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10/05/2015

Mosca, un'occasione persa

di Fabrizio Casari

E' stata una parata militare imponente quella che Vladimir Putin ha messo in scena sulla Piazza Rossa di Mosca nel 70esimo anniversario della vittoria dell’Unione Sovietica sul nazifascismo. Alla presenza dei presidenti di Cina, India, Sudafrica, Cuba, Venezuela e di altri 30 dei 68 invitati, 15mila soldati russi, 1.300 militari stranieri, circa 200 mezzi corazzati e 143 tra aerei ed elicotteri, sono stati i protagonisti di quella che, a ragione, può essere chiamata come una dimostrazione di forza.

Una scenografia sottolineata da toni patriottici dell'oggi appena mascherati dall’enfasi di una memoria che la Russia non intende abdicare sull’altare della fine dell’allora Unione Sovietica. Difficile del resto dargli torto nel voler rimarcare di fronte al mondo il credito di cui vanta per la vittoria sul nazifascismo; una vittoria ottenuta al prezzo di 27 milioni di morti e città distrutte, di sacrifici immensi da parte della popolazione.

Per i deboli in storia va ricordato che il più emblematico di questi sacrifici - e allo stesso tempo quello fondamentale - fu la resistenza eroica di Stalingrado, dove dopo diciotto mesi di assedio della sesta armata della Wermacht affiancata dall’esercito italiano, ungherese e romeno, l’Armata Rossa riuscì a liberare la città e a dare così il via alla controffensiva che portò due anni dopo alla conquista di Berlino e alla resa incondizionata dei gerarchi nazisti con la bandiera sovietica sventolante sul tetto del Reichstag. Seppure la storiografia ufficiale narri solo di statunitensi liberatori, è bene sapere che dal punto di vista militare senza l’Unione Sovietica e i suoi 27 milioni di morti, oggi la storia racconterebbe ben altre vicende e la democrazia di cui l’Occidente si fregia sarebbe forse un’ipotesi scolastica da coltivare in elaborati clandestini.

A far da contraltare alle celebrazioni, è spiccata l’assenza di tutti i governi occidentali più importanti alla parata, riflesso pavloviano delle sanzioni contro la Russia, prodotto della politica ostile di Stati Uniti ed Europa. Le diplomazie europee e statunitensi affermano trattarsi di una presa di posizione determinata dalla vicenda ucraina e di quanto avvenuto in Crimea, ma se così fosse l'assenza alla parata militare sarebbe stata comunque superata da un alto livello nel resto delle celebrazioni, mentre invece pare che sarà solo la Cancelliera Angela Merkel a rappresentare il suo paese ai livelli più alti.

Eppure, la vittoria sul nazifascismo ed il ruolo sostenuto dall'Unione Sovietica meriterebbe il riconoscimento di tutti i paesi che combatterono l'orrore hitleriano e mussoliniano e l'occasione era propizia per inviare un messaggio di disponibilità all'ascolto. Niente da fare, Stati Uniti ed Europa preferiscono continuare sulla strada del confronto a mascelle serrate. I primi ci guadagnano, i secondi pagano ma, come ogni intendenza, seguono.

La sfilata russa è stata preparata con il maggior sfoggio di potenza bellica di questi ultimi anni. E' un chiaro messaggio di Putin rivolto agli Stranamore del Pentagono, che ritengono di poter continuare ad intruppare basi, uomini e batterie missilistiche ogni volta più vicini al territorio russo, così come stimolano il riarmo nazionalista giapponese e continuano a minacciare Pechino nel Mar della Cina.

A questo proposito la sfilata militare ha avuto come principale motivo d’interesse proprio la riaffermazione pubblica dell’asse Mosca-Pechino-Nuova Delhi, che tanto sul piano militare quanto su quello economico e finanziario, mette davvero in discussione il primato mondiale dell’Occidente a guida statunitense.

Le immagini di Putin e Xi Jinping (con cui Mosca ha formato un’asse strategica economica e militare) con al loro fianco il premier indiano Pranab Mukherjee (che ha con la Cina una partnership importante), indicano la volontà di relazionarsi unitariamente con Stati Uniti ed Europa ed esprimono un’idea di sviluppo e di governance planetaria multipolare che interrompe l’unipolarismo statunitense, rivendicando un ruolo strategico.

Miliardi di persone, risorse strategiche e territori immensi sostenuti da imponenti arsenali militari non potevano, del resto, rimanere dei nani politici e militari subordinati alla leadership statunitense, peraltro in profonda crisi.

Con questa nuova realtà, con questo nuovo approccio strategico per la governance globale, si dovrebbe costruire un dialogo fondato sull’integrazione reciproca e la suddivisione delle responsabilità, ma ad oggi la sfida militare e l’aggressione politica sembrano essere le scelte che un Occidente privo di vision globale mette in campo, con la speranza di poter continuare a perpetrare un comando che né le sue condizioni economiche, né quelle militari sembrano in grado di confermare.

Teatri di guerra in Medio Oriente, in Africa, in Asia, terrorismo internazionale e crisi economiche europee; migrazioni di massa e redistribuzione delle risorse energetiche ed alimentari; accesso all’acqua e salvaguardia ambientale sono alcuni dei temi sui quali il dialogo e la condivisione di analisi e soluzioni andrebbero ricercati proprio da Washington e Bruxelles, dal momento che anche Mosca, Pechino e Nuova Delhi hanno tutto l’interesse alla costruzione di un clima internazionale concertato ed inclusivo. Russia, Cina e India chiedono a chiare lettere un ruolo primario nello scacchiere globale, fatto anche di condivisione nella gestione del pianeta, di attenzione agli interessi strategici ed ai processi di consolidamento della loro crescita.

Ma l'allargamento dell'area di governo planetario viene visto come una minaccia agli interessi occidentali. Si costruiscono vere e proprie aggressioni alle sfere d'influenza e si vìolano accordi firmati, per poi, dopo l'inevitabile reazione, imporre sanzioni. Piuttosto che cercare un terreno possibile di partnership si preferisce destabilizzare il Medio Oriente e l’Europa dell’Est, elaborare progetti di colpi di stato nei confronti dei paesi che non si allineano ai voleri di Washington e realizzare operazioni di assalto alle loro riserve finanziarie.

Si sceglie di affrontare il dramma epocale delle migrazioni di massa con politiche repressive e la necessità di una migliore e diversa distribuzione delle risorse energetiche viene gestita con manovre politiche e speculative nel tentativo d’indebolire e piegare i paesi produttori di petrolio che sfuggono agli ordini della Casa Bianca.


Vista l'inutilità, se non addirittura il suo essere controproducente delle politiche di sanzioni ed embarghi, per USA, GB e Francia partecipare alla celebrazione di Mosca poteva essere un'occasione per passare dalle minacce alla riapertura di un dialogo. In questo senso l’assenza di Stati Uniti ed Europa alla parata militare risulta più un gesto di stizza che non una linea di lungimiranza politica.

Putin, come del resto Xi e Mukherjee, davvero non possono essere additati ad esempio per un modello di democrazia partecipativa, elemento d’altra parte che certo non figura tra le caratteristiche di USA ed Europa.
Ma Russia, Cina ed India sono paesi che non possono essere confinati nell’angolo dell’assenso dovuto. Men che mai per confermare, in spregio alla realtà, un mondo con al comando chi declina e all’obbedienza chi emerge.

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