Non vedere, non sentire, non parlare di quello che accade oltre le frontiere dell’Unione Europea.
Di fronte al fatto che migliaia di persone cercano di raggiungere l’Europa provenendo da paesi poverissimi, violenti, squassati da guerre, siccità, miseria, in questi anni si è via via imposto un atteggiamento pubblico che richiama quello delle tre scimmie.
Se non vedo, non sento, non parlo di quanto sta accadendo, posso continuare ad occuparmi della mia/nostra condizione, sia che appartenga all’èlite che precipitato in basso a causa della crisi e dalle misure di austerity.
Per questo l’Unione Europea ha prima creato e poi rafforzato Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera che ha sede, emblematicamente, a Varsavia.
“Frontex valuta i rischi per la sicurezza delle frontiere dell’UE. Delinea un quadro di modelli e tendenze in materia di migrazione irregolare e attività criminali transfrontaliere alle frontiere esterne. L’Agenzia condivide le proprie conclusioni con i paesi dell’UE e con la Commissione europea e le usa per pianificare le proprie attività future. Tutte le attività di Frontex sono guidate dall’analisi del rischio”, è scritto nella pagina ufficiale dell’Agenzia fondata nel 2004, diventata “il braccio operativo dell’UE nella costante risposta alle sfide presenti alle sue frontiere esterne”.
Ma nel tempo sono accaduti fatti che, visti in controluce, hanno messo in evidenza come l’agenzia europea Frontex abbia assunto il compito istituzionale di mostrare il volto cattivo – e forse quello più “naturale” – dell’Unione Europea alle sue frontiere.
L’Unione Europea ha deciso nel 2019 di aumentare il budget per Frontex di 5,6 miliardi di euro fino al 2027, entro il quale l’agenzia europea disporrà di un esercito di 10mila guardie armate di frontiera ed avrà anche più poteri che mai nel coordinare le deportazioni a livello europeo.
Nei finanziamenti per Frontex si è passati dai 6,3 milioni di euro circa nel 2005 ai 333 milioni nel 2019, ma per il periodo 2021-2027, nel dicembre 2019, dopo il voto favorevole del Consiglio europeo e del Parlamento si è passati ai 1,1 miliardi di euro nel 2021 per poi crescere.
Nel frattempo, l’Unione Europea ha costruito oltre 1.000 chilometri di muri e recinzioni di confine.
Dopo gli orrori visti sulla “Rotta balcanica” e nel Mar Mediterraneo, adesso ne stiamo vedendo tutte le contraddizioni al confine tra Polonia e Bielorussia, dove la Ue sta applicando spudoratamente un doppio standard: quello che è stato consentito alla Turchia e alla Libia viene invece condannato nel caso della Bielorussia, adottando pienamente il linguaggio delle cosiddette “guerre ibride”.
I confini militarizzati dell’Ue sono ormai sostenuti da una sorveglianza intensa e aggressiva verso i migranti che cercano di attraversarli. Per impedire alle persone di raggiungere il suolo europeo, i paesi terzi sono sottoposti a forti pressioni per fungere da avamposti alle frontiere, il caso della Libia, della Turchia o del Marocco ne sono la dimostrazione più brutale.
È interessante quanto scrive la newsletter Affari Internazionali, che pure sostiene apertamente la tesi della guerra ibrida con la Bielorussia: “Al netto delle peculiarità del caso bielorusso, il fatto che l’Ue si dimostri vulnerabile alle pressioni di attori esterni in materia di migrazioni non deve sorprendere più di tanto. L’attuale situazione al confine orientale dell’Europa risente delle politiche adottate nel Mediterraneo sin dalla crisi migratoria di alcuni anni fa” – scrive Affari Internazionali.
Aggiungendo che: “L’impossibilità di trovare delle soluzioni di solidarietà interna all’Ue per il ricollocamento dei migranti ha, da un lato, sovraccaricato ulteriormente i toni del dibattito sulle migrazioni, presentate sempre di più in chiave securitaria e come una minaccia. Dall’altro, la soluzione individuata dall’Ue è stata quella di esternalizzare per quanto possibile la gestione dei flussi migratori ad alcuni paesi di transito. Con modalità e tempi diversi, questo è accaduto con Paesi come Turchia, Niger, Libia o Marocco. Tale dinamica ha reso l’Unione vulnerabile e non è sorprendente che Lukashenko utilizzi proprio il tasto delle migrazioni per esercitare pressione”.
