di Fabrizio Casari
E' stata una
parata militare imponente quella che Vladimir Putin ha messo in scena
sulla Piazza Rossa di Mosca nel 70esimo anniversario della vittoria
dell’Unione Sovietica sul nazifascismo. Alla presenza dei presidenti di
Cina, India, Sudafrica, Cuba, Venezuela e di altri 30 dei 68 invitati,
15mila soldati russi, 1.300 militari stranieri, circa 200 mezzi
corazzati e 143 tra aerei ed elicotteri, sono stati i protagonisti di
quella che, a ragione, può essere chiamata come una dimostrazione di
forza.
Una scenografia sottolineata da toni patriottici dell'oggi
appena mascherati dall’enfasi di una memoria che la Russia non intende
abdicare sull’altare della fine dell’allora Unione Sovietica. Difficile
del resto dargli torto nel voler rimarcare di fronte al mondo il credito
di cui vanta per la vittoria sul nazifascismo; una vittoria ottenuta al
prezzo di 27 milioni di morti e città distrutte, di sacrifici immensi
da parte della popolazione.
Per i deboli in storia va ricordato
che il più emblematico di questi sacrifici - e allo stesso tempo quello
fondamentale - fu la resistenza eroica di Stalingrado, dove dopo
diciotto mesi di assedio della sesta armata della Wermacht affiancata
dall’esercito italiano, ungherese e romeno, l’Armata Rossa riuscì a
liberare la città e a dare così il via alla controffensiva che portò
due anni dopo alla conquista di Berlino e alla resa incondizionata dei
gerarchi nazisti con la bandiera sovietica sventolante sul tetto del
Reichstag. Seppure la storiografia ufficiale narri solo di statunitensi
liberatori, è bene sapere che dal punto di vista militare senza l’Unione
Sovietica e i suoi 27 milioni di morti, oggi la storia racconterebbe
ben altre vicende e la democrazia di cui l’Occidente si fregia sarebbe
forse un’ipotesi scolastica da coltivare in elaborati clandestini.
A
far da contraltare alle celebrazioni, è spiccata l’assenza di tutti i
governi occidentali più importanti alla parata, riflesso pavloviano
delle sanzioni contro la Russia, prodotto della politica ostile di Stati
Uniti ed Europa. Le diplomazie europee e statunitensi affermano
trattarsi di una presa di posizione determinata dalla vicenda ucraina e
di quanto avvenuto in Crimea, ma se così fosse l'assenza alla parata
militare sarebbe stata comunque superata da un alto livello nel resto
delle celebrazioni, mentre invece pare che sarà solo la Cancelliera
Angela Merkel a rappresentare il suo paese ai livelli più alti.
Eppure,
la vittoria sul nazifascismo ed il ruolo sostenuto dall'Unione
Sovietica meriterebbe il riconoscimento di tutti i paesi che
combatterono l'orrore hitleriano e mussoliniano e l'occasione era
propizia per inviare un messaggio di disponibilità all'ascolto. Niente
da fare, Stati Uniti ed Europa preferiscono continuare sulla strada del
confronto a mascelle serrate. I primi ci guadagnano, i secondi pagano
ma, come ogni intendenza, seguono.
La sfilata russa è stata preparata con il maggior sfoggio di potenza
bellica di questi ultimi anni. E' un chiaro messaggio di Putin rivolto
agli Stranamore del Pentagono, che ritengono di poter continuare ad
intruppare basi, uomini e batterie missilistiche ogni volta più vicini
al territorio russo, così come stimolano il riarmo nazionalista
giapponese e continuano a minacciare Pechino nel Mar della Cina.
A
questo proposito la sfilata militare ha avuto come principale motivo
d’interesse proprio la riaffermazione pubblica dell’asse
Mosca-Pechino-Nuova Delhi, che tanto sul piano militare quanto su quello
economico e finanziario, mette davvero in discussione il primato
mondiale dell’Occidente a guida statunitense.
Le immagini di
Putin e Xi Jinping (con cui Mosca ha formato un’asse strategica
economica e militare) con al loro fianco il premier indiano Pranab
Mukherjee (che ha con la Cina una partnership importante), indicano la
volontà di relazionarsi unitariamente con Stati Uniti ed Europa ed
esprimono un’idea di sviluppo e di governance planetaria multipolare che interrompe l’unipolarismo statunitense, rivendicando un ruolo strategico.
Miliardi di persone, risorse strategiche e territori immensi
sostenuti da imponenti arsenali militari non potevano, del resto,
rimanere dei nani politici e militari subordinati alla leadership
statunitense, peraltro in profonda crisi.
Con questa nuova realtà, con questo nuovo approccio strategico per la governance globale,
si dovrebbe costruire un dialogo fondato sull’integrazione reciproca e
la suddivisione delle responsabilità, ma ad oggi la sfida militare e
l’aggressione politica sembrano essere le scelte che un Occidente privo
di vision globale mette in campo, con la speranza di poter
continuare a perpetrare un comando che né le sue condizioni economiche,
né quelle militari sembrano in grado di confermare.
Teatri di
guerra in Medio Oriente, in Africa, in Asia, terrorismo internazionale e
crisi economiche europee; migrazioni di massa e redistribuzione delle
risorse energetiche ed alimentari; accesso all’acqua e salvaguardia
ambientale sono alcuni dei temi sui quali il dialogo e la condivisione
di analisi e soluzioni andrebbero ricercati proprio da Washington e
Bruxelles, dal momento che anche Mosca, Pechino e Nuova Delhi hanno
tutto l’interesse alla costruzione di un clima internazionale concertato
ed inclusivo. Russia, Cina e India chiedono a chiare lettere un ruolo
primario nello scacchiere globale, fatto anche di condivisione nella
gestione del pianeta, di attenzione agli interessi strategici ed ai
processi di consolidamento della loro crescita.
Ma l'allargamento
dell'area di governo planetario viene visto come una minaccia agli
interessi occidentali. Si costruiscono vere e proprie aggressioni alle
sfere d'influenza e si vìolano accordi firmati, per poi, dopo
l'inevitabile reazione, imporre sanzioni. Piuttosto che cercare un
terreno possibile di partnership si preferisce destabilizzare il Medio
Oriente e l’Europa dell’Est, elaborare progetti di colpi di stato nei
confronti dei paesi che non si allineano ai voleri di Washington e
realizzare operazioni di assalto alle loro riserve finanziarie.
Si
sceglie di affrontare il dramma epocale delle migrazioni di massa con
politiche repressive e la necessità di una migliore e diversa
distribuzione delle risorse energetiche viene gestita con manovre
politiche e speculative nel tentativo d’indebolire e piegare i paesi
produttori di petrolio che sfuggono agli ordini della Casa Bianca.
Vista
l'inutilità, se non addirittura il suo essere controproducente delle
politiche di sanzioni ed embarghi, per USA, GB e Francia partecipare
alla celebrazione di Mosca poteva essere un'occasione per passare dalle
minacce alla riapertura di un dialogo. In questo senso l’assenza di
Stati Uniti ed Europa alla parata militare risulta più un gesto di
stizza che non una linea di lungimiranza politica.
Putin, come del resto Xi e Mukherjee, davvero non possono essere
additati ad esempio per un modello di democrazia partecipativa, elemento
d’altra parte che certo non figura tra le caratteristiche di USA ed
Europa.
Ma Russia, Cina ed India sono paesi che non possono essere confinati
nell’angolo dell’assenso dovuto. Men che mai per confermare, in spregio
alla realtà, un mondo con al comando chi declina e all’obbedienza chi
emerge.
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