Le proteste tornano a scuotere la Tunisia quando sono trascorsi
cinque anni dalla “rivoluzione dei gelsomini” che ha portata alla fine
del regime dell’ex presidente Ben Ali, ma non alla soluzione dei
pressanti problemi economici, e non solo, del Paese che ha ispirato le
cosiddette primavere arabe.
Da quattro giorni migliaia di persone, in prevalenza giovani, sono
scese nelle piazze di diverse città tunisine per chiedere lavoro. La
promessa di una sicurezza economica che pensavano andasse a braccetto
con le conquiste democratiche, peraltro incompiute, è stata disattesa.
Per alcuni, tradita da una classe dirigente che non ha saputo rinnovarsi
del tutto e non ha messo in campo le riforme necessarie alla ripresa
economica, in un Paese dove il tasso di disoccupazione è al 15 per cento e aumenta tra i giovani. Secondo l’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico), oltre un terzo dei giovani tunisini e il 62 per cento dei laureati sono senza lavoro.
Le manifestazioni, però, non sono state sempre pacifiche. In alcuni
casi i manifestanti si sono scagliati contro le sedi delle istituzioni e
si sono scontrati le forze di sicurezza che hanno usato gas lacrimogeni
e cannoni ad acqua per disperdere la folla. Ieri un poliziotto è
rimasto ucciso nella cittadina di Feriana, quando i manifestanti
hanno capovolto l’automobile in cui si trovava. Una quarantina i dimostranti feriti, secondo l’agenzia AP, mentre sono 59, per il ministero dell’Interno, gli agenti feriti.
Nella capitale Tunisi centinaia di persone hanno marciato per le
principali strade della città, ma è nella provincia, più povera ed
emarginata, che è esplosa la rabbia. Manifestazioni e scontri si
sono verificati a Feriana, Jamdouba, Beja, Sidi Bouzid, Guebeli, Kef. I
manifestanti scandivano lo slogan ‘lavoro o un’altra rivoluzione’,
hanno riportato i media.
È la città di Kassarine quella dove la protesta è più forte, e
secondo i media è qui che ha avuto inizio lo scorso fine settimana,
quando un giovane, conosciuto come Ridha Yahyaoui, è
morto folgorato su un palo della luce dove si era arrampicato per
contestare l’esclusione dalla lista dei nuovi reclutati nel dipartimento
regionale dell’istruzione. Si è scoperto che lista era stata manomessa
ed è stato rimosso il vice-prefetto della città, ma non è bastato a
placare gli animi.
Inoltre, davanti agli uffici della società elettrica e del
gas quindici persone hanno iniziato il 4 gennaio un sit-in e uno
sciopero della fame. Sono giovani laureati che lavorano come
guardie per la compagnia elettrica, con un salario basso, e da quasi tre
settimane si nutrono di acqua e zucchero.
Kasserine è una delle aree più povere della Tunisia, in cui vivono
circa 80mila persone, ed è vicina a Sidi Bouzid, la città dove Mohamed
Bouazizi si diede fuoco nel 2010 dopo che gli era stato confiscato il
banco con cui campava la famiglia. Fu la scintilla che accese la rivolta
tunisina.
La rabbia scatenata dalla mancanza di lavoro si unisce alla delusione
di molti giovani che hanno partecipato alla rivolta, costata la vita a
tanti di loro. Intervistati dal sito Middle East Eye, molti
manifestanti hanno detto di essere “stufi del governo”, del fatto che
vecchi volti del regime esercitino ancora potere in Tunisia, del divario
sempre più marcato tra ricchi e poveri e di non credere più alle
promesse fatte loro negli ultimi cinque anni che hanno visto la Tunisia
transitare dal regime autoritario di Ben Ali all’essere considerata
l’unico successo delle primavere arabe.
Per placare le proteste, il governo ha promesso 5.000 nuovi
posti di lavoro, investimenti e case popolari. “Un’operazione
cosmetica”, ha commentato Tareq Toukabri, attivista e membro del
Movimento della Nuova Generazione. La Tunisia versa in una
grave crisi economica, ha un alto debito pubblico e deve fare i conti
anche con la minaccia dell’estremismo di stampo jihadista, che ha già
colpito il Paese, in particolare il suo vitale settore turistico, e
preme ai suoi confini.
AGGIORNAMENTO ORE 14.15 – SCATTA IL COPRIFUOCO. FALSO L’ANNUNCIO DI 5.000 NUOVI POSTI DI LAVORO A KASSERINE
Ritrattato l’annuncio di 5.000 nuovi posti di lavoro nella provincia
centro-occidentale di Kasserine, fatto dal governo per placare le
proteste che scuotono il Paese da giorni. Si è trattato di una
“comunicazione errata”, ha detto il ministro delle Finanze, Slim Shaker.
Non si tratterebbe di nuovi posti di lavoro, ma di una sorta di
programmi di tirocinio.
E intanto in tutta la Tunisia è stato imposto il coprifuoco notturno,
già in vigore da martedì a Kasserine, teatro degli scontri più
violenti. Le proteste da Kassarine, iniziate dopo la morte del giovane
Ridha Yahyaoui, si sono diffuse in altre zone della Tunisia ed è stata
dura la risposta delle forze dell’ordine.
Ai sit-in e alle manifestazioni pacifiche, si sono affiancati anche
atti di vandalismo. E oggi il ministro dell’Interno, Hadi Majdoub, ha
parlato di “terroristi” che si infiltrano nelle manifestazioni.
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