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22/05/2015

Yemen - Riyadh non riesce a trascinare l'Iran nel conflitto. Uccisi in un raid aereo 5 profughi

di Chiara Cruciati

In Yemen si continua a morire. A quasi due mesi dall’inizio di “Tempesta decisiva”, l’operazione militare contro il movimento sciita Houthi, promossa da Egitto e Arabia Saudita e mai approvata ufficialmente dalle Nazioni Unite, il piccolo e povero paese del Golfo resta il campo di battaglia delle potenze regionali.

A morire sono i civili: ieri cinque rifugiati etiopi sono rimasti uccisi in un raid saudita contro un centro di aiuti umanitari internazionali nella città di Maydee nella provincia di Hajja, al confine con l’Arabia Saudita. La zona è considerata roccaforte del movimento Houthi ed è target delle bombe della coalizione fin dal 26 marzo.

Secondo funzionari locali, ai 5 morti si aggiungono 10 rifugiati feriti, colpiti da fuoco di artiglieria. Riyadh ha subito negato: il portavoce dell’esercito, il generale Ahmed Asseri, responsabile dell’operazione militare, ha accusato gli Houthi, “che hanno una consistente presenza nella zona”. Non è la prima volta che i sauditi rigettano simili accuse. Eppure i raid aerei colpiscono aree popolate, città affollate come Sana’a e Aden, campi profughi. Azioni che non solo uccidono civili, ma che hanno distrutto le infrastrutture del paese, rendendo impossibile – anche a causa del blocco navale e aereo imposto da Riyadh – la consegna di aiuti umanitari alla popolazione.

A cercare di mettere una pezza alla guerra per procura dell’asse sunnita all’Iran sono le Nazioni Unite, i cui appelli continuano però a cadere nel vuoto: dopo aver votato la risoluzione che impone l’embargo delle armi ai soli Houthi, più volte l’Onu ha chiesto il cessate il fuoco immediato e duraturo di tutte le parti in conflitto. Senza ottenere nulla. Ora il segretario generale Ban Ki-moon ci riprova, dopo un incontro dell’inviato speciale dell’Onu con il ministro degli Esteri iraniano, Mohammed Zarif, a Teheran: ha annunciato il via a negoziati di pace a Ginevra a partire dal 28 maggio.

Un negoziato che si contrapporrebbe a quello a senso unico inaugurato dai sauditi a Riyadh la scorsa settimana e che ha visto la partecipazione di centinaia di leader tribali e politici yemeniti. Erano però assenti proprio gli Houthi, che non hanno accettato le precondizioni al dialogo: il ritorno del presidente Hadi al potere e l’ombrello saudita sul negoziato.

A Ban Ki-moon rispondono gli Houthi che ieri hanno chiesto la fine dei bombardamenti sauditi in vista dell’incontro di Ginevra: “Non possiamo accettare di andare a dialogare a Ginevra mentre l’aggressione al nostro paese continua”, ha detto il portavoce del movimento sciita, Mohammed Abdul-Salam. Da parte sua anche il gruppo prosegue con le operazioni militari, sempre più dirette al confine con il territorio saudita: mercoledì la tv al Masira, controllata dagli Houthi, ha mostrato immagini di combattenti che entravano in una postazione di confine saudita e, apparentemente, la occupavano dopo aver ucciso una ventina di soldati dei Saud.

Ieri sera missili partiti dal territorio yemenita hanno colpito quello saudita, uccidendo una persona e ferendone tre, ha fatto sapere il portavoce del Ministero saudita per la Difesa Civile. Centrato il villaggio di al-Hisn, nella provincia di frontiera di Asir.

La guerra che si sta combattendo in Yemen è un chiaro scontro tra asse sunnita e asse sciita, un conflitto volto a indebolire la presenza iraniana nella regione. Dopo due mesi di raid, però, le petromonarchie guidate dalla famiglia Saud non hanno avuto la meglio sul movimento Houthi che non ha perso le posizioni conquistate da settembre a marzo, periodo durante il quale è stato in grado di occupare la capitale Sana’a e spingersi nel profondo sud, fino a Aden.

Ma soprattutto Riyadh non è riuscita nel tentativo di trascinare l’Iran nella guerra aperta. Teheran sta lavorando sul piano diplomatico, alle Nazioni Unite, per giungere ad una transizione politica che veda il coinvolgimento delle diverse parti implicate. E mentre continua a negare di sostenere la ribellione Houthi con armi e denaro, si preoccupa di mostrarsi come possibile mediatore impegnandosi sul fronte degli aiuti umanitari: all’inizio di questa settimana un cargo con aiuti alla popolazione civile è partito alla volta dello Yemen, con la Marina iraniana a fare da scorta.

Teheran è stata chiara: non permetteremo ai sauditi di fermare gli aiuti. Una dichiarazione che pareva aprire la strada ad un possibile scontro diretto. Che però non ci sarà, o almeno non subito: il cargo è attraccato in Gibuti, dove sta attendendo il permesso per raggiungere le coste yemenite. L’Iran ha infatti accettato di far ispezionare il contenuto dell’imbarcazione ad un team internazionale.

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