrolifero con la Libia, non fece quanto
avrebbe potuto per impedire l’aggressione. Come te lo spieghi?
E’
difficile darsi una spiegazione precisa : forse non prevedevano quanto
in seguito sarebbe avvenuto. La lettera della risoluzione del Consiglio
di Sicurezza riguardava una “no-fly zone”; da lì a bombardare il paese e
cambiarne il regime ce ne passa . Probabilmente non si aspettavano che
lo scenario precipitasse così rapidamente o magari auspicavano un esito
diverso (forse addirittura una maggiore resistenza). Un intervento così
diretto, massiccio, immediato e brutale forse non era prevedibile da
parte di chi si riempie continuamente la bocca di legalità
internazionale.
La Russia ne esce
comunque molto danneggiata, dato che stava sfruttando grossi giacimenti
assieme all’ENI nel Fezzan . La Cina ,a sua volta , aveva 20 mila
lavoratori in Libia che sono stati tutti evacuati appena è scoppiata la
guerra ; non solo, l’Africom – il comando USA per l’Africa che sinora
era basato in Germania – cercherà di espellere o almeno arginare la
penetrazione cinese in un continente strategico per materie prime e
risorse in generale , così come cercherà di creare una propria sfera
d’influenza in Africa in cui la NATO non era finora riuscita a penetrare
.
Nel tuo libro citi il
punto di vista di un ex Capo di stato maggiore dell’Aeronautica italiana
secondo il quale “le operazioni militari italiane, come dimostra la
crisi libica, sono sempre accompagnate da ambiguità e ipocrisia”.
Berlusconi aveva costruito la sua politica estera sull’asse con l’est,
cioè la Russia, e il sud, la Libia, con un ruolo centrale dell’ENI,
nonché con la benevolenza degli USA in cambio di un sostegno italiano in
Afghanistan. A un certo punto, per l’esattezza dopo il 14 dicembre
2010, dopo il voto di sfiducia in cui Fini fu sconfitto, ha
completamente subìto l’azione della Francia, lo scaricamento da parte di
Obama, le decisioni del nostro Capo dello Stato e ha permesso l’attacco
a un paese amico cui ci legava un trattato di amicizia. Perché a tuo
avviso non fu almeno tentata la strada proposta dalla Germania cioè di
non entrare nel conflitto?
Come
forse ricordate , la prima posizione di Berlusconi fu di non
partecipare militarmente all’operazione. Il 22 aprile, venerdì di
Pasqua, venne in Italia John Kerry, presidente della Commissione Esteri
del Senato USA ,a Pasqua ci fu la telefonata con Obama e da lunedì
l’Italia partecipava ufficialmente alle operazioni belliche. Il nostro
paese , come dicevo ,dispone di una scarsissima autonomia nello scenario
internazionale , potendo disporre solo di qualche ristretto margine di
manovra. Un altro punto importante è che senza l’Italia e le sue basi
(Aviano, Grosseto , Sigonella, Trapani Birgi, Amendola ,Pantelleria,
Gioia del Colle , Decimomannu) questa operazione non poteva essere
realizzata . Da marzo a novembre sono state compiute migliaia di
missioni di attacco, quindi l’Italia doveva per forza di cose entrare
nel conflitto anche se l’azione era di fatto tutta contro gli interessi
strategici del nostro paese.
Le
notizie provenienti dalla Libia, dopo l’eliminazione di Gheddafi, sono
piuttosto scarse. Recentemente alcuni quotidiani hanno riferito di
scontri fra le milizie del governo attuale e sostenitori di Gheddafi a
Bani Walid, sede dei Warfalla, la principale tribù arabo-berbera della
Tripolitania. Nel libro ipotizzi – oltre che un governo retto dagli
esponenti della confraternita islamica dei Senussiti, con base in
Cirenaica e da sempre ostili al regime laico instaurato da Gheddafi – un
paese in cui si ritorna alle divisioni tribali, e quindi più facile
preda delle grandi compagnie petrolifere e bancarie dell’Occidente. Come
pensi si stia evolvendo la situazione? E del vescovo Martinelli – che
nelle sue dichiarazioni durante la guerra e anche nell’introduzione al
tuo libro lascia intendere che le cose andarono ben diversamente da come
fu detto dai mezzi di informazione da te definiti “embedded”, schierati
– cosa ne è? Si è mantenuta la pace religiosa che c’era durante il
governo di Gheddafi?
