Fine del dialogo tra opposizione e governo in Burundi, dopo che sabato il leader del partito di opposizione Unione per la Pace e lo Sviluppo (UPF), Zedi Feruzi, è stato ucciso in un agguato nella capitale Bujumbura, insieme alla sua guardia del corpo.
Un assassinio che fa aumentare la tensione nel Paese, teatro di
scontri e di un tentato golpe nelle ultime settimane. Al momento non ci
sono notizie certe sulla dinamica dell’agguato né sugli esecutori, ma per
gli esponenti dell’opposizione potrebbe essere parte di quello che
chiamano “piano per l’eliminazione fisica” dei dissidenti da parte del
presidente Pierre Nkurunziza, ed è per questo che hanno deciso di
sospendere i colloqui. Domenica ai funerali di Feruzi c’erano migliaia
di persone che sono sfilate per le strade della capitale per 90 minuti.
È stata la di decisione Nkurunziza di imporre la sua terza
candidatura alla guida del Burundi, nonostante il limite costituzionale
dei mandati sia di due, a far esplodere le proteste in cui hanno perso
la vita almeno 25 persone.
I leader delle forze di opposizione adesso temono per le proprie vite e si sono nascosti, ha spiegato Agathon Rwasa ad Al Jazeera. Politici,
giornalisti, attivisti sono spariti dalla circolazione dopo la notizia
dell’agguato, mentre il governo usa il pugno di ferro per silenziare il
dissenso. Dopo gli attacchi a quattro radio indipendenti ed
emittenti tv, l’unica fonte di informazione resta la tv di Stato. Le
manifestazioni sono state seguite da arresti e sono spesso sfociate in
scontri con le forze dell’ordine, che hanno anche aperto il fuoco sui
manifestanti.
La terza candidatura di Nkurunziza è stata legittimata da una controversa pronuncia della Corte costituzionale, all’inizio
del mese, che ha esacerbato la situazione. Una decisione su cui si
stagliano le ombre della corruzione e del ricatto: alcuni giudici
sarebbero stati minacciati, persino di morte, e sono fuggiti all’estero,
dove hanno denunciato pressioni da parte dell’entourage del presidente.
Ne è seguito un tentativo di golpe da parte di alcuni ufficiali delle Forze armate, ma il putsch è fallito in poche ore e questo ha probabilmente dato ancora più vigore a Nkurunziza.
Intanto, prosegue la fuga dal Paese di
migliaia di persone. È ancora vivo il ricordo dei massacri e dell’odio
etnico che hanno devastato la nazione negli anni Novanta. È la
Tanzania lo Stato che sta accogliendo più profughi: circa 64mila, mentre
27mila sono fuggiti in Rwanda e circa settemila nella Repubblica
democratica del Congo.
In questo clima di tensione e di sospetto il Burundi si avvia al
voto, posticipato su pressione del Sud Africa dal 26 maggio al 5 giugno.
Un rinvio insufficiente a riportare il Paese alla calma, ma Nkurunziza
sembra determinato a cercare il terzo mandato e questo appuntamento
elettorale rischia di essere bagnato dal sangue.
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