di Luigi De Magistris
In queste settimane di campagna elettorale ho notato due cose: si parla poco di giovani e soprattutto, quelle poche volte di cui si parla di giovani, c’è l’impressione che i politici parlino ai loro figli e nipoti, non ai figli e nipoti del Paese Reale.
Si parla di opportunità da garantire a tutti e tutte, ma non di politiche che possano agire sul sistema e garantire a priori queste opportunità per tutti e tutte. Come sempre, anche del discorso generazionale, la politica parla a se stessa, ai suoi figli, al suo gruppo sociale, agli interessi del suo gruppetto già privilegiato.
Quando in questo paese per molti giovani, oltre al dramma generazionale, c’è anche il dramma di un paese diseguale, un paese che volutamente ha dimenticato le sue periferie.
Non è normale che migliaia di giovani ogni anno debbano emigrare dal Mezzogiorno per studiare o per lavorare. Stiamo letteralmente condannando a morte lenta intere aree del nostro paese, privandole di energie e talenti, per fornire a centri di potere risorse umane qualificate a basso costo.
E non è normale che altrettante migliaia di giovani, se nati in periferia, anche delle grandi città del Nord, siano letteralmente tagliati fuori da ogni opportunità, sia lavorativa che sociale. Che per loro il luogo di nascita significhi una condanna all’irrilevanza.
Parliamo tanto di abbattere i muri e poi non solo abbiamo rafforzato il muro che divide il Sud dal Nord, ma abbiamo, all’interno anche dello stesso Nord, alzato giganteschi muri che dividono i centri dalle periferie, le metropoli dalle province, i quartieri dove tutto può essere acquistato dai quartieri dove non sono garantiti nemmeno le necessità basilari.
Non possiamo seriamente parlare di giovani se continuiamo a parlare in maniera sterile solo ai pochi giovani che hanno già potenzialmente tutto e ci dimentichiamo delle centinaia di giovani che non hanno e non avranno nulla.
Noi di Unione Popolare non vogliamo parlare ai figli della ZTL, quelli li lasciamo volentieri agli altri. Noi vogliamo parlare ai fuorisede che sono costretti a spostarsi di centinaia di chilometri per studio o per lavoro, vogliamo parlare ai ragazzi che hanno dovuto abbandonare gli studi, senza colpevolizzarli ma comprendendoli, e a coloro che invece resistono tra mille difficoltà.
Vogliamo parlare a chi si fa in quattro, tra un lavoro precario e l’altro, perché il costo dei libri e dell’università è insostenibile, a chi si barcamena tra uno stage sottopagato e l’altro aspettando un giorno di bucare il soffitto di vetro.
Vogliamo parlare ai nostri giovani, ai figli e alle figlie del Paese Reale. Perché sono doppiamente dimenticati, in quanto giovani e in quanto gente comune. Perché Unione Popolare è un movimento della gente per la gente. E loro sono la nostra gente. Non tra un mese, un anno, un decennio. Adesso.
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