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04/01/2013

Quarto polo in sofferenza

Un sondaggio alimenta le aspettative intorno alla lista con Ingroia, ma dentro Cambiare si può aumentano le divaricazioni. La consultazione via web smentisce le indicazioni della maggioranza dei promotori dell’appello e chiede di procedere rapidamente alla formazione delle liste, con i leader di partito inclusi.

L'ultimo sondaggio, quello di Piepoli, lascia intravedere un 5% di intenzioni di voto per la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia che sembra rosicchiare consensi a Grillo. Si palesa così la luce tanto cercata dopo anni di quorum mancati per i partiti della sinistra ex-parlamentare. Ma il prezzo politico da pagare potrebbe, alla fine, rivelarsi più pesante di un eventuale risultato. Gli arancioni di Ingroia e De Magistris fanno infatti l'andatura e dentro Cambiare si può si acutizzano le contraddizioni interne e le aspettative disattese.

Tra i 70 promotori iniziali dell'appello “Cambiare si può” la stragrande maggioranza si era infatti espressa contro il proseguimento del percorso per la costruzione della lista "Rivoluzione civile" insieme a Ingroia. Solo in 7 si erano pronunciati per la prosecuzione dell'esperienza, ma il voto tramite il web ha clamorosamente ribaltato la situazione". Hanno votato SI 4.468 pari al 64,7% dei votanti; hanno votato NO 2.088 pari al 30,2% dei votanti Si sono astenuti 352 pari al 5,1%. Ma  i voti validi sono stati 6.908 su circa 13.200 aderenti all'Appello (in pratica il 54% di coloro che avevano aderito all’appello “Cambiare si può” e meno delle 10mila persone che, veniva dichiarato, hanno partecipato alle assemblee locali).

All’interno di Cambiare si può si segnala una polemica verso i tre portavoce Livio Pepino, Chiara Sasso e Marco Revelli, i quali erano stati incaricati di “chiudere” l’accordo con Ingroia come premier pur essendo non del tutto d’accordo con questa scelta. I tre (Pepino, Sasso, Revelli) hanno poi scritto di voler rimettere il mandato ricevuto dall’assemblea del 22 dicembre scorso “proprio perché rispettosi della volontà maggioritaria che si è manifestata nel voto, ritenevamo che le persone che con maggior efficacia avrebbero potuto portare avanti il discorso in questa fase delicata del percorso fossero quelle che più condividono la soluzione indicata dai votanti”, ha scritto in una polemica replica lo stesso Marco Revelli, il quale respinge l’accusa di non voler accettare un responso – per quanto parziale – del referendum elettronico che ha deciso di procedere nella coalizione con gli arancioni e Ingroia. “Nessuno si porta via il pallone durante la partita solo perché non vince, al contrario: il pallone è lì, sul campo, a disposizione di tutti, e in cabina di regia ci va chi può fare più goals” scrive Revelli. “Nessuno crede che Cambiare si può abbia esaurito il proprio senso, al contrario, riteniamo che oggi ne abbia più che mai”.

Un appello ai tre a rimanere è stato rivolto dal segretario del Prc torinese Locatelli con una lettera aperta  nella quale scrive che “In particolare mi rivolgo a Voi che in occasione dell’ultimo incontro avete espresso valutazioni molto critiche sulla fattibilità di una convergenza tra percorsi diversi. Vero di percorsi non sempre caratterizzati da una linearità e coerenza di posizioni politiche, ma come non vedere che il risultato fondamentale oggi è rappresentato dalla nascita di una coalizione antimontiana e antiliberista, risultato fino a non molto tempo fa tutt’altro che scontato?” dice Locatelli.

Si comprende che il percorso messo in moto per il quarto polo appaia tutt’altro che semplice. Da un lato Ingroia incassa candidature come quella di Flavio Lotti della Tavola della pace, dall’altro i tempi ristretti e le esigenze divergenti alimentano una rissosità interna che si alimenta di aspettative disattese e frenesia dettata dall’avvicinarsi delle scadenze previste per la presentazione delle liste. Tra l’altro il nodo della candidatura dei leader di partito ai quali era stato richiesto un passo indietro (solo Ferrero aveva accettato mentre Di Pietro, Di liberto e Bonelli non sembrano intenzionati al beau geste) si ripresenta tale e quale. Il resoconto dell’incontro del 30 dicembre tra Ingroia e i tre portavoce di Cambiare si può (Pepino, Sasso e Revelli) riferisce testualmente: “Ogni approfondimento ulteriore è stato interrotto dalla mancata soluzione della questione relativa alla candidabilità dei segretari dei partiti potenzialmente coinvolti nell’impresa (Di Pietro, Diliberto, Ferrero e Bonelli), da noi esclusa in quanto ambigua (per alcuni degli interessati) quanto alla coerenza con il programma (pur a parole accettato) e, in ogni caso, indice di un progetto tutto interno al quadro politico attuale (e alla sua salvaguardia) anziché finalizzato a nuove modalità di partecipazione e di rappresentanza. A fronte di ciò Ingroia ha dichiarato di non essere in grado di assumere impegni, riservandosi un confronto con gli interessati (tutti, peraltro, indisponibili al passo indietro, all’infuori di Ferrero) con successiva ripresa del dialogo con noi e sono state avanzate alcune bizzarre proposte di mediazione come la candidatura dei segretari al secondo posto della lista dopo lo stesso Ingroia, capolista in tutte le circoscrizioni (sic!) chiunque sia il secondo candidato e la sua provenienza.
Questa mattina, Ingroia, esplicitamente interpellato, ha confermato di non poter escludere quelle candidature (e, con esse, quelle delle burocrazie dei partiti)” scrivono Pepino, Sasso e Revelli. Un esplicito sostegno alla coalizione “Rivoluzione civile” e al ruolo decisivo dei partiti al suo interno, arriva dallo storico torinese Angelo D'Orsi, non certo tenero verso gli altri professori dell'appello Cambiare si può. Secondo D'Orsi “Non possiamo rinfacciare scelte sbagliate, errori di valutazione, decisioni politiche improvvide, di cinque, dieci, quindici o vent’anni fa: occorre guardare al futuro, che è già qui, e dobbiamo decidere se vogliamo provare a incidere su di esso, o lasciarlo tutto nelle mani di Bersani e Monti, probabili alleati di domani”.

Lo scenario dunque è tutt’altro che lineare. Alla fine a qualche conclusione si arriverà, ma sarà una acconciatura gracile, troppo gracile per reggere al peso del conflitto e delle contraddizioni con cui occorrerà fare i conti subito dopo le elezioni. L’eventuale e tutt’ora incerto risultato di una pattuglia di deputati in Parlamento, appare tutt’altro che salvifico, sia sul piano politico che su quello di una strategia di resistenza e iniziativa dentro la crisi. Il rischio per i partiti della sinistra ex-parlamentare appare assai peggiore di quello dei "gattini ciechi" dovuti alla gatta presciolosa.

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