04/07/2018
Il ritorno di Jesse Owens?
Ieri le bacheche dei social progressisti si sono tinte di azzurro... e di nero. La foto delle quattro atlete italiane che hanno vinto la staffetta ai Giochi del Mediterraneo è diventata virale nel giro di qualche ora, e così pure è stato per lo slogan “prime le italiane” con cui è stato parafrasato e sbeffeggiato Salvini.
A leggere l’enfasi di alcuni commenti per un attimo ci è sembrato quasi di rivedere Jesse Owens correre veloce come il vento sulla pista di atletica dello stadio Berlino, per umiliare i bianchissimi campioni del Reich e per sbattere in faccia al loro führer dove poteva mettersi le sue teorie sulla superiorità della razza ariana.
Tutto bello, tutto commovente e, però, tutto sbagliato. Perché Salvini non è Hitler e i 70mila leghisti radunati a Pontida non sono le SA. Il razzismo di Salvini e di quel 30% di elettorato che gli viene accreditato non è biologico, a parte qualche subumano nessuno di loro pensa davvero di vestire una pelle migliore di quella di qualcun altro. Il suo, se così si può dire, è un “razzismo economico”.
Il problema non è quindi il “povero nero”, ma il “nero povero”: l’immigrato che arriva col barcone e viene additato come capro espiatorio per la crisi economica. Mentre, se arrivasse con lo yacht, verrebbe accolto con tutti gli onori. E’ l’ipocrisia di chi sbraita contro il nero che sosta davanti alla stazione centrale e poi si fa i selfie con il campione africano che gioca nella propria squadra o chiede autografi al rapper in tour o al divo di Hollywood.
A dispetto di tutte le narrazioni sul conflitto tra popolo ed élite è lo scontro sociale che si fa orizzontale, non più tra le classi, ma dentro la classe. E prima lo capiremo e prima riusciremo a metterci mano e a trovare la strada per uscire dalla condizione di minoritarismo in cui siamo confinati.
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