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10/11/2021

Diminuisce ancora l’aspettativa di vita. Ci vogliono morti prima possibile

In Italia cala ancora l’aspettativa di vita. Si tratta di 1,2 anni in meno durante la pandemia, da 83,6 anni nel 2019 a 82,4 anni nel 2020. Ad affermarlo è il rapporto sulla salute dell’Ocse, ‘Health at a Glance 2021‘, pubblicato ieri dedicato in larga parte alla tenuta dei sistemi sanitari.

Nella media dei paesi aderenti all’Ocse va un po’ meglio, con una aspettativa di vita calata mediamente di 6 mesi. In Italia invece, come abbiamo visto, è scesa il doppio della media.

Nel 2020 e nel primo semestre 2021 il Covid-19 – precisa l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – ha contribuito ad innalzare del 16% il numero atteso di decessi nei trenta Paesi che fanno parte dell’organizzazione. Al stesso tempo, l’aspettativa di vita è scesa in 24 Paesi su 30, Italia inclusa.

Ma è stata tutta o solo colpa della pandemia – o meglio sindemia – di Covid? Niente affatto.

Sempre un rapporto dell’Ocse, ma del 2019 – quindi prima della pandemia – riportava che se, fino al 2008-2009, per aspettativa di vita l’Italia era terza dopo Giappone e Svizzera, negli ultimi anni era scesa al quarto posto, con una leggera diminuzione: dagli 83,3 anni del 2016 agli 83 negli anni successivi (ora diminuita ulteriormente a 82,4, ndr).

Nella classifica primo rimaneva il Giappone con 84,2 anni, seguito dalla Svizzera (83,6) e dalla Spagna (83,4).

Nel 2020, l’anno del Covid-19, l’aspettativa di vita è tornata a calare nella stragrande maggioranza degli Stati della Ue dopo anni di aumenti costanti. L’inversione di tendenza è stata certificata dai dati pubblicati dall’Eurostat.

La diminuzione maggiore è stata registrata in Spagna con un calo di 1,6 anni rispetto al 2019, seguita dalla Bulgaria (-1,5), da Lituania, Polonia e Romania (-1,4). Invariati i dati di Cipro e della Lettonia mentre aumenta, anche se di pochissimo (+0,1), l’aspettativa di vita in Danimarca e Finlandia.

Come abbiamo visto, in Italia il calo è stato di 1,2 anni con l’aspettativa di vita passata da 83,6 a 82,4 anni. Il problema non sembra legato all’età media e all’alta percentuale di anziani del paese. La struttura per età può spiegare solo parzialmente le differenze di mortalità.

In effetti, se si va a vedere la percentuale della popolazione oltre i 65 anni si rileva che tra le popolazioni più “anziane”, oltre all’Italia, ci sono paesi come Giappone, Portogallo e Finlandia, per i quali registriamo una mortalità da Covid-19 molto più bassa.

Lo stop e poi la discesa della curva dell’aspettativa di vita in Italia è dovuta principalmente all’aumento dell’età pensionabile e alla diminuzione degli standard sanitari. Si lavora più a lungo e ci si cura di meno, ovvio che la salute e la longevità ne risentano.

Ma in Italia anche la diminuzione dell’aspettativa di vita non è affatto omogenea. Lo aveva già rilevato l’Istat nel 2020 attraverso il rapporto Bes, riportando a sorpresa che nel Meridione le cose vanno meglio che nel “produttivo e competitivo” Nord, perché l’età quasi si stabilizza mentre nel Nord diminuisce.

Il rapporto rilevava come l’evoluzione positiva della speranza di vita alla nascita, tra il 2010 e il 2019, pur con evidenti disuguaglianze geografiche e di genere, è stata infatti duramente frenata dal Covid-19 che ha annullato – completamente nel Nord e parzialmente nelle altre aree del Paese – i guadagni in anni di vita “maturati” nel decennio.

A fronte di una stima di circa 0,9 anni perduti complessivamente a livello nazionale (da 83,2 a 82,3 anni), emerge una forte eterogeneità tra i diversi territori, con uno svuotamento più marcato nelle regioni settentrionali (da 83,6 a 82,1 anni attesi), rispetto al Centro (da 83,6 a 83,1) e al Mezzogiorno (da 82,5 a 82,2).

Ci sono ripensamenti in vista, di conseguenza, sulla legge pensionistica concepita nei decenni precedenti, sulla base di una aspettativa di vita più alta e dunque sballata?

Per ora non ne vediamo né sentiamo nessuno. Anzi, il governo, i suoi lacchè e la Confindustria ripropongono la Legge Fornero.

In questi anni più volte abbiamo lanciato l’allarme sul fatto che le classi dominanti vorrebbero che morissimo prima possibile perché il “sistema previdenziale diventi sostenibile“.

Ma qualcuno, noi per primi, dovremo invece sottolinearlo e respingerlo con forza e non ci stancheremo certo di farlo, insieme ai giovani ed almeno fino agli 82,4 anni di età.

“Pantere grigie” in lotta senza se e senza ma.

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