La crisi politica portoghese apertasi con la bocciatura della legge di bilancio proposta del governo socialista per il prossimo anno, ha portato all’annuncio delle elezioni anticipate.
L’attuale presidente in carica Marcelo Rebelo Sousa aveva dichiarato prima del dibattito parlamentare che non ci sarebbe stata un’alternativa alle urne nel caso di un voto negativo.
Così dopo una serie di consultazioni formali – e dopo il parere favorevole del Consiglio di Stato – lo scorso mercoledì ha indicato il 30 gennaio come data delle elezioni anticipate.
Entrambe le formazioni che sostenevano “dall’esterno” l’esecutivo di minoranza del socialista Costa – Il Partito Comunista del Portogallo (PCP) ed il Blocco di Sinistra (BE) che hanno bocciato la proposta di Bilancio – non erano favorevoli alle elezioni, prediligendo una contrattazione che portasse ad una riformulazione di una ipotesi di spesa più vicina alle proposte da loro fatte ma scartate dal governo.
È una chiara indicazione di come le direttive di spesa dei fondi stanziati da Bruxelles che sono una parte importante del Bilancio – per il 2022 si tratta solo sovvenzioni ma nelle future “finanziarie” si tratterà anche di prestiti – sin dal prossimo anno debbano essere rispettate e devono essere azzerati i margini di discussione rispetto al loro utilizzo, anche con gli stessi attori che davano ossigeno ad una ipotesi di alleanza unica in Europa.
Come evidenziano sia il PCP che il BE, il Primo ministro António Costa si è fatto interprete degli interessi economici che rappresenta e che non volevano essere penalizzati dalla manovra economica nonostante le evidenti priorità sociali.
Salari, pensioni, diritto alla salute, diritto allo studio e quello abitativo devono essere sacrificati sull’altare dei profitti delle oligarchie economiche, mentre i soldi vanno spesi nella direzione indicata da Bruxelles.
A poco più da due mesi e mezzo dal voto si apre quindi una situazione di grande incertezza.
In primis il Partito Socialista che è la formazione più votata nelle recenti amministrative a settembre, ma che aveva perso alcune città importanti, sembra spaccato tra l’ipotesi dell’attuale leadership che anela ad una maggioranza assoluta che gli permetterebbe di governare senza dovere essere in continua contrattazione con PC e BE, mentre Pedro Nuno Santos, possibile candidato a dirigere la formazione quando inizierà il processo di successione a Costa difende la “geringonza” affermando che “l’accordo con la sinistra non è stata una parentesi”.
La destra costituita dal Partito Socialdemocratico (PSD) affronta uno scontro al vertice rispetto a chi sarà la nuova guida al vertice, ed il 4 dicembre i suoi membri dovranno decidere tra l’attuale leader Rui Rio – un pezzo dell’establishment del Partito – e lo sfidante Paulo Rangel.
Queste due figure incarnano in un certo senso da un lato un’ ipotesi di continuità con la tradizione dei conservatori con Rio e l’altra una nuova immagine della formazione con l’eurodeputato Rangel.
Sul piatto c’è anche la questione delle possibili alleanze “a destra” per governare, considerato il calo del consensi registrati dal PSD.
Il PCP ed il BE ribadiscono la centralità delle questioni sociali e le proprie critiche all’intransigenze di Costa.
“Non ha voluto sganciare il Paese dai limiti e dai vincoli dell’Unione Europea e dell’Euro con i suoi criteri draconiani di deficit e debito, che servono a giustificazione per impedire opzioni di difesa dell’interesse nazionale” ha dichiarato il leader comunista Jerónimo de Souza in un suo intervento ad un incontro del PCB rivolgendo le proprie critiche a Costa.
“Non voleva, perché pensa che sia ora di avere le mani libere per servire gli interessi che ha sempre servito” ha ribadito l’esponente comunista che ribadisce che sono pronti per la sfida elettorale.
Un tabù, quello dei “conti in ordine” che i comunisti vorrebbero far saltare.
Catarina Martins, leader del Bloco, è sulla stessa lunghezza d’onda rispetto al leader comunista: “Non è giustificato. La crisi politica è artificiale, è un trucco con cui António Costa ha rotto i ponti a sinistra nell’ossessione della maggioranza assoluta. Ma in fondo perché il PS resiste così tanto ai compromessi con la sinistra? Perché non si approfitta della maggioranza che potrebbe fare con la sinistra in parlamento per i problemi strutturali del Paese? Perché vuole costringere la sinistra ad accettare politiche sanitarie o occupazionali senza compromessi?”
Di fronte allo scarso coraggio politico di Costa la sinistra radicale ha risposto con una scelta coerente e non subordinata ai Diktat della UE, e non volendo sacrificare la propria coerenza politica e la propria relazione con il blocco sociale di fronte ad una “governabilità senza sbocchi” accettando le proposte al ribasso di Costa.
Si apre quindi una campagna elettorale che verterà su questioni di fondo assolutamente rilevanti e con due formazioni in grado di dare battaglia su questioni strategiche sul futuro del paese che interessano da vicino anche le classi subalterne degli altri paesi della periferia UE.
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