22/05/2015
Palmira, l’aurora contro ogni buio
Non ce la fa Palmira a preservarsi dai conquistatori jihadisti, dopo che per giorni il fronte era arrivato fra le sue vestigia, coi seguaci di Al Baghdadi e l’esercito di Asad a combattersi ai bordi dell’area archeologica. Tramite la cittadina-museo i fondamentalisti dello Stato Islamico s’impossessano anche dell’importate via di comunicazione meridionale verso Damasco. La capitale dista circa 200 chilometri. La morsa sulla zona monumentale di Palmira è stata attuata da entrambi i contendenti, i soldati siriani in ritirata hanno continuato a lanciare missili sulle milizie nere e sulle preziose pietre millenarie.
Chi ha avuto la gioia di riempirsi gli occhi coi ‘vapori dell’aurora dalle dita rosate’ che le gemme di Palmira donano da millenni, può solo lacrimare. La rimpiangono pacifici carovanieri, beduini, mercanti sino agli odierni turisti presenti anche durante il primo deflagrare del conflitto civile-tribale-religioso-politico e maledettamente geopolitico che insanguina da quattro anni quel che resta della Repubblica Araba di Siria. Chiamata così da settant’anni, ma che era stata colonia francese, territorio ottomano, arabo, greco-romano, seleucide, babilonese e prim’ancora egiziano. Su tutto: Palmira, l’oasi, l’estatica visione.
Per il mondo dell’arte ammaliato dalle sue colonne che pari a steli sbocciano ovunque fra la polvere rossastra, l’assedio alla Storia è più doloroso d’ogni presunta blasfemìa di cui blaterano gli uomini dagli stendardi neri. Contro cui servirebbe una nuova Zenobia, donna forte, amante della vita e delle culture plurali. L’esatto contrario dei sistemi chiusi attorno a fedi esasperate e ossessioni del proprio dio, troppo spesso carpito e usato per il potere. Smarrita nei secoli la sua raffinata osmosi di culture, Palmira rischia di perdere i pregiati massi. Già si parla di statue rimosse da salvare e all’inverso da distruggere o trafugare.
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