Per quasi un anno ci hanno tormentato con la propaganda: l'economia americana tira, è in ripresa, si creano posti di lavoro, grazie al (lunghissimo e generosissimo) quantitative easing deciso dalla Federal Reserve. E in effetti qualche semestre di "rimbalzo" c'è stato. Del resto non mancavano i buoni motivi: denaro disponibile in quantità illimitata a costo zero (e anche meno, per qualche mese), salari fermi o in ribasso (vedi alla Chrysler di Sergio Marchionne, dove i ri-assunti dopo il fallimento hanno dovuto accettare decurtazioni del 50%), dollaro di conseguenza debole, ovvero una bella mano alle esportazioni, prezzo del petrolio in calo grazie al "fracking" proprio sul territorio Usa...
Insomma, lo stesso elenco che ci propinano qui nell'Unione Europea. Se voi fate i sacrifici, vi promettiamo che noi cresceremo; fidatevi e vi tireremo fuori dalla crisi. Tutte cazzate. Lo si deve dire alto e forte.
Nel primo trimestre di quest'anno l'economia americana ha bruscamente inchiodato, perdendo lo 0,7% del Pil. I soliti analisti si aspettavano una "frenatina", cioè un rallentamento nella crescita, dello 0,2%. Ma non una botta del genere. Negli ultimi tre mesi del 2014, infatti, il Pil era cresciuto del 2,2%.
Si tratta del dato peggiore dal 2011. Il governo statunitense, nel comunicare i dati, ha provato anche a fornire una spiegazione: il deficit commerciale in aumento, visto che il dollaro era tornato più forte (conseguenza dei quantitative easing europeo e giapponese), e il calo dei consumi (se i salari fanno schifo, come vuoi che la gente compri?).
Ora, laggiù, è immediatamente partito il coro dei minimizzatori: "sono solo fattori temporanei, non vi preoccupate". Si dà la colpa al maltempo, all'euro debole e allo yen debolissimo, prefigurando di fatto una rinuncia - da parte della banca centrale Usa - a rialzare i tassi di interesse inchiodati a zero da quasi cinque anni.
Nessuno che si chieda come mai, se tutte le banche centrali del mondo sviluppato stampano e prestano denaro a più non posso (che finisce alle banche private), l'economia reale non si schioda dai livelli infimi cui è precipitata da sette anni a questa parte.
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