di Mario Lombardo
Per la prima volta da oltre quarant’anni, questa settimana uno stato
americano considerato di orientamento conservatore ha abolito in maniera
formale la pena di morte. A prendere questa decisione è stato il
parlamento statale unicamerale del Nebraska, al termine di un lungo
processo legislativo e sulla spinta di motivazioni diverse, tra cui
quelle di ordine morale sono apparse minoritarie.
Nel corso del
2015, la legge che abroga la pena capitale era stata approvata a larga
maggioranza per ben tre volte dall’assemblea del Nebraska, come previsto
dalle regole dello stato. Il provvedimento era poi finito sul tavolo
del governatore repubblicano, Pete Ricketts, il quale aveva posto il
proprio veto dopo avere condotto una durissima battaglia a favore della
pena di morte nel suo stato.
Nonostante il parlamento del
Nebraska – nominalmente composto da deputati indipendenti – sia
anch’esso a maggioranza repubblicana, una coalizione bipartisan composta
dai tre quinti dei membri ha annullato il veto nella giornata di
mercoledì con un voto decisivo di 30 favorevoli e 19 contrari. Mentre
una maggioranza a prova di veto era considerata sicura da tempo, nei
momenti che hanno preceduto il voto due deputati che avevano sostenuto
l’abolizione hanno deciso a sorpresa di appoggiare il governatore,
rischiando di far naufragare la legge.
Il Nebraska è diventato in
ogni caso il 19esimo stato americano – più il District of Columbia – a
non prevedere nel proprio ordinamento l’estrema punizione, sostituita
dal carcere a vita. L’ultimo stato conservatore a prendere una simile
decisione era stato il North Dakota nel 1973. Prevedibilmente, in uno
stato rurale come il Nebraska le pressioni per mantenere la pena di
morte sono state notevoli, alimentate dai politici più reazionari,
impegnati a incitare nella popolazione sentimenti retrogradi di
vendetta.
Lo stesso governatore Ricketts aveva rilasciato
svariate interviste per denunciare l’abrogazione e durante la cerimonia
della firma del veto nella giornata di martedì era apparso assieme ad
alcuni familiari di una donna uccisa nel corso di una rapina nel 2002.
Mercoledì, poi, Ricketts ha commentato il voto dell’assemblea statale
con toni apocalittici, dichiarandosi “sconvolto” da una decisione che
avrebbe sottratto “uno strumento cruciale per la protezione delle
famiglie del Nebraska”.
Come in vari altri stati americani che
prevedono la pena di morte, anche nel Nebraska non viene eseguita
nessuna condanna da anni. L’ultimo caso risale al 1997 e dalla
reintroduzione della pena capitale negli Stati Uniti nel 1976 le
esecuzioni in questo stato sono state solo tre, tutte con il metodo
della sedia elettrica, mentre i condannati detenuti nel braccio della
morte sono dieci.
La legge appena approvata è stata possibile
grazie all’accordo trovato tra esponenti politici di diverso
orientamento, tra i quali hanno prevalso, soprattutto nello schieramento
repubblicano, coloro che appoggiano l’abolizione della pena di morte
perché troppo costosa e vincolata a lunghi procedimenti burocratici.
L’appello
dei leader religiosi dello stato ha inoltre avuto un qualche peso. In
particolare, la Chiesa cattolica aveva preso una posizione netta contro
la pena di morte, con i vescovi del Nebraska che erano giunti a
criticare apertamente il governatore per avere esercitato il proprio
diritto di veto.
A
influire sull’abolizione è stata infine probabilmente anche la
controversia in atto negli Stati Uniti relativa ai farmaci da impiegare
nella procedura dell’iniezione letale. Da qualche anno, le scorte dei
prodotti tradizionalmente usati si sono ridotte sensibilmente o
risultano esaurite. Ciò è dovuto allo stop alle forniture deciso dai
produttori, soprattutto europei, che non desiderano legare il proprio
nome alla pena di morte, principalmente per motivi d’immagine.