Un appello lanciato a giugno di quest’anno ha chiesto l’abolizione di Frontex in quanto irriformabile. “Ampie prove hanno rivelato come la forza di frontiera dell’Ue sia ripetutamente coinvolta in respingimenti illegali e violazioni dei diritti umani” – è scritto nell’appello.
“Queste rivelazioni non sono ‘coincidenze sfortunate’, malintesi o incidenti isolati. Sono la punta dell’iceberg, e il risultato intrinseco del regime di confine militarizzato dell’Ue. Ogni morte alla frontiera e ogni caso di violenza è una politica fatta dall’Ue – per scelta e per progetto”.
In questi mesi, l’università di Torino ha avviato un progetto di collaborazione con Frontex per rilevamenti cartografici e topografici delle frontiere europee teso ad agevolare il lavoro di controllo e respingimento dei migranti.
Alcuni docenti – pochi per ora – e alcune realtà studentesche hanno chiesto la revoca di questo accordo di collaborazione rifacendosi all’appello per l’abolizione di Frontex lanciato a giugno.
Di questo si parlerà oggi pomeriggio, giovedì 11 novembre, all’università di Torino nel quadro del Sotto/Sopra Fest organizzato dagli studenti, e la contestazione di Frontex fin qui sotto traccia diventerà pubblica a tutto campo.
È utile rammentare che l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – “Frontex” – è stata accusata a più riprese da Ong, attivisti e agenzie internazionali di essere direttamente coinvolta nei violenti respingimenti di migranti alle frontiere europee.
Quanto avvenuto in Grecia è arrivato alla Corte di giustizia europea, dove non solo si ha la certezza dell’illegalità dei respingimenti forzati operati dell’Agenzia, ma anche del ruolo della stessa nel distruggere documenti che evidenziano l’uso illegale della forza per respingere i rifugiati verso la Turchia.
Il 25 maggio, infatti, è stata intrapresa la prima azione legale contro l’Agenzia da parte della ong Front-lex con le organizzazioni Progress Lawyers Network e Greek Helsinki Monitor, presso la Corte di Giustizia Europea. La causa è stata presentata per conto di due richiedenti asilo (un minore non accompagnato e una donna) mentre cercavano asilo in territorio Ue sull’isola di Lesbo, in Grecia.
A luglio, è iniziata la discussione del caso presso la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo.
Non solo. Secondo la Corte dei Conti della Ue, in una relazione presentata a giugno, Frontex, non ha aiutato “con sufficiente efficacia gli Stati membri e i Paesi associati Schengen a gestire” i loro confini. Inoltre, il suo operato “non sarebbe idoneo a contrastare l’immigrazione illegale e la criminalità transfrontaliera”.
In seguito agli elementi raccolti, la Corte dei conti europea è giunta alla conclusione che Frontex “non ha pienamente adempiuto” al mandato ricevuto nel 2016 per sostenere gli Stati membri nella lotta all’immigrazione illegale e alla criminalità transfrontaliera e ha sollevato “dubbi anche sulla sua capacità di svolgere efficacemente il nuovo ruolo operativo che le è stato assegnato“.
“Le mansioni affidate a Frontex alle frontiere esterne dell’Ue sono fondamentali per la lotta alla criminalità transfrontaliera e all’immigrazione illegale“, ha sottolineato Leo Brincat, membro della Corte responsabile della relazione.
“Nondimeno, Frontex non le assolve attualmente con efficacia. Ciò desta particolare preoccupazione nel momento in cui vengono conferite a questa Agenzia responsabilità aggiuntive“.
Ma è da gennaio che sul tavolo della Commissione Europea è stato depositato il primo report dell’inchiesta ordinata in seguito alle denunce che indicano le omissioni e la diretta cooperazione nei respingimenti sulla rotta balcanica, quelli nel mare Egeo, e gli ambigui rapporti con la cosiddetta Guardia costiera libica per il tramite di Paesi come Italia e Malta.
A Febbraio 2021 il Parlamento europeo ha nominato una commissione d’inchiesta su Frontex. Il 25 giugno c’è stata una conferenza stampa del Gruppo di lavoro del PE su Frontex. Il 14 Luglio, è iniziata la discussione del caso presso la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo.
Per dirla con l’appello lanciato a giugno: “In questo contesto, Frontex non può essere riformata. Deve essere abolita. Come firmatari di questa lettera, ci impegniamo a raggiungere questo obiettivo. Non esistono scuse, indagini o procedure di riforma a metà che possano giustificare l’esistenza di Frontex”.
L’atteggiamento delle tre scimmiette non assolverà l’Unione Europea. E adesso ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento