Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

15/02/2014

Lo Stato tedesco non ama chi abbandona i nazisti


Una storia esemplare: in Germania la polizia ha da sempre un "occhio di riguardo" per i gruppi neonazisti. Al punto che chi ne esce non riceve alcun supporto né protezione nel caso ci siano "strascichi".

*****

"Ho lasciato i neonazisti. Vivo braccata Tania: lo stato tedesco non mi protegge 

Tània Prlvenau ha lasciato I gruppi nazi nove anni fa. Da allora vive da reclusa e in pubblico si presenta con Il volto seminascosto.

"Ho lasciato i neonazisti. Vivo braccata
Tania: lo stato non mi protegge.


Un funzionario le mise persino una mano sulla spalla e le disse:
"Era meglio se restavi con i tuoi». Ma lei, con i suoi, ci era stata fin troppo. Vent'anni di militanza, tra rune, svastiche e rituali barbarici, da quando aveva 13 anni. Lo aveva perfino sposato, un nazista. Che aveva cominciato a picchiarla molto presto, perché non amava che lei ragionasse con la sua testa, che volesse lavorare o che ogni tanto indossasse un paio di pantaloni.
Quel marito le aveva chiuso il pianoforte sulle dita quando aveva osato suonare il pezzo di un compositore ebreo. E continuava a urlare in faccia al loro figlio down che "Adolf si, che ti avrebbe sistemato". Per sfuggire a quell'inferno, Tania Privenau aveva deciso nel 2005 di abbandonare
la militanza, di scappare dal marito, di sparire con i figli.
Ma il bilancio, a distanza di nove anni, sostiene, «è disastroso». E non solo perché vive ancora nascosta: una figlia, devastata dalle violenze del padre a 18 anni si è suicidata.
Incontrando i giornalisti a Berlino, Privenau si è presentata con il volto seminascosto da un berretto, una sciarpa e paio di occhiali neri. Il problema, racconta scandendo le parole, è che quando ha deciso di uscire da quell'ambiente, non ha trovato nessuno ad accoglierla. Ed è iniziato un vero e proprio calvario per sfuggire alla furia vendicativa del marito.
«Mi sono rivolta al Comune di Colonia, ma quelli hanno iniziato a sbattermi da un'autorità all'altra»: ognuno era ansioso di scaricarmi all'ufficio successivo. In un Land, «voglio anche nominarlo, li Baden Wlirttenbeig, mi cacciarono dicendo che quelli come noi non esistono, li». Poi incontrò il funzionario che le consigliò addirittura di tornarsene dal nazisti. Gli unici che la assistettero furono quelli dell'associazione «Exit», la fondazione "Amadeu Antonio" e il leader della Linke Gregor Gysi.
E per la presidente della fondazione, Anetta Kahane è chiaro «che non siamo dinanzi a un gioco per bambini, è una storia seria». Che lo Stato ha sottovalutato dall'inizio, ha raccontato Gysi: «Abbiamo dovuto minacciare di farla espatriare negli USA, perché lo stato tedesco si svegliasse».
Il problema più angosciante però, era l'ex marito. A Tania che vive con un altro nome e si sposta di continuo ma in occasioni pubbliche usa il cognome da sposata - erano stati affidati i figli, ma qualche anno dopo il tribunale di Dresda aveva deciso che il padre dovese vederli una volta al mese.
«Ma lui - dice Tanja - cercava in tutti i modi di sapere dal bambino dove fossimo nascosti». I nazisti non le hanno certo perdonato li «tradimento», in questi anni. Infine la Corte di Karlsrnhe le ha dato finalmente ragione: il marito non può più vedere i figli.

Oggi, se le chiedono se rifarebbe quello che ha fatto, Tania - pur - essendo grata alle associazioni private che l'hanno aiutata e incoraggiando le donne naziste a pentirsi - risponde di «no».


Tonia Mastrobuoni inviata a Berlino per La Stampa


Fonte

Scolpitevi in testa questa situazione e sbattetela in faccia al primo piddino o chi per lui pronto a sputare su casa nostra millantando la necessità che la nostra società sia cooptata dal rigore tedesco perché "in Germania si che stanno bene e sanno fare le cose".

Nessun commento:

Posta un commento