Sono previsti per oggi i funerali del comandante della brigata “Prizrak” (Fantasma) Aleksej Mozgovoj, ucciso in un attentato sabato scorso insieme alla sua portavoce e a tre miliziani della sua scorta, oltre a due civili che, al momento dell'attentato, stavano transitando a bordo di un'altra vettura, lungo la strada Perevalsk-Lugansk. Se da un lato appare poco credibile la versione fornita da Kiev, di una “resa dei conti” da parte di gruppi mafiosi, danneggiati dalle scelte di politica interna della “Prizrak” e di Mozgovoj personalmente; se d'altro canto le fonti sia della Repubblica Popolare di Lugansk, sia di quella di Donetsk, parlano di un centinaio di gruppi di guastatori ucraini all'opera nel Donbass e uno di questi gruppi avrebbe anche rivendicato l'attentato; in ogni caso è certo che, proprio per gli orientamenti politico-militari di Mozgovoj, il suo assassinio non rimarrà senza conseguenze anche interne alla Repubblica di Lugansk.
Intanto, nella tarda serata di ieri, tiri di artiglierie ucraine su Gorlovka, nella repubblica Popolare di Donetsk, hanno causato la morte di tre persone: una bimba di 11 anni, suo padre e un altro civile; ferite altre quattro persone, tra cui un miliziano. Ancora a Donetsk, secondo quanto dichiarato dal vice Ministro della difesa Eduard Basurin, hanno iniziato ieri il proprio lavoro nell'area dell'aeroporto gli osservatori del Centro congiunto russo-ucraino per il controllo e il rispetto del cessate il fuoco; gli operatori della commissione lavoreranno “a specchio”: ufficiali russi su un versante e militari ucraini su quello opposto della linea di contatto, presumibilmente fino al 28 maggio. Questo, mentre artiglierie da 23 mm e mortai da 82 mm ucraini hanno preso di mira edifici civili e strutture agricole nella zona di Slavjanoserbsk, nella Repubblica di Lugansk; distrutto l'edificio che ospita la sede dei veterani della Guerra patriottica. Non ci sarebbero vittime.
Nella Repubblica di Lugansk, a opera di gruppi di sabotatori ucraini, sono stati divelti alcuni metri di rotaie ed è stata seriamente danneggiata una locomotiva sulla linea Lutughino-Semejkino; mentre una mina inesplosa era stata in precedenza rinvenuta non lontano dalla stazione ferroviaria di Donetsk.
E' in questa situazione che il Presidente della Rada suprema, Vladimir Grojsman, ha sottoscritto martedì scorso la dichiarazione parlamentare – la Rada aveva adottato la specifica risoluzione lo scorso 21 maggio – sull'abbandono, da parte ucraina, di ogni impegno dato dalla Convenzione sui diritti dell'uomo, nel Donbass. Con ciò il governo si libera anche ufficialmente le mani per ogni atto terroristico nei confronti della popolazione della Novorossija. Già dall'estate 2014, il governo ucraino aveva esteso i poteri di polizia e giudici, per quanto riguarda arresti preventivi (fino a 30 giorni), indagini preliminari e diritti supplementari concessi ai procuratori. Lo scorso febbraio era stato quindi introdotto il coprifuoco, con grosse limitazioni alla permanenza di chiunque nelle strade. La risoluzione della Rada dovrebbe quindi ora, nelle intenzioni ucraine, ufficializzare quanto già in atto, senza mancare di precisare che non si escludono ulteriori limitazioni relative ad altri articoli delle Convenzioni internazionali sui diritti civili e politici.
Sarà dunque un caso che, secondo un recente sondaggio condotto in Ucraina dall'agenzia internazionale TNS, oltre la metà dei cittadini (51%) si sia dichiarata scontenta delle mosse del presidente Poroshenko e il 68% dell'attività del governo e del premier Jatsenjuk? Per quanto riguarda il governo, ovviamente, l'insoddisfazione degli ucraini è data soprattutto dalle “riforme” dettate dal FMI sulla politica tariffaria (gas, acqua, spese municipali, ecc.), che sta riducendo letteralmente alla fame la stragrande maggioranza dei lavoratori e, soprattutto, dei pensionati. Per quanto riguarda Petro Poroshenko, secondo il sondaggio egli non avrebbe mantenuto la maggior parte delle promesse elettorali, in primo luogo per la stabilizzazione economica e per la soluzione dei problemi politici nel Donbass, come anche per il miglioramento dei rapporti con la Russia e il rafforzamento dei legami con l'Unione Europea.