I
farmaci alternativi testati dalle autorità in molti stati hanno spesso
prodotto scenari raccapriccianti durante le esecuzioni, con i condannati
non sufficientemente anestetizzati e quindi sottoposti ad atroci
sofferenze.
La stessa Corte Suprema del Nebraska nel 2011 aveva
imposto una moratoria alle condanne capitali, accogliendo un ricorso che
ipotizzava il mancato rispetto delle norme farmaceutiche americane
dell’anestetico “tiopental sodico”, acquistato dallo stato in India.
Se
gli ostacoli legali e quelli relativi all’approvvigionamento dei
farmaci hanno contribuito all’abolizione della pena di morte in
Nebraska, appare improbabile che questo esempio possa essere seguito a
breve da altri stati conservatori. Anzi, in molti di essi dove le
condanne vengono eseguite con regolarità a dominare continuano a essere
politici e giudici reazionari che incoraggiano un giustizialismo dai
connotati brutali.
Uno degli esempi più evidenti è rappresentato
dalle autorità dello stato meridionale dell’Alabama. Qui, le
caratteristiche della macchina della morte sanzionata dalla legge sono
emerse da un recente articolo apparso sul magazine The Atlantic.
Dopo avere esaurito le scorte di tiopental sodico, lo stato
dell’Alabama a partire dal 2010 aveva addirittura acquistato questo e
altri anestetici da usare nelle esecuzioni sul mercato nero.
Nel
2011, era poi intervenuta l’agenzia federale per i farmaci e gli
alimenti (FDA) che aveva sequestrato le riserve di tiopental sodico
reperite illegalmente dall’Alabama. Le autorità dello stato avevano
allora deciso di optare per un prodotto dall’effetto più blando, il
midazolam, responsabile infatti di alcune esecuzioni finite male. La
compagnia produttrice del midazolam – Akorn – aveva tuttavia negato di
avere venduto questo prodotto allo stato dell’Alabama, facendo
riesplodere le polemiche sulla provenienza dei farmaci usati per mettere
a morte i condannati.
L’intera
vicenda ha determinato un irrigidimento dei membri del parlamento
statale dell’Alabama, tanto che nuove leggi sono state presentate per
espandere il numero di reati punibili con la condanna a morte e per
mantenere il segreto sui dettagli dei metodi di esecuzione impiegati.
L’Alabama,
d’altra parte, giustizia un numero più alto di condannati di qualsiasi
altro stato americano in proporzione ai propri abitanti e ciò grazie a
una legislazione che rende estremamente facili le sentenze capitali. In
più di un’occasione negli ultimi anni, ad esempio, i tribunali
dell’Alabama – dove vivono nemmeno cinque milioni di abitanti – hanno
emesso più condanne a morte del Texas, la cui popolazione sfiora i 28
milioni.
Se la pena di morte è stata abolita da sei stati USA dal
2007 a oggi – Maryland, Connecticut, Illinois, New Mexico, New Jersey
e, appunto, Nebraska – e la percentuale di americani che la sostiene è
in costante calo, i recenti sviluppi registrati in altri stati non sono
incoraggianti.
La carenza di medicinali adeguati per l’iniezione
letale ha infatti in molti casi portato alla reintroduzione di sistemi
barbari per le esecuzioni capitali, almeno come metodi alternativi. Nei
mesi scorsi, lo stato dello Utah ha reintrodotto nel proprio ordinamento
la fucilazione, metodo a cui potrebbero ricorrere a breve anche
l’Arkansas, l’Idaho e il Wyoming.
La sedia elettrica, tuttora
teoricamente prevista in alcune giurisdizioni, era stata infine presa in
considerazione dalla Virginia come prima alternativa all’iniezione
letale, cosa che ha effettivamente fatto nel 2014 lo stato del
Tennessee.
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