26/10/2018
Sobibor
In corsa per gli Oscar c’è un film che in Italia sarà estremamente difficile vedere, si tratta di “Sobibor”. Il film è diretto da Konstantin Khabensky, artista molto popolare in Russia, ma quasi sconosciuto al pubblico occidentale. Nel cast spicca il nome di Christopher Lambert nel ruolo di un ufficiale nazista, ma è Khabensky a interpretare il ruolo del protagonista: Alexander Pechersky, un soldato ebreo dell’Armata Rossa.
Il film racconta l’unico caso di fuga di massa da un campo di sterminio nazista, quello di Sobibor (Polonia) ed espone in maniera estremamente cruda ed efficace il funzionamento del sistema di morte messo a punto dai nazisti, lo ricostruisce in tutta la sua perfidia.
La storia di Sobibor è emblematica, infatti a differenza di tutti gli altri lager la rivolta fu vittoriosa per via del fatto che vi vennero internati dei soldati (ebrei) dell’Armata Rossa che con la loro preparazione e la loro determinazione riuscirono a guidare la lotta. Infatti la rivolta di Sobibor fu la lucida pianificazione di un progetto per liberare tutti i prigionieri del lager, non si trattava di una fuga, ma di un’azione militare autorganizzata finalizzata a portare alla conquista del campo per poter liberare tutti i prigionieri. Questa azione venne guidata dagli internati dell’Armata Rossa, una verità storica che stride fortemente con la propaganda revisionista a cui siamo sottoposti da decenni.
Purtroppo la storia ci racconta anche che il piano non funzionò bene, infatti solo qualche centinaio di persone riuscì a scappare e la maggior parte venne uccisa nella fuga o poco dopo.
Un particolare che ci riporta all’attualità è che nel lager di Sobibor le feroci guardie erano perlopiù collaborazionisti ucraini (volontari che si prestavano al servizio dei nazisti in funzione anti-sovietica), proprio quelli che oggi vengono glorificati come eroi dal governo di Kiev.
Particolarmente interessante la maniera in cui il regista traccia i profili psicologici dei vari personaggi, tanto i nazisti in preda ai loro deliri di onnipotenza, quanto i prigionieri vittime di quella immane ingiustizia.
Sobibor, seppur non impeccabile nella ricostruzione storica, non si allinea minimamente al filone revisionista filo-americano che sparge menzogne sul ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale. Menzogne che in Italia vediamo riproposte anche dal servizio pubblico nazionale (l’ultimo patetico caso è quello di Alberto Angela che ha divulgato falsità sull’Olocausto per infamare l’URSS). Nel film di Khabensky i riferimenti all’URSS sono costanti, ma ce ne sono anche a Stalin.
Il film riafferma in maniera estremamente chiara che l’abominio nazista è il male assoluto e che bisogna combatterlo. Non c’è alternativa. Dopo la visione si ha un rinnovato odio verso il nazismo, il film lo rigenera in maniera estremamente efficace non lasciando spazi a buonismi o alla speranza nella provvidenza.
In definitiva, nonostante alcune pecche nella ricostruzione storica, si tratta sicuramente del miglior film sull’Olocausto che sia mai stato prodotto, eppure non è nelle sale italiane. Un film che avrebbe un forte valore pedagogico, che andrebbe fatto vedere ai giovani e a tutti quelli che non sanno cosa sia il nazismo. I messaggi più importanti che il film ci lancia sono sostanzialmente tre: ci ricorda l’orrore del nazismo, ci spiega che per la lotta servono competenze specifiche (che bisogna accumulare prima dello scontro per non arrivare impreparati), ma soprattutto ci dice che di fronte all’ingiustizia ci si deve ribellare. Per questi motivi Sobibor è un film che parla anche della nostra attualità e che ci può insegnare molto.
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