Ma, a quanto pare, non sono queste le preoccupazioni più stringenti di Poroshenko: secondo quanto riportato ieri dal Servizio ucraino della BBC (quindi, nemmeno particolarmente ostile all’establishment) il presidente, in questo anno al potere, si sarebbe occupato molto più della propria condizione personale che non di quella del paese. Anche se il servizio stampa presidenziale informa che Poroshenko ha devoluto interamente in beneficenza il proprio stipendio statale (123 milioni di grivne – una grivna equivale a 0,0439 euro), in base alla dichiarazione dei redditi per il 2014 (dunque, in via ufficiale) egli sarebbe divenuto più ricco “di alcune volte” rispetto al 2013. Questo, sullo sfondo della crisi generale dell'Ucraina, ormai sull'orlo del default e, come scrive la BBC, nonostante “serie difficoltà contro cui si sarebbe scontrato il business privato di Poroshenko in Russia e in Crimea. Come è riuscito il presidente – scrive ancora la BBC – che nel corso della campagna elettorale aveva promesso di vendere tutto il proprio business, a guadagnare lo scorso anno 369 milioni di grivne, di cui il 90% da dividenti e percentuali su depositi? E' comunque un fatto che, ancora secondo le fonti ufficiali, lo stabilimento di Kiev della “Roshen” (della sua catena, che occupa il 18° posto nella classifica mondiale delle industrie dolciarie, con stabilimenti in Ucraina, Russia, Lituania e Ungheria: non a caso, Poroshenko è detto il “re del cioccolato”) avrebbe aumentato i profitti di circa 9 volte. Ma ulteriori entrate sarebbero venute al presidente anche dalla Banca di investimento internazionale, legata a lui e a suo padre e, oltre l'industria dolciaria, Poroshenko possiede azioni d'imprese in altri settori della metallurgia e dell'industria automobilistica, nel settore bancario e dei mass media, per un patrimonio complessivo valutato da Forbes in 750 milioni di dollari, che lo pone all'ottavo posto tra gli uomini più ricchi d'Ucraina.
Il tutto, nella cornice di un potere golpista che aveva fatto della “lotta alla corruzione” il proprio specchio per le allodole e dietro lo scudo di una Costituzione ucraina che proibisce al presidente di occuparsi direttamente del proprio business. Ma, quanto valore venga attribuito alla Costituzione in un paese soggetto alle direttive e agli ordini diretti di Banca mondiale e FMI, appeso al nodo scorsoio dei “crediti” europei e statunitensi e “consigliato” nelle proprie scelte militari dagli ufficiali USA e Nato, Kiev lo ha dimostrato in un anno di operazioni terroristiche nel Donbass. Operazioni ben lungi dall'essere concluse, come confermano anche le ultimissime notizie. Se da una parte i principali sponsor dell'Ucraina, amministrazione USA e Comando Nato, dichiarano che “la posizione della Russia nei confronti dell'Ucraina è diventata più aggressiva”, lo stesso Poroshenko ha sottoscritto ieri la nuova dottrina strategica messa a punto dal Consiglio di difesa e di sicurezza. In base alla nuova strategia, le forze armate ucraine saranno maggiormente orientate verso un'integrazione militare e militare-industriale con Ue e Nato, per affrancarsi del tutto dall'industria militare russa e opereranno per “il ristabilimento dell'unità territoriale nel quadro delle frontiere ucraine riconosciute internazionalmente”. Non c'è bisogno di spiegare cosa ciò possa significare nei confronti dello status di autonomia politico-territoriale del Donbass e dei mezzi pianificati da Kiev per assicurarsene l'inadempienza.
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