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17/02/2014

LIBANO, aspettando un governo

Un’altra fumata nera si è levata dal tavolo del negoziato per la formazione del nuovo governo libanese. Dopo undici ore di colloqui, il veto di Hezbollah sul nome di Ashraf Rifi, ex capo della polizia libanese (Internal Security Forces-ISF), al ministero dell’Interno ha costretto il presidente Tammam Salam a rinviare i colloqui a data da destinarsi.

Quella che doveva essere la giornata decisiva, che cade nel nono anniversario dell’omicidio dell’ex premier Rafiq Hariri, padre del Movimento Futuro che guida la coalizione 14 Marzo, è diventata l’ennesima tappa di una trattativa che dura ormai da dieci mesi e che nelle ultime settimane è stata serratissima. Nonostante gli annunci e gli apparenti progressi delle contrattazioni, quello dei nomi non è altro che l’ultimo, insidiosissimo terreno, intorno al quale 8 e 14 Marzo stanno combattendo le due battaglie campali in caso di vittoria delle quali si vedrebbero garantiti il controllo indiscusso del Paese nel breve e nel lungo termine.

La prima battaglia è quella dell’energia, bottino particolarmente succulento per un paese che poco più di tre anni fa si è ritrovato a scoprire nelle sue acque territoriali un giacimento di gas naturale stimato intorno ai 30 trilioni di piedi cubici. Da allora, il controllo del discastero è stato sempre in mano a Gibran Bassil del Movimento Patriottico Libero (8 Marzo), il quale non ha assolutamente intenzione di farselo strappare di mano proprio adesso che il processo di assegnazione delle licenze sulle estrazioni offshore sta per portarsi a compimento e quello per le esplorazioni geologiche sulle eventuali (e altamente probabili) riserve onshore è stato appena avviato.

Parallelamente, a fronte delle grandi quantità di gas che il Libano si troverà a gestire e rispetto alle quali non possiede manodopera qualificata, lo stesso ministero sta promuovendo una serie di assunzioni e corsi di formazione che in un’annata elettorale come quella in corso rappresentano un potenziale bacino di voti di cui tener conto.

Infine, poiché tali riserve confinano a sud con quelle di Israele (che dal canto suo ha già accumulato un netto vantaggio sui processi estrattivi), rispetto al quale è aperto un contenzioso sui confini marittimi, il controllo sul gas rientra a pieno titolo tra gli  interessi strategici prioritari anche del principale alleato di coalizione Hezbollah.

Alla luce di quanto detto, appare dunque chiaro perché nelle scorse settimane il Movimento Patrittico Libero si sia così fermamente opposto alla rotazione degli incarichi ministeriali proposta da Salam. In ogni caso, stando alle indiscrezioni trapelate stamane da Baabda, tale nodo sarebbe stato sciolto assegnando il ministero non a Bassil, ma all’alleato Arthur Nazairan, parlamentare del Tashnag, il più importante partito armeno, sempre in quota 8 Marzo.

Resta dunque aperto il secondo grande fronte, ovvero quello della sicurezza, in questa fase particolarmente delicato, che si gioca intorno alla potenziale nomina di Ashraf Rifi al Ministero degli Interni. Ex-capo dei Servizi di Sicurezza Interna vicinissimo ad Hariri e all’Arabia Saudita, Ashraf Rifi era già entrato a gamba tesa nella vita governativa libanese quasi un anno fa, quando la richiesta del rinnovo del suo mandato nonostante avesse raggiunto l’età pensionabile, aveva provocato le dimissioni del Primo Ministro Miqati aprendo così la lunghissima fase di crisi che proprio oggi con un accordo intorno alla sua candidatura potrebbe paradossalmente chiudersi.

Ma, allora come oggi, l’opposizione di Hezbollah ha lasciato il Libano senza un governo. La prossimità di Rifi col regime wahhabita  infatti rappresenterebbe in caso di nomina un serio ostacolo alla libertà d’azione e movimento delle milizie del Partito di Dio soprattutto attraverso il confine siriano, tanto più alla luce della lunghissima serie di dichiarazioni da rilasciate da Rifi stesso sulla necessità di rafforzare i controlli proprio lungo le aree di confine alludendo più volte alla Resistenza Islamica. D’altronde l’ostilità di Rifi nei confronti del Partito di Dio non è mai stata un mistero, così come non è un mistero il suo sostegno più o meno tacito nei confronti dei gruppi armati anti-Assad in particolare a Tripoli, sua città d’origine. Non resta che aspettare.

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