A Tripoli la situazione si è
abbastanza normalizzata; ci sono attacchi di tanto in tanto, qualche
fronteggiamento armato, ma la vita continua. La gente ha bisogno di una
certa normalità dopo tanta distruzione. Nelle altre parti della Libia,
invece, continua il fronteggia mento tra le varie fazioni. Con
l’uccisione di Gheddafi e il crollo del vecchio quadro politico ci si
spara l’uno contro l’altro per garantirsi e possibilmente aumentare una
propria sfera di influenza.
Anche nel
Consiglio Nazionale di Transizione (CNT) ci sono forti conflitti
interni e scontri fra gruppi. Abdel-Hafiz Ghoga, vicepresidente del CNT,
si è dovuto dimettere qualche settimana fa’ a furor di popolo ; prima
della guerra era uno dei più stretti collaboratori di Gheddafi, come del
resto al-Jalil, Jibril, Younis e diversi altri . Tutti i massimi
dirigenti del regime di Gheddafi hanno costituito il CNT, e questo ,
tradotto dal linguaggio paludato dei media , significa una sola cosa: un
colpo di Stato.
Fra le tribù è
saltata la pax gheddafiana perchè il leader rappresentava in qualche
modo una sorta di primus inter pares; è venuto così a mancare
l’equilibrio e tutti cercano ora una sfera di importanza per la propria
tribù , cosa che evidentemente rende molto difficile ricomporre una
parvenza di unità del paese . Ma questo in fondo , è proprio ciò che si
voleva: una guerra – ad alta o bassa intensità – tra le varie componenti
della società, in Libia come già in Iraq, Afghanistan, Somalia: è la
politica del caos che si cerca di fomentare un po’ dovunque come ora si
tenta di rifare in Siria.
Di recente
si è avuta una colluttazione assai forte fra le milizie di Misurata e i
Zintan (tribù a ovest di Tripoli), che tra l’altro sono quelli che
avevano catturato Saif al-Islam.
Martinelli
, in qualità di vescovo di Tripoli , al momento cerca di preservare il
più possibile la componente cattolica. Per ora non ci sono state
ritorsioni ma non è detto che degenerando la situazione non possano
avere luogo; con Gheddafi c’era la convivenza pacifica di ogni culto, ma
ora incombono molte incognite . E’ probabile che la situazione cambi
quando la Shari’a (la legge islamica n.d.r.), che è stata proclamata
dopo la presa del potere da parte dei “ ribelli “ di Bengasi , entrerà a
regime impattando con il tessuto sociopolitico preesistente .
La
Libia prima era un paese laico, una repubblica, come del resto lo è
anche la Siria; è paradossale che queste repubbliche laiche vengano
combattute e monarchie veramente feudali come quelle del Golfo siano
alleate dell’Occidente e “paladini della democrazia”.
La
politica di Gheddafi, che a nostro avviso non teneva in debito conto la
pericolosità della situazione internazionale, conteneva alcuni progetti
importanti, tra cui quello di una moneta unica africana che,
utilizzando i proventi derivanti dal petrolio, avevano l’obiettivo di
uno sviluppo dell’Africa sganciato dal controllo dei paesi occidentali.
