“Capitale infetta, nazione corrotta”, il famoso titolo del settimanale il Mondo negli anni sessanta, sembra incombere ancora come una nemesi su Roma, la città capitale che da troppo tempo deve convivere con la sua anomala dimensione. Capitale politica del paese, ma anche sede dello Stato del Vaticano, imprigionata dalla rendita speculativa, obiettivo sistematico di appetiti famelici.
La notizia “bomba” è che il governo intende di fatto commissariare il Comune di Roma pur mantenendo al suo posto Marino e la sua Giunta. Un “commissario straordinario” di nomina governativa dovrebbe infatti affiancare il Sindaco per il Giubileo che inizia a dicembre e durerà fino al prossimo anno. Il sindaco Marino sembra non abbia affatto gradito. Una ennesima e contraddittoria furbata che ci dice due cose molte precise:
a) al di là delle dichiarazioni, il governo Renzi non si fida più del consiglio comunale e della giunta che lo presiede;
b) il Vaticano è intervenuto a gamba tesa per assicurare che i contraccolpi di Mafia Capitale non disturbino l'evento del prossimo Giubileo. Insomma gli affari sono affari e la Cattedra di Pietro – altro vero governo ombra della Capitale – non può farsi condizionare dalle “miserie” umane e della politica.
La decisione di commissariare de facto Roma, suona a conferma di quanto abbiamo scritto e denunciato sin da dicembre, quando scattarono i primi arresti per l'inchiesta Mafia Capitale. Allora, in completa solitudine, e tra la riluttanza e l'ostilità della sinistra capitolina, affermammo che era opportuno lo scioglimento del consiglio comunale, l'azzeramento dell'apparato dirigenziale comunale e le dimissioni della Giunta. Per motivi giudiziari i primi due, per buonsenso politico la seconda. La seconda ondata di arresti – che ha azzannato la carne del consiglio comunale e della dirigenza del Comune di Roma ancora più in profondità – rende quella presa di posizione ancora più doverosa.
Dalle carte giudiziarie emerge che il saccheggio delle risorse pubbliche, iniziato con le "giunte del sindaco" nel 1993, ha avuto il suo apice durante la giunta Alemanno, la giunta della destra “de panza e de governo” e dei forchettoni neri. Ma l'avvento della Giunta Marino e del nuovo consiglio comunale, non ha avuto il coraggio della discontinuità. Un sistema – o meglio – “il sistema” era quello e in nome delle continue emergenze sociali alimentate strumentalmente dal sistema stesso (dall'accoglienza per i migranti a quella abitativa, dai campi rom all'igiene urbana), si è proceduto a mantenere i rapporti pre-esistenti senza scalfire gli interessi privati consolidati e le relazioni con i personaggi che da anni gestiscono il malloppo.
Quando la giunta Marino ha compreso di essere anche sotto il “fuoco amico” di settori del Pd romano (definiti pericolosi dalla stessa indagine interna svolta da Barca) oltre che di quelli della destra, ha pensato che fosse sufficiente portare i documenti alla Procura di Roma, perseguendo una idea della legalità piuttosto schematica ma indicatrice del personaggio. Non solo. Quando il governo, in cambio del sostegno politico al sindaco, ha preteso il rispetto del Patto di Stabilità con un bilancio comunale lacrime e sangue, la giunta Marino si è adeguata, anzi ha fatto più di quanto richiesto, andando all'assalto dei lavoratori comunali e dei servizi sociali con tagli dolorosi e arroganza.
Dentro questa contraddizione, resa ancora più pesante dagli sviluppi dell'inchiesta su Mafia Capitale, si è palesato ancora più nitidamente quello che andavamo dicendo da mesi: il consiglio comunale e l'apparato dirigenziale del Comune sono pervasi dal sistema corruttivo e la Giunta Marino non può sottrarsi dalle proprie responsabilità politiche né trincerarsi dietro il dogma della legalità che troppo spesso entra in contrasto con le esigenze di giustizia sociale. Dunque il consiglio comunale va sciolto, gli apparati dirigenziali del Comune vanno azzerati e ripuliti e la giunta sarebbe opportuno che rassegnasse le dimissioni, convocando nuove elezioni invece di farsi arrostire sulla graticola dalla destra in attesa di un commissariamento d'ufficio che infatti è arrivato, seppure nelle forme spurie inventate dal governo e dal Pd.
A complicare questo scenario, di per sé già complicato e avvelenato, è arrivato poi il colpo d'ala del Vaticano che ha convocato un “Giubileo straordinario” per il 2016, con nove anni di anticipo sulla sua convocazione naturale (ogni 25 anni). Una decisione effettivamente curiosa che si presta a moltissime “dietrologie”, ma che ha imposto un convitato di pietra sulla Capitale. Il Giubileo è infatti un grande evento che porta milioni di persone a Roma, e quindi soldi, appalti, servizi e quant'altro. E di fronte ai grandi eventi scatta nuovamente il meccanismo emergenziale che facilita operazioni ad alzo zero. E' bene sapere che a Roma non incombe la Chiesa Cattolica ma incombe lo Stato del Vaticano, ossia un soggetto con un peso specifico immensamente superiore a quello di un presidio religioso. Arrivare al Giubileo senza una giunta legittimata e con pieni poteri di programmazione e decisione, era un buco che l'establishment, laico o religioso che sia, non poteva permettersi.
La decisione del governo di affiancare un commissario straordinario al sindaco Marino, privandolo quindi di tale incarico, è la quadratura del cerchio. Mette la camicia di forza alla giunta comunale difendendola dagli attacchi ma legandole le mani, spiana la strada alle soluzioni rapide nell'affidamento degli appalti e dei servizi per il Giubileo. Insomma, far volare un pò di stracci ma mette al riparo il Mondo di Sopra con una sorta d'indulgenza plenaria sul verminaio rivelato da Mafia Capitale.
Pensiamo che questa operazione non abbia nulla da spartire con le esigenze popolari taglieggiate sia dalle reti di affaristi, malavitosi, piddini corrotti e fascisti di Mafia Capitale sia dalle misure antipopopolari previste dal Patto di Stabilità che la giunta ha voluto imporre a tutti i costi. Senza una rottura frontale con gli interessi privati e le privatizzazioni che hanno devastato per anni la città, non c'è soluzione accettabile. Neanche quella di una città amministrata dalla magistratura. Questo è quanto chiederà l'assemblea popolare convocata per lunedì pomeriggio in Campidoglio dal M5S e dai comitati delle periferie che rappresentano la maggioranza della popolazione di Roma, quella più sacrificata e taglieggiata da un intero sistema. Se non c'è questa rottura, non ci saranno sconti per nessuno, e non c'è indulgenza plenaria che tenga.
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