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20/05/2015

Tunisia: tra voglia di democrazia e tentazioni jihadiste

Ha 22 anni, è marocchino e si chiama Touil Abdel Majid il presunto terrorista arrestato in Italia per la strage dello scorso marzo al museo Bardo di Tunisi, in cui persero la vita 21 turisti e 45 rimasero feriti. E che portò a galla le contraddizioni di un Paese che è anche il maggior esportatore di jihadisti al mondo.
 
Le autorità tunisine ritengono il 22enne marocchino, incensurato, responsabile dell’organizzazione dell’attacco e di avervi preso parte. Sarebbe dunque lui l’uomo a cui si riferiva il presidente tunisino, Beji Caid Essebsi, quando all’indomani della strage disse che c’era un terzo attentatore ricercato. Touil Abdel Majid potrebbe essere estradato in Tunisia, dove è in vigore la pena di morte. Secondo la stampa italiana, avrebbe viaggiato tra Italia e Tunisia senza essere mai fermato, nonostante un decreto di espulsione.

La strage al Bardo ha scosso un Paese che, tra mille contraddizioni, si è avviato sulla strada della democrazia dopo la rivolta del 2011, che diede il via alle cosiddette primavere arabe. È considerato da molto analisti l’unico successo di quella mobilitazione che in altri Stati si è trasformata in guerra civile o in repressione.

Tuttavia, la Tunisia vive diverse contraddizioni e alla spinta democratica si affiancano problemi economici e sociali diventati terreno fertile per il proliferare di gruppi jihadisti. Qui sono addestrati e da qui partono decine di giovani per andare a rimpinguare le file dell’Isis, prima soprattutto in Siria e in Iraq, adesso sempre di più nella vicina Libia, considerata una ghiotta occasione dall’Isis: c’è il giusto mix di caos e di disponibilità di armi (gli arsenali di Gheddafi) di cui approfittare per espandersi in un Paese che galleggia su abbondanti risorse, che confina con altri Stati nordafricani ed è vicino all’Europa. In un documento interno all’Isis la Libia è definita un “portale strategico per lo Stato Islamico”.

La relativamente tranquilla transizione tunisina è minacciata dal caos libico che preme alle sue frontiere, dagli effetti negativi che ha sulla sua società e sulla sua economia già provate da corruzione, clientelismo e disoccupazione.

Stime che risalgono allo scorso ottobre parlano di tremila tunisini unitisi a gruppi di stampo jihadista in Siria e in Iraq. I numeri del governo, invece, sono più piccoli: circa 1.200. Molti di loro erano stati addestrati in Tunisia, nel deserto vicino al confine libico dove l’Isis ha almeno un campo di addestramento che pare attiri numerose giovani reclute.

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