La guerra in Libia ha stroncato per il momento questa ipotesi che però è
quella più vicina non solo agli interessi dei popoli arabi e africani
ma anche a quelli dei popoli europei. Una Europa autonoma, in grado di
condurre una politica pacifica di cooperazione con il Continente nero,
significherebbe benessere reciproco per i secoli a venire. Assistiamo
invece a quella che sembra una nuova guerra per l’Africa oltre che per
il controllo del petrolio in Medio Oriente. Il fatto grave è che i
popoli europei, e quello italiano in primo luogo dati i rapporti storici
tra Italia e Libia, pur essendo contrari a questa guerra hanno dovuto
subirla, non solo per le decisioni del governo ma anche perché i partiti
di sinistra l’hanno sostenuta e nello stesso tempo il movimento
pacifista è stato del tutto assente. Le guerre coloniali del secolo
scorso, oltre alle atrocità commesse verso quei popoli, n on produssero
alcun beneficio ai popoli europei, è bene ricordarlo. A
tuo avviso, esistono in Europa forze contrarie a una politica
neocoloniale con cui aprire un discorso, un dibattito che contrasti
questa tendenza?
Con tutta
la buona volontà è difficile al momento vederle . Negli ultimi casi di
guerra non si sono manifestate, mentre si erano viste per l’Iraq e l’ex
Jugoslavia (quando presidente del consiglio era D’Alema). Da un po’
dobbiamo registrare la trasformazione delle sinistre e dei pacifisti nei
maggiori sponsor della guerra e della “esportazione della democrazia”.
Anzi, proprio costoro più di tutti hanno spinto per l’intervento
bellico, tra cui il presidente Napolitano, uomo di punta del vecchio PCI
da sempre molto apprezzato a Washington , così come si è registrato un
coro unanime per l’intervento dal PD alle frange più estreme della
sinistra extraparlamentare .
La
popolazione è frastornata e bombardata da notizie contraddittorie;
d’altra parte la crisi morde, spostando l’attenzione sulle questioni
pratiche della sussistenza quotidiana e le notizie estere vengono
raccontate come un misto di “ rivoluzioni “e avvicinamento alla
democrazia. La ribellione viene presentata da quasi tutti i media come
spinta verso la democrazia, ma in quasi tutti i contesti dove ha avuto
luogo la “Primavera Araba“ si sono registrate addirittura delle
involuzioni violente e reazionarie .
I
media in generale, con giornali di “ sinistra “ come “La repubblica “in
testa, spingono ora per l’intervento militare nello scenario siriano,
forse ancora più nevralgico di quello libico. Ma in questo modo rischia
di saltare tutto il Medio Oriente, con la possibilità che s’inneschi una
guerra mondiale e non solo regionale.
Sulla
Siria c’è un vincolo internazionale che si è manifestato con il voto di
Cina e Russia contro l’intervento nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU ;
la Russia ha una base navale a Tartus, unico sbocco strategico per
quanto riguarda l’accesso dei russi al Mediterraneo. Anche Brasile,
India, Iran, Venezuela potrebbero entrare in campo a favore della Siria
nel caso di un possibile intervento bellico. Se ci fosse un attacco
verrebbe molto probabilmente coinvolto anche l’Iran, che è una potenza
militare tutt’altro che di secondo piano .
La
Russia, al momento, è sottoposta a forti pressioni internazionali per
smussare questa sua posizione di difesa della Siria, ma credo che terrà
duro (forse memore della lezione libica), anche perchè cedere sarebbe
dare mano libera agli USA , Francia , Gran Bretagna, Qatar, Arabia
Saudita e a Israele , che hanno tutto l’interesse affinchè vadano in
pezzi gli scenari consolidati dei suoi antagonisti nello scacchiere
mediorientale. In Siria attualmente vi è già una consistente presenza di
squadre speciali franco-britanniche e qatariote per la fornitura di
armi e supporto logistico e la Russia lo sa benissimo.
Certo
, la guerra è un epilogo possibile che sconvolgerebbe il quadro
geopolitico attuale con sviluppi imprevedibili. Ma vi sono forze in
campo che, nonostante gli effetti devastanti che ciò produrrebbe , pare
stiano facendo di tutto perchè si realizzi una situazione di questo
genere.
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